Rassegna Stampa - Febbraio/Marzo 2008 | Tennis: Servizi Vincenti

2023-03-08 17:06:54 By : Ms. Tracy Zhang

Problema scommesse: Davydenko scagionato, parlerà Elseneer? Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/2008/03/31/443/

Presto Davydenko sarà dichiarato pulito dall’ATP. Lo ha confessato l’avvocato del tennista russo. L’ATP non ha trovato nulla, avrebbe dichiarato il legale di Davydenko, e per questo a breve annuncerà di non aver prove contro il russo. L’ATP pensa di uscirne anche bene. Infatti punendo i 5 italiani (Luzzi, Galimberti, Bracciali, Starace e Di Mauro) De Villiers e soci sono convinti di aver estirpato il male dal tennis. Non solo Mr,. Disney a Indian Wells nel mandatory meeting dell’ATP ha confessato di aver voluto punizioni più severe per i 5 colpevoli. L’ATP a mio avviso sta provando ad insabbiare il tutto. Scagionano Davydenko, accusano gli italiano e chiudono dicendo che il nostro sport è il più pulito di tutti. Intanto però Betfair non fa marcia indietro e continua a non accettare scommesse per i match del russo. Pensare che Betfair nella “truffa” avrebbe guadagnato in quanto prende una percentuale sulle scommesse vinte, in quel caso avrebbe quindi intascato credo il 5% di 1 milione di euro. Eppure per tutelare i clienti onesti (gli unici che avrebbero perso in quella occasione) ha deciso di annullare la scommessa. L’indagine, senza il polverone di Betfair non sarebbe mai partita, come non partì quando Kafelnikov perse da Vicente a Marsiglia (ricordate?). Intanto un’altra notizia getta ombra sull’ATP. Una notizia, volutamente non evidenziata da nessuno? Gilles Elseneer ha annunciato il proprio ritiro, ufficialmente per problemi all’anca. Il belga fu il primo ad ammettere, all’amico ex tennista, Dewulf, di aver ricevuto una offerta per perdere a Wimbledon contro Starace. Dopo di lui molti fecero outing. Da allora, ha rilevato Dewulf il povero Elseneer, precipitando in classifica, ha ricevuto forti pressioni dall’ATP per ritrattare tutto. Addirittura il belga che lo scorso anno ha giocato appena 4 tornei è stato sottoposto a ben 5 controlli anti-doping a sorpresa. Probabile che Elseneer abbia deciso di evitare ulteriori pressioni e fermarsi. Magari adesso che non può subire ritorsioni dall’ATP Elseneer vorrò rivelare altri segreti che al momento non ha dichiarato pubblicamente. L’ATP spera di aver chiuso definitivamente la vicenda scommesse ma potrebbe ritrovarsi con una spiacevole sorpresa.

Starace: «Napoli Cup trampolino per la Davis»

(Poto: “in Croazia mi accontento anche di giocare il doppio”)

Tiziana Tricarico, il mattino del 29-03-08

La classica ciliegina sulla torta. Il campione in carica - che nel frattempo è diventato anche il più forte tennista italiano - punta al terzo successo consecutivo all’ombra del Vesuvio, Potito Starace torna alla Tennis Napoli Cup-Trofeo Msc Crociere, il torneo challenger da 100 mila dollari di montepremi che scatta stamane in Villa con i match delle qualificazioni, come numero uno del seeding e giocatore da battere. Reduce dalla trasferta sul cemento statunitense, il ventiseienne di Cervinara ritrova la gradita terra rossa partenopea ed è pronto a difendere un’imbattibilità che dura dall’aprile del 2005, quando perse in finale dal talento francese Richard Gasquet. Mai come questa volta è il favorito d’obbligo «Non è certo un ruolo facile da interpretare. Ogni anno il livello del torneo diventa sempre più alto: questa volta ci sono addirittura nove top-100, per non parlare di altri giocatori di tutto rispetto. Sarà duro riconfermarsi, ma per me la Napoli Cup è sempre speciale».Una entry-list che potrebbe arricchirsi ulteriormente se Filippo Volandri accetterà l’ultima wild card (l’ultima apparizione dei livornese risale ai quarti del 2002). «Certo, per il torneo e lo spettacolo sarebbe un ulteriore punto a favore». Come giudica l’avvio del 2008? «Considerando che ho ripreso a giocare solo a metà febbraio (a causa delle sei settimane di squalifica per la questione-scommesse, ndr) non mi posso lamentare troppo. Ho raggiunto i quarti di finale negli Atp di Buenos Aires, dove ho perso di un soffio da Nalbandian, e di Acapulco sulla terra, e nel challenger di Sunrise sul cemento. Sicuramente poteva andare meglio ma è adesso che inizia davvero la mia stagione». Tra meno di due settimane ci sarà la sfida di Coppa Davis contro la Croazia, attende la chiamata di Barazzutti? «Credo che sarò convocato, ma non sono altrettanto sicuro di giocare visto che a Dubrovnik la superfìcie sarà veloce indoor». Accetteresti di scendere in campo anche solo per il doppio? «Certo che sì. Ci tengo davvero tanto alla maglia azzurra, e non ci rinuncerei mai». Davis a parte, quali saranno i prossimi impegni? «Giocherò a Valenzia (dove deve difendere i punti della finale 2007, ndr) ed a Montecarlo. Poi la programmazione dipenderà dai risultati». Intanto però c’è la Napoli Cup e la possibilità di uno storico tris (l’ultimo ad esserci riuscito è stato Giovannino Palmieri nel 1933-37). «Mi sento bene e sto trovando la migliore condizione. Questa settimana ho deciso di non giocare il doppio e di concentrarmi solo sul singolare. Napoli mi ha sempre portato bene: speriamo sia cosi anche questa volta».

Starace a Napoli, scelta pericolosa tennis ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/2008/

Non riesco ad approvare la mossa di Potito Starace di giocare Napoli. Capisco la voglia di giocare a casa, ma se si vuole puntare in alto bisogna fare scelte mature. Su questo blog avevo applaudito la mossa di Potito Starace di giocare il torneo ATP di Las Vegas, segnale di maturazione e di voglia di esprimersi anche su superfici diverse dalla terra rossa. Per coerenza non posso che criticare la scelta del campano di giocare il Challenger di Napoli. Questi tornei Poto non li deve giocare, non gli cambia la classifica vincendo un 100.000. So benissimo che questa scelta non dipende da Umberto Rianna, che sta provando (con quanta fatica!) a far crescere i nostri tennisti. Crescere dal punto di vista anche delle scelte di programmazione. Una scelta folle, quella di Starace, che non può essere giustificata solo dal legame affettivo che lo unisce a Napoli. L’azzurro ha giocato 8 tornei nelle ultime 8 settimane e giocherà anche le prossime tre, visto che andrà a giocare il challenger campano. A seguire ci sarà la Coppa Davis (dove Potito sarà sicuramente convocato) poi il torneo ATP di Valencia, che aprirà la stagione sulla terra rossa europea. La stagione più importante per Starace. Però così Potito rischia di arrivarci “cotto” con ben 11 settimane consecutive di tornei, veramente un po’ troppo. Soprattutto l’azzurro non avrà tempo per tirare il fiato, e sarebbe assurdo, rinunciare ai tornei ATP sul rosso per riprendersi ed invece giocare Napoli. In che condizioni arriverà Starace a Roma e Parigi? Io sono preoccupato, Potito rischia di pagare questa scelta proprio nel momento più importante della sua stagione. Il campano arriverà a Valencia, dove deve difendere la finale, quindi punti pesantissimi, con 10 settimane di fila di tornei….

Miami. Volandri KO: infortunio al ginocchio, salterà Napoli matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1512

Brutta battuta d’arresto per Filippo Volandri al primo round del Masters Series di Miami. Filo è crollato in soli due set (63 62) contro il qualificato Ryan Sweeting, nativo delle Bahamas e n.265 del ranking Atp. Una sconfitta netta maturata già dal primo set dove il break iniziale aveva dato il via alla giornata di gloria dello statunitense che non si è piegato nemmeno al contro-break immediato messo a segno dall’azzurro. Sweeting strappava nuovamente il servizio portando a casa la prima frazione. Il secondo set ha ripercorso la trama del precedente. Il livornese è stato costretto ad inseguire la buona vena del ventenne di Nassau abile a trasformare in punti il 75% delle prime di servizio e a salvare 5 palle break sulle 6 avute a disposizione da Volandri. Nel prossimo round Sweeting affronterà l’argentino Juan Monaco. Contattato telefonicamente, Filippo ci ha confessato di aver riscontrato un problema al ginocchio dopo la gara e ha deciso dunque di rientrare immediatamente in Italia, dove si sottoporrà agli esami medici del caso (probabile una risonanza magnetica già martedi). Con tutta probabilità Volandri non potrà essere presente al Challenger di Napoli, torneo per il quale aveva ricevuto una wild card.

Safin: “Ritirarmi? Non ci penso proprio!” matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1513

Non vince un torneo da più di tre anni, in classifica rischia ormai di uscire dai primi cento, ma Marat Safin non vuole nemmeno sentir parlare di ritiro. “Ho sofferto per una serie di infortuni”, ha dchiarato l’ex numero uno del mondo a Miami, appena dopo aver perso al primo turno, per l’ennesima volta in questo scorcio di 2008, con il qualificato statunitense Bobby Reynolds (76 46 76), “ma ora sto bene e, se fossi stufo di giocare a tennis, avrei già smesso da parecchio tempo. Ci sto provando, le cose non vanno nel modo migliore, ma questo non significa che mi debba ritirare solo perché non sto vincendo. Mi diverto ancora, sono pieno di soldi per fare quello che mi va, e quello che mi va è giocare a tennis”. Ecco il nuvo Foro Italico versione 2008

(A buon punto i lavori sul “Pietrangeli”. Il nuovo centralino a fianco dei campi 5 e 6)

Nicola Gardini, SuperTennis di Marzo 08

Proseguono a pieno ritmo i lavori in vista degli Internazionali BNL d’Italia 2008. L’area sulla quale sorgeva il vecchio Centrale ospita il cantiere dove è in corso di realizzazione il nuovo impianto da 10.500 posti con tetto mobile, ma sarà materialmente separata dal “site” in cui verrà disputato il torneo e si troveranno tutti i servizi accessori. L’obiettivo degli organizzatori è quello di incrementare il livello qualitativo generale delle infrastrutture e il confort del pubblico, trasformando in occasione di sviluppo la necessità dì realizzare alcune strutture provvisorie, quali le tribune aggiuntive da montare attorno allo Stadio Nicola Pietrangeli, che fungerà da Centrale, e il nuovo campo da 4.000 posti che fungerà da “Centralino”. Quest’ultimo - localizzato su Viale delle Olimpiadi all’altezza dei cosiddetti “campi secondari” - è stato costruito con tecniche identiche a quelle degli altri campi e ora verrà utilizzato quotidianamente per renderlo “vissuto” prima dell’inizio dei torneo. Come si ricorderà, il Foro Italico 2008 avrà un unico accesso, dal Lungotevere. Una volta entrato, lo spettatore si troverà all’interno del Villaggio Commerciale, lungo una sorta di “viale” che lo porterà, in fondo, a una Piazza Multimediale, nodo di raccordo di tutti i flussi, dove gli sarà possibile assistere su di un maxischermo a tutti gli incontri del Centrale. La Piazza si aprirà su di un lato alla zona “Leisure and Food” e alla “Kid’s Area” e sull’altro a un’appendice del Villaggio Commerciale. Il Villaggio Ospitalità sarà realizzato fra il Centrale e i “campi secondari” e comprenderà uno sky bar, una piazza sulla quale si svolgeranno gli spettacoli di intrattenimento serali e due ristoranti, dei quali uno su due piani. A proposito di intrattenimento, il ricco programma in fase di studio comprenderà fra l’altro la rinascita di un evento tennistico dalla gloriosa tradizione, il famoso “Scolapasta d’Oro”, riservato ai Vip dello spettacolo e della politica, che il grande Ugo Tognazzi, appassionatissimo del nostro sport, organizzava a suo tempo nella propria villa di Torvajanica. Una serata di gaia sarà inoltre dedicata alla consegna delle “Racchette d’Oro 2008″ a due grandi campioni del passato, manifestazione che da quest’anno si svolgerà sotto l’egida diretta della FIT. GRANDE TORNEO FEMMINILE - Se l’impianto sarà di primissima classe, altrettanto avverrà sia per il Torneo Maschile - cui, com’è obbligatorio, prenderanno parte i primi 50 giocatori del mondo - sia per quel- le Femminile, il cui campo dì partecipazione sarà stavolta più ricco del solito. Oltre alla nutrita pattuglia di azzurre in grado di recitare un ruolo di primo piano, la WTA ha già designato Maria Sharapova, la campionessa in carica Jelena Jankovic, nonché Serena e Venus Williams, Svetlana Kuznetsova, Ana Ivanovic, Amelie Mauresmo, Nadia Petrova, Daniela Hantuchova, Marion Bartoli e Nicole Vaidisova. Inoltre - notizia dell’ultim’ora - anche la numero 1 del mondo Justine Henin ha deciso di iscriversi di propria iniziativa. Spettacolo assicurato per due settimane, insomma, sul palcoscenico più bello del mondo. Dal Web Nadal-Williams, sfida sull’acqua www.corrieredellosport.it

MIAMI, 27 marzo - Il tennis, si sa, si gioca su quattro superfici: cemento, terra, erba e sintetico. Bene, da oggi ne esiste anche un altro, al momento utilizzato solo per scopi pubblicitari: l’acqua. Serena Williams e Rafael Nadal, infatti, hanno dato vita ad un’esibizione fuori dall’ordinario a Miami, portando a termine un’impresa storica. IMPRESA IMPOSSIBILE - Il campo in acqua è stato allestito sulla piscina olimpionica del roof del Gansevoort South Hotel, sullo sfondo di South Beach e dell’oceano. Un team di professionisti ha installato due piattaforme invisibili di materiale acrilico su entrambi i lati corti della piscina. L’effetto ottico è stato davvero sorprendente. DICHIARAZIONI - Al termine dell’esibizione Serena Williams ha commentato: «Giocare sull’acqua è stata un’occasione unica e irripetibile. Sfidare Rafa è stato fantastico anche se credo che il fatto che lui si sia offerto di giocare dalla parte più profonda mi abbia un po’ avvantaggiata».

Guarda il video della sfida

Masters Miami - “Rafa è mentalmente stanco” Eurosport.it http://it.eurosport.yahoo.com/27032008/

Dall’inizio dell’anno Rafael Nadal non ha ancora vinto un torneo, e ora alle sue spalle il numero 3 del mondo Novak Djokovic rischia di scavalcarlo in classifica…Lo zio e allenatore del maiorchino, Toni Nadal, spiega i motivi della sua scorsa continuità. Il 2008 di Rafael Nadal non si sta infittendo delle molte ombre e interrogativi che invece caratterizzano l’inquietante inizio di stagione di Roger Federer, ma ciò che accomuna il maiorchino al 27enne di Basilea è il fatto (insolito per entrambi) di non aver ancora vinto un torneo da quando il 2007 è andato in archivio. La finale in una prova ATP (Chennai), la semifinale in uno Slam (Australian Open) e l’ultima in un Masters Series (Indian Wells) rappresentano un bottino invidiabile per la maggior parte dei tennisti, ma forse non sono sufficienti per un campione che aspira a sedersi sul trono di numero 1 del mondo. In fondo anche i primi tre mesi dello scorso anno erano stati avari di soddisfazioni(solo quarti a Melbourne e Dubai, fuori al primo turno a Sydney e in semifinale a Chennai) ma sul cemento della california almeno era arrivato un successo, giunto in finale a spese di Novak Djokovic ormai assestato sulla rampa di lancio. Ed è proprio la sconfitta contro il serbo che su quegli stessi campi arriva 12 mesi più tardi a far scattare un campanello d’allarme nell’entourage dello spagnolo. La scarsa condizione di forma di Federer e la mancanza di continuità di Nadal rafforzano di settimana in settimana la candidatura di “Nole” a prossimo numero uno mondiale. Toni Nadal, allenatore e zio del maiorchino, sulle pagine del quotidiano spagnolo “Marca” spiega chiaramente il perché degli alti e bassi del nipote: “Rafa sta pagando la stanchezza mentale degli ultimi tre anni - ammette lo zio - è stanco perché è dal 2005 che gioca sempre al limite, per via della lotta con Federer. Tutto quello che gli serve è la continuità. Con Blake (a Indian Wells, ndr) gioca bene e il giorno dopo con Djokovic no. Comunque è secondo nella Race e i risultati non sono affatto deludenti. E d’altra parte lo stesso tennista (atteso all’esordio del Masters Series di Miami contro il tedesco Becker) ritiene che “la gente dovrebbe considerare da quante stagioni sono nel circuito e non il fatto che ho 21 anni”. Il sogno di scavalcare Federer nel ranking ATP è pertanto accantonato? Nell’immediato, pare proprio di si: “Abbiamo troppi punti (sulla terra, ndr) da difendere - ammette Toni Nadal - C’è stata l’occasione di farlo nel 2007, quando Federer perse al 3° turno a Roma e noi vincemmo il torneo. Ora il nostro obiettivo reale è quello di conquistare quanto prima un posto nel Masters di Shanghai”. Più che lanciare la sfida a chi sta davanti, al momento pare più saggio allora guardarsi alle spalle, visto che Djokovic accusa poco più di 400 punti di distacco dal re del rosso: “E’ vero che Djokovic rappresenta una minaccia per Nadal, ma anche per Federer. E se lo svizzero non migliora nei prossimi mesi, è ovvio che lo sorpasserà”.

Roger e Rafa, il cuore è debole. Accuse dalla Spagna: “Nadal è vittima della famiglia” LaStampa.it

http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/

Tempi duri per gli ex troppo forti. E soprattutto per i loro consiglieri del cuore: la fidanzata Mirka per lo svizzero, lo zio e coach Toni per lo spagnolo. Dopo il rincorrersi di voci sulla crisi (sentimentale? da incombente paternità?) di Federer, ecco infatti che Milan Sterba, giudice di sedia spagnolo, spara su Nadal sulle colonne del quotidiano francese “Le Matin”. “La carriera di Nadal finirà presto”, dice Sterba, per cui i cronici e poco curabili infortuni di Rafa non sarebbero però l’unica causa lungo periodo no del numero 2 del mondo. “Rafa non ha superato il trauma della sconfitta a Wimbledon lo scorso anno”, continua. “Dopo quella finale, il suo tennis si è polverizzato. Inoltre è vittima della sua famiglia. Ha paura di ferire i suoi separandosi dallo zio Toni (da sempre il suo coach, ndr), una scelta che gli farebbe bene. A 22 anni Rafa si rende conto di essere a una svolta della sua vita, ma è un po’ perso”. Forse il tono è un po’ forte, ma l’impressione è che qualcosa di vero ci sia. Dopo l’intervista di Toni a fine 2007 in cui lo zio si dichiarava preoccupato per la salute del nipote-allievo, fra i due qualcosa pare essersi definitivamente incrinato. Anche la gestione della preparazione atletica di Nadal da tempo lascia perplessi, l’involuzione tattica è evidente, gli inseguitori incalzano. Rafa ha sempre dimostrato di dare il meglio di sé nei momenti più difficili, però salvarsi da un matchpoint è decisamente più facile che separarsi dall’uomo con cui ha passato in simbiosi gli ultimi 12 anni di vita. Da tempo al suo angolo c’è anche l’ex pro Francisco Roig, ma forse è venuto il momento di un taglio netto, anche se doloroso, di un rito di passaggio. Anche se, va detto onestamente, è più la questione-infortuni a gettare ombre preoccupanti sul esto della carriera del Nino. Not to be cocky but… Blog di Federico

Ferrero http://federico-ferrero.blogspot.com/

Il mio primo anno a Wimbledon. In trance davanti ai Doherty Gates, perso con espressione ebete nei corridoi del Centrale dove la gigantografia di Althea Gibson prende vita a ogni sguardo e colpisce, con inalterata perfezione, quella volée bassa di diritto, continuo ad avvolgere il gomito destro con la mano sinistra (gesto pseudogoliardico, adottato durante le discussioni con un professore liceale sulle tesi naturalistiche di Bernardino Telesio che ora ho dimenticato quasi del tutto): l’aria è fredda e il gomito caldo, insomma sono vero io, è vero tutto. Sono a Wimbledon. Vera anche l’intervista a Jonas Bjorkman, che doveva essere di mercoledì e invece no: mollemente appoggiato alla sedia della postazione mi accorgo, girando i canali del monitor, che entro un minuto si apre la ‘finestra’ di Mr. Ferrero di Tennis Magazine Italia (?) per porgere le domande al senatore vichingo, reduce da cinque set su un campo defilato. Questo è il secondo giorno ai Championships, dopo la pioggia che mi aveva accolto il lunedì: devo ancora ambientarmi. Jonas è uno dei ragazzi più simpatici del circuito, lo dicono tutti. Le domande per lui sono rimaste in albergo, pazienza: so cosa chiedergli. Corro verso la saletta interviste. Per fortuna il registratore ce l’ho. Entro nella interview room 2, Jonas sta mangiando un panino, è attorniato da colleghi del suo Paese che ridacchiano amabilmente in un idioma del tutto incomprensibile. Riesco a capire, dopo venti minuti buoni, che gli svedesi hanno finito di cianciare con lui; mi presento e parto. Tema dell’intervista: il doppio. Jonas ha da poco incassato il ritiro di Todd Woodbridge e si è apparentato con un altro fenomeno della specialità, Max Mirnyi detto La Bestia (che, al contrario del nomignolo, è buono come il pane). Penso ad Althea Gibson. Al tie-break del quarto set della finale del 1980 tra Borg e McEnroe. Ad Andrea Jaeger con la coda bionda che gioca la finale, tre anni dopo. A Pancho Gonzales contro Pasarell, a Becker e Curren, a Rod Laver, a Margaret Court battuta da Maria Bueno nel ‘63. O ‘64, già, era il 1964. Sono emozionato, maledizione. Gli voglio chiedere come è arrivato alla decisione di far coppia con il bielorusso, che non somiglia per niente nel gioco a Woodbridge, e mi incarto. Mi esce un osceno “How did you manage to find a partner like Mirnyi?”, che suona pressapoco così: “Come diavolo sei riuscito a convincere Mirnyi a giocare con te?”. Bjorkman mi guarda male. Well - esordisce tirando giù l’ultimo morso del panino mentre mi sbircia il pass appeso al collo - well, not to be cocky but I can afford to choose my partner: they come to me, and not me at them. Non per fare il fenomeno, dice, ma posso permettermi di scegliere il compagno, sono loro a cercare me e non viceversa. Cocky. Che diavolo vorrà dire? Forse cookie, biscotto? (No: vuol dire vanitoso ma non lo so). Gli svedesi si girano in blocco e mi squadrano. Nei loro occhi scorgo una sorta di compassione per l’italiano che non ha campioni da seguire e va a rompere l’anima agli altri. Io guardo loro e penso che non comprerò mai più una libreria Besta né il comodino Aneboda. Jonas mi osserva in cagnesco e, lo avrei capito solo tornando in albergo, lo fa apposta a interpretare male tutte le mie altre domande. Mi torna in mente la Davis del 1997, i cinque set contro Camporese: Omar che protesta per una chiamata e Bjorkman che lo schernisce facendo finta di suonare la racchetta come un mandolino. Ecco, magari crede che io viva a Little Italy, che a casa mia si facciano le processioni come a New York negli anni dell’emigrazione, quando nacque l’immortale stereotipo dell’italiano pizza, spaghetti e mandolino. Io, poi, non ho mai suonato il mandolino. Ma adesso non c’entra niente, devo riprendermi dalla sberla e andare avanti. Tutto inutile. Il tema della longevità agonistica diventa, alle sue orecchie, un “come fai a giocare ancora vecchio come sei”. Dice che quando avrà bisogno del bastone smetterà. Il doppio? Gli chiedo come convincere i migliori a giocarlo. “Perché, non lo giocano forse?” Uhm, direi di no. Ma non lo dico, vorrei evitare una sedia in faccia. E lui: “Hai presente Davydenko? Ecco, lui è un top ten fisso, come saprai, eppure gioca più doppi di me”. Va bene. Incasso. Termino, sudaticcio e frastornato, con una domanda sul serve&volley. Gli chiedo quanto sia difficile scendere a rete oggi e perché. “Infatti non faccio servizio e volée”, mi congeda truce. Eppure l’ho visto coi miei occhi ma in questo momento non giurerei neanche sul suo essere mancino o destrorso. “Provaci tu, se ci riesci. Ciao, ho il fisioterapista”. Non vado fiero di quell’esperienza ma mi è servita. A non essere più troppo cocky, se non altro. Jonas l’ho rivisto in ascensore l’anno dopo, ho avuto un sussulto ma non ho osato ricordargli quell’episodio. Oltretutto è più grosso di quello che sembra e dovevamo fare venti piani…

Tennis: e’ morto il padre di Bjorn Borg Eurosport.it http://it.eurosport.yahoo.com/27032008

Rune Borg, padre della leggenda del tennis svedese e mondiale Bjorn Borg, e’ morto all’eta’ di 76 anni dopo una battaglia con il cancro. Rune Borg e’ morto domenica nella sua sua casa di Ingaro, a sud-est di Stoccolma, secondo quanto riporta il quotidiano Expresssen. “Bjorn Borg e’ devasto”, ha detto sua moglie Patricia che ha poi aggiunto: “la morte di suo padre l’ha invecchiato di cinque anni in pochi giorni”. Rune Borg e sua moglie Margareta sono stati da sempre i piu’ grandi sostenitori del loro unico bambino che vinse 11 Grand Slam tra cui cinque titoli di Wimbledon consecutivi. Il funerale si svolgera’ in forma privata, ha fatto sapere la famiglia.

Miami. Guga Kuerten dice addio anche alla Florida matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1510

Il Farewell Tour di Gustavo Kuerten ha fatto tappa anche al Masters Series di Miami, dove l’ex numero uno del mondo ha collezionato l’ennesima sconfitta al primo turno e la consueta dose di applausi commossi. Nell’occasione Guga, ammesso al tabellone principale con una wild card, ha ceduto con il punteggio di 61 75, in un’ora e sedici minuti, al transalpino Sebastien Grosjean. Sono lontani i tempi in cui il brasiliano era in grado di arrivare a contendere il prestigioso titolo della Florida a un certo Pete Sampras…”Eravamo nel 2000″, ha rievocato Kuerten “ricordo che quel giorno in finale l’atmosfera sul campo era veramente incredibile. Non solo abbiamo giocato un grande tennis, un match andato avanti per tre o quattro ore, ma il pubblico era coinvolto, faceva parte esso stesso dell’incontro. Sicuramente non è solo uno dei migliori ricordi che ho in questo torneo, ma nel mondo intero”. Poi Guga si è soffermato sulle proprie attuali condizioni fisiche, che gli impediscono di esprimersi come vorrebbe. “L’anca mi fa molto male, essere in grado di giocare a questi livelli per me è veramente difficile. Sarebbe impossibile. Questa è probabilmente la ragione principale per cui ho deciso di smettere”. Negli altri incontri della giornata, da segnalare il successo di Dmitry Tursunov nel derby russo con il giovane Evgeny Korolev (46 63 62), le nette affermazioni del belga Xavier Malisse sullo spagnolo Oscar Hernandez (61 61) e del francese Fabrice Santoro nello scontro fra “vecchietti” con lo svedese Jonas Bjorkman (61 60), e la rimonta vincente, con tanto di match-point annullati (due) di Nicolas Kiefer sul lucky loser Guillermo Garcia-Lopez (46 76 64).

Federer & Nadal uniti nel destino

(I primi due del mondo ancora non hanno vinto niente in questo 2008)

Mario Viggiani, il corriere dello sport del 27-03-08

Lui ci sta mettendo del suo, ma pure loro… Lui è Novak Djokovic, loro sono Roger Federer e Rafael Nadal. Lui è il protagonista assoluto del 2008, capace di vincere fin qui il primo Slam e il primo Masters Series di stagione. Loro cercano di essere ancora protagonisti dopo esserlo stati a lungo. Solo che adesso sembrano davvero faticare tanto per confermarsi i più forti tennisti del mondo, dopo che a Dubai lo stesso Nadal ha sprecato l’opportunità di superare finalmente in classifica il grande rivale. DIGIUNO - I cannibali del tennis, per un motivo (fisico) o per un altro, con l’anno nuovo hanno smarrito la vittoria. Infatti nessuno dei due si è aggiudicato almeno un torneo dall’inizio della stagione, e questo non accadeva da un pezzo. Giusto ieri ha avuto inizio il secondo Masters Series, quello di Miami, ed era addirittura dal 2000, prima annata a tempo pieno nel circuito Atp, che Federer non arrivava in Florida senza essersi aggiudicato neanche un torneo. Lo stesso Nadal, anche quando si era dedicato esclusivamente alle superfici veloci, prima di tornare nel regno incontrastato della terra rossa, aveva siglato almeno un appuntamento sul cemento (Dubai nel 2006, Indian Wells nel 2007). FEDERER - La crisi di risultati più pesante è ovviamente quella del numero 1. Certo, tutto è scaturito dalla mononucleosi scambiata per un virus, ma resta il fatto che nonostante la malattia Federer è approdato comunque alla semifinale degli Australian Open, dove però l’implacabile Djokovic l’ha eliminato in tre set. “Rogi” a Dubai ha evidentemente pagato lo sforzo australiano, nonché la tardiva individuazione della mononucleosi (fino a quel punto era stato curato per un’infezione virale…), finendo subito fuori contro Murray. A Indian Wells sembrava tornato su buoni livelli, ma in semifinale si è imbattuto nel lanciatissimo Fish, affermatosi come il primo statunitense capace di sconfiggere Federer, fin qui in vantaggio per 41-0 contro i giocatori yankee! NADAL - Discorso diverso per lo spagnolo, al secondo posto in classifica dietro Federer ormai dal 25 luglio del 2005. A Chennai è stato spazzato via in finale da Youzhny dopo la maratona con Moya, agli Australian Open in semifinale dal ciclone Tsonga. Dopo le prestazioni in sordina a Rotterdam e Dubai, a Indian Wells ha subito Djokovic dopo essere stato strizzato ben bene da Tsonga e Blake. Insomma, a Rafa è mancato l’acuto, sempre difficile per lui sulle superfici veloci, ma il suo rendimento è stato più che accettabile (anche se ormai non abbandona mai le “fascette” sotto il ginocchio). MIAMI - Ora c’è Miami, torneo vinto da Federer nel 2005 e nel 2006, sul quale “Rogi” conta molto (al secondo turno debutterà contro il vincente di Monfils-Isner, mentre Rafa troverà il tedesco Becker) prima di dedicarsi alla stagione sulla terra. Va comunque osservato che dal 2004 al 2007 Roger si era presentato in Florida avendo perso una sola partita nell’inizio di stagione, contro le tre sconfitte già rimediate nel 2008. E lo stesso ruolino di marcia di Nadal non è incoraggiante: sono cinque le sue sconfitte di quest’anno, non è mai andato così male dal 2004 (sei ko prima di Miami), quando si trattava però della prima stagione a tempo pieno nel circuito Atp.

Federer, ma quel virus è amore?

(Alla ricerca di una spiegazione plausibile per i mali di Roger)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 27-03-08

Fermi tutti: il computer leader del tennis degli ultimi 4 anni ha un virus che nessun sistemista può guarire. Forse Roger Federer è davvero preda dell’Epstein-Barr (Etav), la famigerata mononucleosi, che gli ha drogato il sangue mandandogli in tilt i relay più delicati e imbattibili, e lasciando qualche scoria qua e là che esplode a sorpresa, oggi o domani. E perciò, forse, il sudoku più appassionante dei primi tre mesi dell’anno si risolve copiando Mario Ancic, il «nuovo Goran» (Ivanisevic), stoppato per 6 mesi l’anno scorso dalla medesima diagnosi. Forse. EMOZIONI Ma Roger il magnifico, che dall’1 febbraio 2004, quand’ha preso il comando della classifica mondiale, ha fagocitato anche 10 Slam in 12 finali, è uomo molto più complesso di come appaia, e voglia apparire. Talento precoce, come Bjorn Borg e non come i maggiori antagonisti, Nadal e Djokovic, ha bruciato cartucce a salve prima di imparare a controllare desideri ed emozioni, intontendosi di allenamenti e routine. Ma è rimasto sensibile a ideali come amicizia, amore, affetto, rispetto. SUSSURRI Il nuovo Rod Laver, assolutamente unico nel suo genere tennistico, nella corsa al record di 14 Slam di Sampras (è a quota 12), ha pianto in campo per le vittorie e s’è sciolto fuori per i traumatici distacchi dagli amici-allenatori, da Peter Carter (morto prematuramente) a Peter Lundgren a Tony Roche. E forse sta vivendo ora una nuova, sconvolgente, tempesta interiore: molti media svizzeri mormorano che sia per causa della fidanzata-manager, l’ex collega tennista Mirka Vavrinec, alcuni perché dicono che attende un figlio, altri aleggiano la crisi del settimo anno. Fra l’Olimpiade di Sydney e quella di Pechino. GRIDA Agli Open d’Australia, Federer — malato — ha perso solo in semifinale, e lottando, contro Novak Djokovic; a Dubai—convalescente —ha ceduto, in tre set, ad Andy Murray; ma — guarito —, la settimana scorsa a Indian Wells, ha ceduto troppo netto, 6-3 6-2, e troppo i fretta (63 minuti) come non gli succedeva da 5 anni (con Squillari a Sydney 2003), contro il picchiatore Mardy Fish, al quale non aveva ancora ceduto REFRESH Il fenomeno svizzero — sempre e comunque numero 1 del computer — era stranamente assente, in campo, proprio come l’immancabile Mirka era assente, in tribuna. E si lasciava azzannare, inerte, prima di farsi coccolare da mamma Lynette e papa Robert: altra stranezza, dopo anni a tenerli lontani. Pronto al refresh per un virus che forse si chiama amore. E non mononucleosi. DISTANZA Roger deve dare una risposta fra Miami e dintorni. Perché, come suggerisce Patrick McEnroe, al quale sono cresciuti gli artigli, da capitano di Davis: «II suo dominio totale è finito. I tre ragazzi (Nadal, Djokovic e Murray) vanno in campo contro di lui convinti di poterlo battere e la loro fiducia cresce a ogni sconfitta di Roger. Che resta il numero uno, ma con un vantaggio sempre più sottile». Tanto che pure Canas e Volandri (l’anno scorso) e Fish (adesso) osano batterlo. Morale: domenica, Federer ha posato al parco divertimenti Magie Kingdom, di Disney World, in Florida, replicando per l’Atp la foto del 2007 di Anne Leibovitz. Re Artù, alias Re Roger, è ancora l’unico a estrarre la «Spada nella roccia»?

Napoli Cup, record di campioni

(Ben 9 top 100 al Challenger napoletano)

Tiziana Tricarico, il mattino del 27-03-08

Nove top 100 al via. Semplicemente il miglior challenger Atp d’Europa. Non male come biglietto da visita per la Tennis Napoli Cup, torneo challenger da centomila dollari di montepremi che scatta sabato mattina al Tc Napoli in Villa con i match di qualificazione e l’ingresso gratuito. Un «cut-off» stellare: il giocatore con la classifica più alta ammesso nel tabellone principale è il sudafricano Rik De Voest, numero 135. Al momento, perché nell’ entry-list degli Internazionali – per il terzo anno consecutivo Trofeo Msc Crociere -mancano ancora due wild card che potrebbero parlare decisamente azzurro: «Lo scorso anno ho aspettato fino all’ultimo i risultati di Miami per dare la wild card a Potito Starace che poi ha vinto - sottolinea Angelo Chiaiese, per il settimo anno direttore del torneo - questa volta ne conservo addirittura due, una anche per Filippo Volandri». Intanto in Florida Starace è uscito subito di scena battuto al primo turno dal qualificato statunitense Warburg in due set. In caso di rinuncia di uno dei due più forti giocatori d’Italia, si libererebbe un posto o per il marocchino Younes El Aynaoui o per lo spagnolo Albert Montanes. Ricordiamo che le prime due wild card sono state già assegnate al palermitano Gianluca Naso e all’argentino Guillermo Coria. Proprio «el mago», numero tre del tennis mondiale appena quattro anni fa, cercherà di ritrovare quella condizione che gli ha permesso di vincere nove tornei in carriera e di raggiungere la finale al Roland Garros 2004. Favoriti per la vittoria gli specialisti spagnoli Oscar Hernandez e Santiago Ventura, il peruviano Luis Horna e il cileno Nicolas Massu, campione olimpico ad Atene 2004. Starace permettendo, naturalmente. Il 26enne di Cervinara, infatti, dal 2002 ha infilato consecutivamente un quarto, due semifinali, una finale e due vittorie. Estremamente competitive anche le qualificazioni che vedranno impegnati, tra gli altri, i napoletani Giancarlo Petrazzuolo, Alessandro Accordo, Enrico Fioravante e Antonio Maiorano. Tra le manifestazioni collaterali il «Memorial Mariano Ruggiero» e il tradizionale torneo di tennis dei giornalisti sabato 5 promosso dall’associazione Blu duemila di Marco del Gaiso, che quest’anno assegnerà il «Trofeo Armando Minucci» in memoria del giornalista sportivo caporedattore alla Voce della Campania e al Mattino negli anni ‘50-’60. La presentazione del challenger ieri in Villa in un incontro con il presidente del Tc Napoli Luca Serra al quale sono intervenuti Leonardo Massa della Msc, l’assessore ai Trasporti della Regione Ennio Cascetta, quello allo Sport della Provincia Maria Falbo e del Comune Alfredo Ponticelli, il presidente del Coni Napoli Amedeo Salerno, quello del Comitato Campano Fit Michele Raccuglia e il coordinatore della Napoli Cup Enrico Rummo.

Federer è un eroe Disney. La sua spada nella roccia gazzetta.it http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/

Lo svizzero, alla vigilia del Masters Series di Miami, è stato a Magic Kingdom e ha posato come il protagonista del celebre film d’animazione. Dopo il k.o. di Indian Wells rilancia: “Non pensate che sia finito, non ho intenzione di abdicare”. Con la racchetta ultimamente non sta andando benissimo; meglio affidarsi a un attrezzo più robusto, tipo la spada, anche se si tratta solo di una campagna promozionale. Roger Federer come Re Artù per la Walt Disney potrebbe essere un monito per gli avversari. Del tipo: “Non crediate che io sia un giocatore finito”. SPADA NELLA ROCCIA - Domenica scorsa lo svizzero ha posato al parco divertimenti Magic Kingdom, a Orlando. Da questo punto di vista Federer era un passo avanti, visto che era ancora in corso di svolgimento il torneo di Indian Wells, in Cailfornia, e lui aveva già piantato le tende in Florida in vista del torneo di Key Biscayne. Di fronte alla folla Roger si è improvvisato cavaliere, anche se vestito sempre in “abiti civili”. Una reinterpretazione della “Spada nella roccia”, con Federer impegnato a estrarre, appunto, l’arma dal blocco di pietra. IL TESTIMONIAL - Quella posa non era inedita per il numero uno del mondo. Anne Leibovitz l’aveva già fotografato così, alla fine dello scorso anno, per una campagna pubblicitaria dei parchi di divertimento della Walt Disney. Però dal vivo, in mezzo alle giostre (e dietro al castello di Cenerentola, per la precisione) è tutta un’altra storia. AUTO-DIFESA - Non scaccerà la crisi di risultati (ancora nessuna finale raggiunta nel 2008), la versione cavalleresca di Federer, ma quantomeno è un bel modo di ricordare a tutti gli avversari la propria presenza. Dopo la mononucleosi e le voci su una possibile futura paternità che ne hanno offuscato un po’ l’immagine quasi robotica, King Roger ha colto l’occasione per ribadire questo concetto: “Non ho assolutamente intenzione di abdicare”. Se poi, a partire dal torneo di Key Biscayne, al posto della racchetta userà la spada, allora tanto peggio. Per gli avversari.

Federer, pausa o declino? LaStampa.it http://www.lastampa.it/cmstp/

Fra i federeriani serpeggia ormai lo sconcerto. Va bene la mononucleosi, mugugnano nei blog. Ma perdere da Fish? E in appena 63 minuti? “Match del genere capitano”, si è difeso Roger. “Quello che mi sorprende piuttosto è che me ne siano capitati così pochi negli ultimi anni”. Perdere da Fish in realtà si può, specie dal Fish visto a Indian Wells, tostissimo al servizio, decisissimo a chiudere il prima possibile gli scambi, e in una settimana di grazia. Il set strappato in finale a Djokovic è stata la prova che Mardy in California era davvero in forma. Giocatori così, del resto, ne sono sempre esistiti; i più anziani ricorderanno Vincenzo Franchitti, bombardiere de noantri, capace di rifilare un clamoroso 6-2 6-3 a Bjorn Borg a Bologna nel 1975 (vabbè: c’ero anch’io). “E’ innegabile però che il Federer edizione 2008 lasci perplesso, susciti interrogativi. Nei primi turni di Indian Wells sembrava, se non rinato, almeno in decisa ripresa. Contro l’americano è tornato lento, stanco, falloso. Quasi sfiduciato. I retroscenisti sono scatenati, le illazioni fioriscono. Eccone alcune: Federer è distratto perché sta per lasciare Mirka. Federer è distratto perché Mirka è incinta (un rumor diffuso dai tabloid inglesi, e che Roger ha dichiarato di non voler neppure commentare). Federer sta invecchiando. Federer è in crisi di motivazioni, avrebbe bisogno di un coach, ma Severino Luthi, il capitano svizzero di Coppa Davis che lo segue da qualche mese in maniera informale, non è all’altezza. Federer ha ormai perso la sua aura di vincente e gli avversari più pericolosi e in crescita - Djokovic, ma anche Murray - entrano in campo convinti di poterlo battere. Federer non è riuscito a prepararsi fisicamente, anche e soprattutto a causa del virus, si è forzatamente programmato male e ha sbagliato ad accettare di giocare l’esibizione contro Sampras al Madison Square Garden. L’ultima non è un’illazione, ma qualcosa di molto simile ad una spiegazione accettabile. Se non altro è un’ipotesi razionale, e basata sull’osservazione. Federer finito, allora? Questa settimana si gioca Miami, e se Roger non risorgerà, fa notare qualcuno, potrebbe rischiare di non vincere più nulla fino a quando non inizierà la stagione sull’erba, visto che una volta chiuso con il cemento americano il tour si trasferirà sulla terra battuta europea – non esattamente la superficie preferita. A Miami non ci sono sorpassi in vista, ma la possibilità di un cambio della guardia al vertice ormai non è più remota. “Voi ragazzi state sbattendo la porta in faccia a Roger un po’ troppo in fretta”, ha commentato ironico Andy Roddick in California. “E onestamente mi sembra un po’ ridicolo”. Saggia osservazione. Miglior tennista della galassia fino a ieri, cavallo sfiatato oggi: un declino un po’ troppo rapido. Quella a cui stiamo assistendo non è la fine di Federer; probabilmente è però la fine del suo dominio quasi assoluto. Del suo diseguale “consolato” con Rafa Nadal, un altro campione che in questi ultimi mesi pare in declino, stanco, tecnicamente in affanno. Di sicuro c’è il boom di Djokovic. Il vero numero uno del momento è lui, vincitore del primo Slam e del primo Master Series della stagione. “Novak gioca molto dentro il campo, è una posizione dalla quale riesce a impormi il suo gioco”, ammette Rafa. “Con il suo rovescio incrociato mi dà molto fastidio. Specie con queste nuove palle, moto veloci, è molto difficile contrastarlo, perché riesce ad entrare con grande facilità, anticipando tutto. Grande qualità, gli va dato credito”. E se lo dice Rafa…

Intervista. Gasquet: “Penso in grande” matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/

Gasquet, come si sente alla vigilia di questo Masters Series di Miami? Come sempre alla vigilia di un torneo, di tutti i tornei… sono in buone condizioni di spirito, uno spirito positivo, intendo. La speranza è di andare avanti il più possibile. Davvero, mi sento bene. Come ha trascorso i giorni dal torneo di Indian Wells? Mi sono allenato, un poco, non moltissimo. Ho giocato il doppio con Lindstedt, sino alla semifinale… Insomma, mi sento pronto. Dopo la sconfitta negli ottavi con James Blake (ndr: 64 62), lei ha rivolto a se stesso delle parole molto dure. Un momento negativo, ma ci chiediamo se l’abbia digerito, oppuro no…Ma sì, ma sì… Ho già dimenticato quel match. Sono uno che fa presto a mettere alle spalle i momenti negativi, per fortuna. Guardo avanti. L’importante, ora, è ripartire bene, Miami è un’ottima occasione per farlo. E’ un grande torneo, una competizione piena di pubblico. Un piacere giocare qui. Certo, il fatto che la Davis contro gli Stati Uniti si giochi subito dopo il Masters Series di Miami dà al torneo un sapore ancora più particolare. Bè, senza esagerare… Il torneo è importante in sé, alla Davis ci penseremo dopo. Certo, occorrerà prepararla molto bene, perché la Coppa rappresenta moltissimo per noi giocatori francesi. Fare bene a Miami rappresenterebbe un ottimo viatico… D’accordo. Però il match con Blake a Indian Wells era un vero e proprio anticipo della Davis. Non dica che non ci ha pensato… Mah, questi sono discorsi da giornalisti, più che da giocatori. Il tennis non può essere così semplificato. Posso giocare con Blake e batterlo, poi, il giorno, dopo, un’ora dopo o la settimana dopo, posso giocarci nuovamente ed essere battuto. Ogni cosa va sistemata in un certo momento, ogni cosa ha il suo equilibrio. Intanto è spuntato anche Mardy Fish, che a Indian Wells ha giocato molto bene. Sì, è stato molto bravo. In ogni caso, gli Stati Uniti hanno un’ottima squadra. Vedremo al momento opportuno. Anche la Francia ha un’ottima squadra. Sembra quasi che le attenzioni che ricevi ti affatichino un po’. Del resto, sei il primo giocatore di Francia, è normale…Affaticato, no, anzi, ci sono abituato, ormai. Non è più un problema, per me. Comunque, non gioco male da molti mesi, ormai… anzi, direi che sto giocando piuttosto bene. Mi sento tranquillo, forte delle mie qualità. Il fatto di essere o meno nei primi dieci, poi, conta, ma non più come qualche anno fa. Ora i tennisti sono molto vicini fra loro, Può accadere di entrare e uscire spesso, dalla Top Ten. Ad eccezione, naturalmente, dei primi tre: Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic… Giusto, a parte loro. E occhio a Roger, mi raccomando… Il fatto che abbia perso tre o quattro match non significa molto, date retta. Quanto a me, sono cosciente di ciò che devo fare per raggiungere la parte più alta della classifica. Arrivare in finale, sempre più spesso…

Seppi e Bolelli possono battere la Croazia in Davis

Massimo Rossi, libero del 26-03-08

Dopo tre anni di noioso duopolio, la crisi stranamente contemporanea di Federer e Nadal ha rotto gli equilibri del tennis di vertice liberando nuove energie e consentendo risultati a sorpresa come quello del francese Tsonga in Australia e quello dell’americano Mardy Fish ad Indian Wells, primo master della stagione. Fish, numero 98 del mondo, è arrivato sorprendentemente in finale dopo aver battuto Davydenko, Nalbandian e niente meno che Re Roger in due velocissimi set. La vittoria finale gli è sfuggita per mano del sempre più solido Novak Dyokovic, costretto però a cedere il secondo set al beniamino del pubblico che, galvanizzato dalla settimana più bella della sua vita, tirava tutto a mille all’ora con buona mira. Se devo essere sincero non mi sembra che l’americano abbia reso un buon servizio al tennis con le sue performances. Il quasi 27enne Mardy, con la pancetta evidente, i calzini a scomparsa nelle scarpe e i bermuda blu somigliava più a un frequentatore di club Med passato direttamente dalla spiaggia al campo da tennis che non al finalista di un master e questo ha rischiato di sminuire il tasso di professionalità tecnica e fisica dei top ten del circuito. In realtà il fenomeno dimostra ancora una volta che in questo tennis il numero uno, se in giornata appena appena negativa, può perdere dal numero 100, e che il numero 100 se in giornata di grazia può battere il numero uno. La differenza la fanno i punti in classifica, Inaltre parole vince la continuità. Uno come Mardy Fish, dotato come tanti. Puo trovare la settimana magica, per poi tornare alla consueta mediocrità Il numero uno arriva invece quasi sempre in fondo a tutti i tornei, anche quando non è al massimo, ed è esattamente quello che sta succedendo a Federer. Tutti lo danno per morto ma intanto lui è sempre li, in semifinale e in cima alla classifica. Personalmente credo che Roger stia pagando dazio a una malattia che richiede più dei 3-4 mesi sperati per una totale guarigione, ossia a problemi personali di natura sentimentale. Sono convinto ché presto riavremo lo svizzero più torte di prima. Nel tabellone femminile altro trionfo serbo grazie alla strepitosa e sempre più bella Ana Ivanovic, altro che Sharapova! In casa Italia, dopo l’ennesimo flop a livello individuale, non resta purtroppo che guardare - con una certa apprensione - all’ormai prossima sfida di Coppa Davis contro la Croazia. Giocheremo a Dubrovnik sul veloce indoor dall’11 al 13 aprile. I nostri avversari faranno ameno di Lyiubicic e, forse, del lungo Karlovic, ma potranno contare sul giovanissimo Cilic e sul ritornato Ancic. Se così fosse non mi sembra che il pessimismo di tanti sia giustificato. Seppi e Bolelli possono vincere con entrambi e anzi Simone ha appena battuto Cilic proprio sul veloce. Auguriamoci solo che in casa Italia non si combinino i soliti pasticci, anche se non è piacevole sentire Robertino Lombardi - uno dei pochi che ci capisce - dichiarare che lui non da suggerimenti a capitan Barazzutti perché Corrado farebbe l’esatto contrario. Che Dio ce la mandi buona. Vinci, ricordi Latina? «Un bel successo ti resta sempre dentro voglio un altro trionfo»

(Robertina torna in campo dopo sei mesi tra l’operazione al ginocchio ed i dolori alla spalla)

Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 26-03-08

Roberta ci riprova. A cinque anni di distanza da quella prima, fortunata, volta, Roberta Vinci torna sulla terra rossa della Polisportiva Capanno di Latina, tra l’ex campionessa del mondo — nonché bandiera del Tennis club Parioli — e gli Internazionali «Città di Latina» c’è un rapporto speciale. ALBO D’ORO Il primo nome sull’albo d’oro del torneo da 50 mila dollari dell’ITF (giunto alla sua 3a edizione e in programma fino a domenica prossima sui sei campi del circolo pontino) è il suo. Dopo quel sigillo, per la 25enne pugliese si spalancarono le porte del grande tennis. Dei successi in azzurro (titolare in Fed Cup dal 2001, campionessa del mondo 2006, vice nel 2007 e detentrice, con 11 successi su 11 match, del record di vittorie in doppio) e nel circuito Wta, sia in singolare sia in doppio. Dopo quasi sei mesi di sofferenza, Roberta riparte da qui, dal campo principale del circolo di Latina contro la spagnola Suarez Navarro. Finalmente torna In campo. «Sono felice, ho tanta voglia di tornare ad assaporare le sensazioni del campo. : La forma migliora lentamente, Ma devo ritrovare la tensione del match, impossibile da provare in allenamenti». Da settembre scorso ha vissuto un calvario. Che cosa le è accaduto? «Prima una operazione al ginocchio, poi un taglio per pulire il tendine, poi i dolori alla spalla. Fosse stato per me sarei tornata in campo subito, ma l’infortunio è stato serio. Ho fatto tanta fisioterapia e test, ma per questo tipo di infortuni non è possibile affrettare i tempi. A gennaio sono andata in Australia, mi son detta “ci provo, è sempre uno Slam”, ma a posteriori penso che non ero pronta». È facile perdere lo spirito In queste situazioni…«Per fortuna quello va sempre bene. La voglia di tornare c’è sempre stata. Adesso devo riprendere a giocare con continuità. I miei cari mi sono stati vicini in questo periodo, mi hanno incoraggiata Anche quando credevo di non farcela più mi hanno dato forza». Une stop lo aveva già vissuto, ma per altri motivi. «Si, qualche anno fa non avevo voglia, né stimoli. Una cosa del genere, invece; non mi era mai accaduta. Non è stato facile, ma credo di averla gestita bene». Torna a Latina dopo tanti anni e tante bellissime esperienze nel circuito. La consideriamo la prima tappa della «rinascita»? «Sono passati tanti anni, è vero, ma ho sempre avuto un bellissimo ricordo di questo torneo. Ho vinto la prima edizione, che dire… speriamo in un bis». Quali obiettivi si è posta per i prossimi mesi?“Giocare, giocare e giocare, senza fare troppi calcoli. Spero di riuscire a recuperare la forma migliore in tempo per Wimbledon”. Ci pensa mai ai giochi olimpici di Pechino? “Sarebbe la realizzazione di un bel sogno, ma cerco di non pensarci troppo. Al momento non farebbe altro che mettermi addosso un supplemento di pressione”.

(Nole, il nuovo Ivan Lendl)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 25-03-08

Vietato gridare: «II Kosovo è la Serbia». Nella piscina degli Europei di Eindhoven, in Olanda (dove il serbò Milorad Cavic è stato sospeso dalle gare), come sulle tribune di Indial Wells, in California (dove lo striscione è stato ritirato dagli organizzatori fra la finale femminile e quella maschile). Ma il tennis è oggi più serbo che mai. Così dice il doppio successo dei ventenni Novak Djokovic (numero 3 del mondo) e Ana Ivanovic (numero 2) nel primo torneo Masters Series della stagione — appunto in America —, dopo la trionfale prova di squadra nel primo Slam 2008, vinto a gennaio, a Melbourne, dall’intelligente «Nole», con la bella Ana, finalista e «thè body», Jelena Jankovic, semifinalista. Diokovie e Ivanovic che il 12 ottobre, avevano già vinto simultaneamente, a Los Angeles e Montreal, e dichiarano da sempre ambizioni da numeri uno. SORPRÉSE Djokovic è attualmente il miglior esponente del tennis sul cemento. Emulo di Ivan Lendl, anche lui poco appariscente e molto concreto, da fondo e nella condizione fisica. Le sorprese sono i primi due del mondo, Federer e Nadal, in crisi psico-fisica, dopo 3 anni di duopolio, che crollano ancora, raccogliendo pochi garaes. Dopo la mononucleosi, lo svizzero s’arrende al numero 98 del mondo, il picchiatore Mardy Fish, e spiega: «Non sono riuscito a rispondere al servizio. Dopo i soliti balbettii da cemento, lo spagnolo cede a Djokovic, svicolando dal solito piede acciaccato: «Sono giù fisicamente». La sorpresa è anche la tenuta, cioè la costante crescita, della potente Ivanovic, in reattività, varietà, personalità. E, soprattutto, tecnica ed aggressività. ESEMPI «Lavoriamo duro e questa è la ricompensa, che significa tanto per il nostro paese. Gli sportivi in generale sono autentici ambasciatori e io cerco di aiutare la nostra nazione che ha difficoltà economiche e polìtiche», proclama Djokovic. Nole s’è schierato pubblicamente, a Belgrado, contro l’autonomia del Kosovo (dove è nato il padre), e quindi ha glissato sul famigerato slogan di Indian Wells: «Non ho visto lo striscione. E’ una decisione degli organizzatori, evidentemente il soggetto è molto sensibile». Mentre la Ivanovic si è scusata, al microfono in campo, per «l’attitudine» dei fan, bardati coi colori serbi. Che da domani, al via di Miami, saranno ancor di più, e più caldi.

Nadal e la mano parlante “E’ una questione di memoria” Repubblica.it http://www.repubblica.it/2008/01/sezioni/

Il n.2 del mondo scrive sulla mano alcune parole-chiave utili per il match Il tic, o il trucco, scoperto durante il torneo di Indian Wells Nel match vinto al terzo set contro Tzonga aveva scritto: “Posizione”, “coraggio”, “concentrazione”, “palla alta”. L’arma segreta di Nadal è nella sua mano. Non è la racchetta, nè l’impugnatura, il tocco, un tipo di incordatura o altro. Sono semplicemente parole, scritte con pennarello indelebile sul dorso della mano sinistra, quella con cui gioca. Punti di riferimento, codici privati, lessico da allenamento, che aiutano la memoria e la concentrazione in quei momenti - tantissimi in una partita di tennis - in cui è facile perdersi e non trovare più la strada. A volte basta una parola, si dice. Nel tennis, soprattutto: una scossa, un flash, un punto fermo. Nadal e la mano che parla, quindi. Anche il guerriero di Maiorca, l’indiano della racchetta tutto muscoli e grinta e rabbia e saltelli ha il suo amuleto, il suo totem privato, il mantra da ripetere. La curiosità salta fuori durante il torneo di Indian Wells, tappa californiana del circuito Master series. Il 15 marzo, al secondo turno, Nadal batte il colombiano Santiago Giraldo. E sul dorso della sua mano sinistra compaiono dei segni neri. Un tatuaggio, sembra. Macchè: parole scritte. Telecamere e macchine fotografiche si scatenano a cercare lo zoom giusto per rubare il segreto. I giornalisti sportivi, scettici di fronte a tic e riti privati, restano un po’ scettici. Rino Tommasi, commentatore per Sky sport, principe del tennis in televisione, non ha dubbi: “Esibizionismo inutile”. Forse. Ma in uno sport come il tennis dove il lato psicologico è spesso così determinante, ognuno cerca di conoscere se stesso e si arrangia come crede. Quindi succede che nel marzo 2007, un anno fa, Nadal vinse a Indian Wells il suo diciottesimo titolo dopo però un digiuno prolungato di quasi nove mesi. Aveva avuto un sacco di problemi, piccoli infortuni, guai ai piedi. Il torneo californiano fu, nel 2007, una specie di Pasqua. Allora per la prima volta - negli ottavi di finale contro Juan Carlos Ferrero - Nadal scrisse parole sul dorso della mano. Un anno dopo, quel rito è stato celebrato di nuovo. E la mano di Nadal ha ricominciato a parlare. I siti spagnoli osservano con attenzione il fenomeno. Le parole scritte sono tre nel secondo turno contro il colombiano Santiago Giraldo, diventano quattro contro l’americano Young. Sono cinque, sembra, negli ottavi nel durissimo match con il francese Tzonga. Che Nadal vince al tie break dopo essere stato sotto 2-5 nel terzo set. La mano che parla diventa così il mistero da risolvere, il segreto da svelare. “E’ un promemoria per ricordarsi alcune cose, soprattutto di ordine psicologico, non date peso” dice Francis Roig, l’allenatore che lo segue nel torneo di Los Angeles. Il quotidiano El Mundo ha parlato con lo zio Toni che l’ha messa così: “Sono parole che si appunta per non dimenticare, questioni tattiche più che tecniche. A volte i giocatori si distraggono nel corso della partita e quattro concetti base possono aiutare”. Lui, il campione, preferisce tagliar corto e respinge questa intrusione nella sua intimità: “Scrivo cose che mi aiutano la memoria, però preferisco non dirlo perché sono cose mie”. Lavorando di computer il mistero si scioglie lettera dopo lettera. Così sappiamo che nella semifinale contro il serbo Djokovic, Nadal ha segnato sulla mano le seguenti parole: “Position” (posizionamento in campo, soprattutto con i piedi che devono stare il più possibile lungo la riga di fondo); “concentracio” (concentrazione); “valent” (aggressivo, coraggioso, arrogante); “bola alta” (palla che rimbalza alta e lunga, per togliere ritmo a Djokovic che gioca di anticipo e di incontro). Restano altre due parole che non è possibile leggere. Il sudore e la fatica hanno già portato via un po’ di pennarello. E’ chiaro che le parole cambiano a seconda del match e dell’avversario. Contro Djokovic la mano parlante non ha potuto fare molto e Nadal è sembrato stanco, appannato, falloso, dolorante per un’unghia incarnita al piede destro. E’ nata una moda? Avevamo già visto giocatrici come Mara Santangelo prendere appunti ai cambi di campo, Serena Williams tirare fuori dalla borsetta il quadernino bloc-notes sempre ai cambi di campo. E’ capitato anche a uomini fatti e tennisticamente irrequieti - vedi lo statunitense Mardy Fish che proprio a Indian Wells ha battuto Federer - leggere pizzini tra un game e l’altro. Alcuni giocatori sono arrivati ad appuntarsi i promemoria tattici sulla racchetta. Nadal ha fatto debuttare il dorso della mano.

Federer, un mistero matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1504

E’ un mistero Federer. Lo è diventato quest’anno. Continua ad esserlo dopo che l’arcano, o una parte di esso, sembrava essere stato svelato. Perché non ha vinto in Australia? E poi a Dubai? Ma certo, la mononucleosi. E perché non ha vinto la semifinale di Indian Wells contro Mardy Fish, che aveva battuto cinque volte su cinque? Ancora la mononucleosi? Ma non era guarito? Forse. O forse no. Ancic ha combattuto con la “mono” per sei mesi, e ancora gioca a sprazzi. Può darsi che Federer debba superare lo stesso tipo di problemi, e allora non resta che aspettarlo. Certo, le conseguenze saranno ruvide, per la bella immagine che lo svizzero ha di se stesso, Roger perderà probabilmente la leadership, seppure da Indian Wells ne esca addirittura rafforzata, e non potrà essere considerato favorito per gli Slam che verranno. Addio (di nuovo) al sogno terraiolo. E chissà, magari anche a Wimbledon, dove si pensava che Roger potesse vincere anche con una mano legata dietro la schiena e un piede senza una scarpa. Ma può essere, perché no, che la sua mononucleosi non sia del tipo più pestifero. Può darsi che sia davvero guarito, come lui stesso si era spinto a dichiarare. E allora? Da dove esce questo brutto match con Fish, in cui Roger è apparso talmente fuori centro nei suoi stessi colpi base, che sembrava quasi lo facesse apposta a cacciar fuori le palline più semplici. Mah…Ci sta tutto, in questa sconfitta contro lo statunitense. Una brutta giornata… Problemi psicologici… Persino la voglia - magari inconscia - di sottrarsi ad una nuova sfida con Djokovic, non sentendosi ancora pronto… Forse Roger ha di nuovo bisogno di un coach, che lo tranquillizzi e lo rimetta in sesto. Forse si sta prendendo solo una pausa, dopo quattro anni condotti in testa al gruppo. Forse… Di sicuro, le sconfitte porteranno nuovi problemi. Dunque il peggio potrebbe ancora arrivare per lo svizzero. Djokovic, Murray, Nadal, Nalband

(Justine: “quest’anno voglio Wimbledon ma devo migliorare a rete”)

Lorenzo Cazzaniga, Sport Week del 22-03-08

E’ la numero uno del Mondo, ha vinto sette tornei del Grand Slam e per tutti è la “Federer in gonnella”. Eppure non ci sono fan che si strappano i capelli per strappare a Justine Henin una parola, una foto, un piccolo ricordo. Tutti dietro alle sottane di Maria Sharapova e Ana Ivanovic, le veline del tennis che colpiscono duro in campo ma soprattutto fuori. Ma è possibile essere intrise di talento, vincere come poche altre nella storia ed essere snobbate? Justine, lei è la numero 1 del Mondo ma sponsor, media e fans sono tutti per Maria Sharapova? le altre bellezze del circuito: la infastidisce? «Per niente. Io sono nata per lottare sul campo e vincere i tornei dello Slam. Amo la competizione, spingere fino a conoscere i miei limiti. Non ho mai cambiato l’orario di un allenamento per fare un servizio fotografico. La copertina di Vògue io lascio volentieri alla Sharapova». Considera proprio la Sharapova. «Devo, perché all’Australian Open mi ha battuto giocando un gran tennis. Io non ero al cento per cento fisicamente, ho dovuto fare delle infiltrazioni ma non voglio accampare scuse: quel giorno è stata più forte e ha meritato il primo Slam della stagione». C’è molta rivalità in campo femminile e sembrate meno amiche di quanto non accada in campo maschile con Federar e “Nadal, per esempio. «Quando ti giochi titoli importanti non è facile essere amica della tua avversaria. Non so cosa ne pensano Nadal e Federer ma è difficile anche solo vedere due giocatrici che si allenano insieme. Io ho sempre il mio palleggiatore. Insomma, serate ufficiali a parte, ognuna ha la sua vita: le mie amiche non frequentano certo il circuito». L’anno scorso si è separata da suo marito ma ha ritrovato suo padre con il quale non parlava da tempo: come è cambiatala sua vita? «Sono fatti che ti segnano. Aver ritrovato la mia famiglia è stato fondamentale anche se serve tempo per metabolizzare tutto. Siamo rimasti lontani per sette anni e vincere Roland Garros l’anno scorso davanti ai miei cari e sapendo che mio padre mi stava guardando alla televisione, è stata una delle sensazioni più belle della mia vita. Non è facile parlare del passato ma ci servirà da lezione. Ora ho un maggiore equilibrio personale: avere la propria famiglia al fianco ti aiuta quando la vita si complica». Ha vinto tutto tranne il torneo più importante: Wimbledon. Come lo spiega? «È una questione puramente tecnica. Io amo scambiare da fondocampo, costruirmi il punto colpo dopo colpo, come in una partita a scacchi sull’erba invece tutto finisce dopo 2-3 tiri. Giocatrici come le Williams si adattano meglio a questi schemi, ma io sto lavorando duro per migliorare la fase offensiva». Per questo la vediamo sempre più a rete: sta già pensando a Wimbledon? «No, sto solo pensando che voglio avere una carriera lunga! Per questo devo imparare ad accorciare gli scambi. Io non sono alta e forte come le Williams, la Sharapova o la Ivanovic. Devo puntare sulla tecnica e non sulla forza». Wimbledon non rischia, di restare una macchia nel suo brillante palmarès? «Non è detta l’ultima parola, posso ancora vincere? È incredibile che io abbia raggiunto proprio a Wimbledon la mia prima finale Slam nel 2001 senza mai conquistare il titolo. Ma se diventa un’ossessione non ci riuscirò mai». Una curiosità ma è vero che era un fenomeno del calcio? «Non direi, però mio fratello da piccolo giocava e così mi aveva messo in una squadra maschile. In un incontro ho segnato otto gol e c’erano questi ragazzini che piangevano. Cercavano di rincuorarmi ma loro ripetevano: “Come possibile? È solo una bambina”.

Le scarpe nuove di Ljubicic LaStampa.it http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/rubricahome.asp?

Se non sei un fenomeno, racchette e scarpe su misura non bastano a battere Roger Federer – nemmeno il Federer in convalescenza di questi tempi. Ma racchette e scarpe contano, eccome. Difficilmente chi vive fuori dall’ambiente ne ha la percezione. Lo sport ad alto livello richiede materiali, attrezzi ad alto livello. Curati nei minimi dettagli. Le case costruttrici giustamente sfruttano il nome dei loro migliori testimonial per vendere prodotti, comunque di ottima fattura, ai tennisti dilettanti. Ma le racchette che usano i campioni, anche se portano lo stesso nome di quelle messe in commercio, sono quasi sempre attrezzi particolari, modelli unici. Customizzati, si dice. Prendete Ivan Ljubicic, l’ex numero 3 del mondo che alla fine della scorsa stagione era sembrato appannato, in declino. Da poco Ljubo ha cambiato racchetta, ma lo ha fatto solo dopo aver passato una settimana presso il suo nuovo fornitore. Ha provato ben 35 telai diversi, che i tecnici gli “cucinavano” freschi ogni giorno, prima di scegliere quello adatto a lui in termini di peso, bilanciamento, potenza e controllo. Questione di millimetri, di grammi. Tutte le sue future racchette saranno ricavate dal calco esatto di quel prototipo. Stessa procedura per le scarpe. Ivan, che fra l’altro oggi è l’unico del circuito – tenniste cinesi a parte – ad utilizzare il marchio Li-Ning (evidentemente non ha intenzione di boicottare le olimpiadi e i prodotti made in Cina…) ha speso una settimana di prove presso lo stabilimento europeo della ditta. Ljubicic è alto 1,93, pesa 91 chili, ha bisogno di buone fondamenta. “Quando ho incontrato i tecnici cinesi – ha spiegato Ivan al collega Peter Bodo, che lo ha intervistato a Indian Wells - ho detto loro: per un paio di buone scarpe non sono sufficienti. A me serve un paio di grandi scarpe. Così mi hanno spedito in Belgio e mi hanno sottoposto a tutti i possibili test, fino a quando non sono riusciti a produrre le calzature perfette per il mio corpo. Ci hanno messo un mese. Ma adesso mi sento di nuovo a posto, come tre anni fa”. Anche Nadal qualche tempo fa si sottopose ad un viaggio lampo presso gli stabilimenti del suo sponsor, negli States. I suoi problemi ai piedi richiedevano lo studio di nuove forme, di plantari particolari. Senza quelli Rafa oggi non riuscirebbe a giocare, a vincere partite magari non straordinarie ma intensissime come quella contro Tsonga a Indian Wells. Il genio, anche nello sport, si nasconde spesso nei dettagli. Quelli più umili. Quelli di cui non ci accorgiamo.

Non sta esagerando? Blog LoMonaco http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/

Per chi non lo sapesse, o non avesse visto la differita del match, alla conclusione della sfida tra Maria Sharapova e Daniela Hantuchova, la russa ha urlato: ‘this is my home’ guardando il suo angolo, per poi ripeterlo nel momento in cui si avvicinava alla sedia con Daniela a un metro. Il perchè abbia detto questo Maria si può scoprire leggendo la conferenza stampa del giorno prima del Hantuchova, la stessa nella quale la slovacca aveva elogiato la russa, con la dichiarazione che avevo riportato ieri. Nella domanda precedente a quella in questione è stato chiesto alla Hantuchova se le condizioni climatiche fossero uno dei motivi del suo successo a IW. La domanda successiva è stata la seguente: ci puoi parlare dell’eventuale sfida contro Maria. Sarà un match emozionante. E’ ovvio che lei sia in grande forma, quindi questo match sarà un buon test per me. Ho la sensazione di essere la padrona di questo posto. Quando mi trovo qui ho la sensazione che possa accadere qualsiasi cosa. Sono fiduciosa ma per vincere dovrò giocare il mio miglior tennis. Staremo a vedere se riuscirò a farlo. Logicamente nella conferenza stampa successiva della Sharapova una delle prime domande è stata: Daniela è motivata perchè dice di sentirsi la padrona qui. La Sharapova non deve aver digerito questa dichiarazione, ma poteva anche intuire che non fosse esattamente quanto detto la Hantuchova. Il match si è chiuso 7/6, 6/1 con la Hantuchova che ha sprecato un vantaggio di 5-2 e due set-point e nel secondo è uscita dalla partita. La soddisfazione per aver battuto la campionessa in carica doveva essere sufficiente , invece, la Sharapova è andata oltre. Di sicuro ha dimostrato ancora una volta che la classe non sa cosa sia. Le è stato chiesto dopo il match se avesse in realtà pronunciato quella frase a fine partita e Maria ha risposto: Sì è così. L’ho fatto perchè nel primo set non mi sentivo meritevole di stare sul campo. Ma per fortuna ho ritrovato il ritmo e finalmente mi sono meritata il mio posto in campo. Ci sono stati altri due episodi che mi hanno infastidito nelle ultime due partite. Il primo nel match con la Bondarenko: Alona chiede il ‘challenge’ e Lynn Welch le risponde che ha aspettato troppo. Sul punto successivo, neanche a farlo apposta, si verifica la stessa identica situazione a parti invertite, e questa volta la richiesta è stata accordata a Maria. Il secondo: sul 7/6, 5/1, 0-30 il giudice di sedia ha dato un warning alla Sharapova per aver impiegato troppo tempo prima di servire. Che senso ha darle l’avvertimento a match finito?

“Presto Mary di nuovo in campo”, parola di Jim Pierce Matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1499

Jim Pierce, papà di Mary, ha annunciato oggi al Sun Sentinel che la figlia è quasi pronta al rientro nel circuito all’età 33 anni. Reduce da un intervento chirurgico al ginocchio, Mary non gioca un torneo dal 2006 (a Linz in ottobre, quando proprio in campo le saltò il legamento crociato anteriore del ginocchio). “Mary ha recuperato bene dall’intervento e ora si trova a Parigi per delle visite con ortopedici specializzati. Una volta ottenuto il via libera, riprenderemo l’allenamento”, ha detto Jim che, a 72 anni la dovrebbe seguire come coach (assistito dall’altro figlio David) in questa sua nuova avventura da pro. “Tra un paio di mesi, forse due mesi e mezzo, sarà in piena forma fisica e potrà tornare in campo”, ha aggiunto il padre della due volte vincitrice di un titolo Slam, in Australia nel 1995 e al Roland Garros nel 2000. “Bisognerà più che altro capire come il ginocchio operato risponderà agli sforzi”, continua Jim Pierce, “ma credo che due mesi dovrebbero bastare a riportarla ad uno stato di forma più che accettabile”. In molti, in questi anno e mezzo di ritiro forzato dalle competizioni, ritenevano finita la carriera della Pierce, a maggior ragione considerati i 33 anni d’età. “Io di anni ne ho 72. A 33 si è giovani, lo garantisco”, ha chiosato Jim.

Quella finta rivoluzione è uno smash steccato Ilgiornale.it http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=249532&START=0&2col=

Un bel mattino d’agosto di dieci anni fa, sulla piazzetta di Porto Rotondo, assistetti alla seguente scena. Lui, Nicola Pietrangeli, la solita bella faccia da schiaffi indorata dal sole della Costa smeralda, era appena sceso dalla sua Vespa. Ad attenderlo, davanti all’edicola, c’era il solito capannello di signore che lo aspettavano per rimorchiarlo. Una, bel tipo sui quaranta, naturalmente ricca, naturalmente divorziata, faccia da murena gentile, gli si fece sotto spavalda. «Caro Nicola, oggi andiamo in barca a Budelli. Viene con noi?». Lui, affettando quella sua naturale indolenza, da scettico blu: «Mah, chissà. Quanto è lunga la sua barca?». Lei, l’aria smarrita: «Mah, saranno venti metri!». Lui, sorridendo maliardo: «No, guardi, detesto le scomodità». Ringalluzzita, s’avanzò una seconda madama, amica della prima: «La nostra barca è di ventitré metri. Vuol dire che verrà con noi… ». Per un momento, Nicola parve interessato. Poi domandò: «Che si mangia?». La tipa: «Cotolette e insalata. Credo… ». Allora lui, definitivo: «No, guardi, le cotolette proprio…».«La verità - mi disse più tardi con raffinata civetteria, e mentendo per la gola - è che mi sono scocciato. Spero solo di accorgermi serenamente, un giorno, che sono finiti i botti». Aveva 65 anni, all’epoca. Oggi, dieci anni dopo, eccolo qui, nella sua bella casa romana dalle parti di Villa Stuart. Una polo gialla, pantaloni pied de poule in tinta, mocassino da golfista fuori ordinanza, fisico smagliante. Ogni tanto, durante l’intervista, sbircia l’orologio. «Aspetto una signora per cena… », confessa l’impunito. La leggenda, alla quale lui stesso ha lavorato alacremente per decenni, perfezionandola con la passione artigiana di un orafo siriano, scrivevo all’epoca, dipinge Nicola Pietrangeli con i seguenti cinque aggettivi: pigro, indolente, frivolo, mondano, scansafatiche. Se qualcuno li scambierà per difetti, allora elencheremo i pregi: campione di stile, sui campi da tennis e nella vita, charmeur, simpatico naturale e uomo fortunato. «Dalla vita - ripete - ho avuto quasi tutto». Rimpianti? «L’unico è che se avessi giocato oggi, sarei pure ricco sfondato. Ai miei tempi invece si giocava soprattutto per divertimento. Pensi che il vincitore del torneo di Viareggio incassava venticinquemila lire, qualcosa come mille euro di oggi». Il Sessantotto, nella memoria di Nicola Pietrangeli, è legato a due immagini. La prima: Montecarlo, dove vinse per la terza volta la coppa Challenge, che ora fa bella mostra di sé su una mensola del salotto stipato di fotografie, di coppe e di souvenir legati alla sua strepitosa carriera. Il secondo flash è uno scontornato parigino. Lui sulla terrazza Martini. Sotto, sugli Champs Elysées, una bella masnada di studenti affrontati da dozzine di flic che tenevano i moschetti per la canna e li roteavano sulle teste dei contestatori. «Io non mi sono mai occupato di politica - racconta Nicola allungandosi sul divano -. Ma guardando quei ragazzi che inneggiavano alla Cina di Ho Chi Minh, a Mao, e sputavano sulla bandiera americana mi domandavo: ma questi che ne sanno della Cina? E il comunismo che gli piace tanto, sanno cos’è? Io ero stato in Polonia nel ’56, e l’anno dopo in Cecoslovacchia. Ecco, mi sarebbe piaciuto portare quegli studenti a fare una gita da quelle parti, per fargli vedere da vicino che cos’era quella che spacciavano per dittatura del proletariato. Be’, se non altro ho avuto la soddisfazione di vedere che strada facendo si sono pentiti tutti, e oggi fanno i borghesi. L’antiamericanismo però è rimasto. Mai, invece, che mi sia stata data la gioia di vedere una grande manifestazione popolare contro la Cina, dove ancora oggi si fanno diecimila esecuzioni capitali l’anno. E parlo solo di quelle ufficiali». Nella sua carriera di grande tennista, Nicola Pietrangeli è stato 24 volte campione assoluto d’Italia; ha vinto due volte al Roland Garros, altrettante agli Internazionali d’Italia e detiene l’ineguagliabile primato di presenze (164) in Coppa Davis. Il che non gli ha impedito di guadagnarsi per l’eternità la fama di gaudente fannullone. «Vero - concede lui con un sorriso disarmante -. Di lavorare non ho mai avuto tempo. E anche nel gioco: se mi fossi allenato di più avrei vinto di più. Ma mi sarei divertito di meno. E poi, la sola parola sacrificio mi ha sempre fatto venire l’ansia. Mai alzato alle 7 del mattino, per esempio. La mia regola è: se posso alzarmi alle 9, ottenendo gli stessi risultati, perché no?». Imbozzolato nel magico mondo dello sport, protetto dagli agi e dal lusso di quello che una volta si chiamava jet set (prima che gli aeroplani e le vacanze a Sharm fossero alla portata anche dei magazzinieri e delle commesse) Pietrangeli guardò alla pantomima del Sessantotto con l’aria dello snob. «Vedevo quei cortei di ragazze che facevano il triangolo con le mani, sopra la testa, e gridavano: “L’utero è mio e lo gestisco io”. E io mi dicevo: “Ahò, ma chi te la chiede?”. Erano mostri, facevano paura». Poi, quando il Sessantotto si mise a correre, giù per la china della violenza, lo snobismo di Nicola si tramutò in costernazione. «Vedevo una generazione, una bella fetta di generazione almeno, persa dietro certi incantatori di serpenti che perseguivano i loro obiettivi senza scrupoli. Anche a destra, badi. E tanti ragazzi ci sono andati di mezzo, giocandosi la vita propria e spesso anche quella altrui». Incuriosito dalle chiacchiere che arrivano dal salotto, ecco comparire Pupino, 16 anni, il gatto pezzato di Nicola, orbo di un occhio. Lui e Nicola sono i single più coccolati di questo condominio alla Balduina. «Prima c’era anche Pupina - racconta Nicola, tirandosi in braccio il suo compagno adorato -. Rimase con Licia Colò quando lei mi lasciò da un giorno all’altro, il 1° aprile di 13 anni fa, e ancora non ho capito perché. Cioè perché mi lasciò Licia, intendo». Sul tavolino di fronte al divano, in giro per le pareti, a testimoniare il suo narcisismo ma anche a documentare la vita da gagà che ha condotto, c’è una vasta galleria di fotografie che ritraggono Nicola in giro per il mondo, accanto a una lunga teoria di celebrità. Eccolo con Frank Sinatra e la moglie Barbara; con Sean Connery e Bud Spencer; coi principi di Monaco e Jean-Paul Belmondo; con Omar Sharif e papa Giovanni Paolo II. Per quelli come lei, gli dico, nel Sessantotto avevano coniato uno slogan. Diceva: «Fascisti, borghesi, ancora pochi mesi». «Tutta invidia. Il difetto capitale degli italiani. Invidia a senso unico poi. Mi ricordo che proprio nel ’68, ai campionati italiani di Verona, venne Lucio Dalla con la sua Porsche. Ma era di sinistra, Dalla, e dunque nessuno lo contestava. Idem per Antonello Venditti, che c’ha una barca lunga da qui a là. Ma se sei di sinistra, in questo Paese, nessun problema». Il mondo dello sport, e quello del tennis in particolare, restarono immuni, conferma Pietrangeli, dalla sindrome del Sessantotto. Ma quel mondo felpato, alto borghese, che viveva in un’altra dimensione, stava sul gozzo alla sinistra. E alla prima occasione cercò di entrarci a piedi uniti. Accadde nel ’76, finale di Coppa Davis tra Italia e Cile. C’era da andare a Santiago, a casa dell’odiato Pinochet. E Pietrangeli, all’epoca capitano della Nazionale, finì sulla croce, come si legge nel bel libro che Lea Pericoli ha dedicato al suo grande amico, C’era una volta il tennis. Dolce vita, vittorie e sconfitte di Nicola Pietrangeli. «Avevo un bel dire e ripetere che la politica non c’entrava; che noi si andava a vincere la coppa - ragiona Nicola -. Ma non c’era niente da fare. Mi accusavano di voler legittimare il dittatore, che come tutti sanno mangiava tre bambini a pranzo e a cena. Per tutto il mese di novembre fu un martellamento continuo di radio, televisione, giornali, telefonate anonime. Finii con una macchina dei carabinieri sotto casa, ventiquattr’ore su ventiquattro». Sbaglio, o alla tragicommedia partecipò anche Domenico Modugno? «Mica solo lui. C’era anche Severino Gazzelloni, il cosiddetto flauto d’oro, altro miliardario in dollari che faceva il comunista. Al cinema Adriano fecero perfino un concerto contro l’andata in Cile della nazionale di tennis». Risultato? «Andammo lo stesso. E ci portammo a casa la coppa». E se avessimo perso? «Be’, io mi ero studiato un itinerario alternativo per rientrare in Italia. S’immagina, se dopo essermi battuto per andare, fossimo stati battuti dal Cile di Pinochet?».

Danzando con la Seles Gazzetta.it http://www.gazzetta.it/Sport_Vari/

L’ex numero 1 del tennis mondiale è in gara nella versione statunitense del noto programma tv. Esordio tra luci e ombre: applausi dal pubblico, freddezza della giuria. Tra le sue sostenitrici, Lindsay Davenport.

La grinta, quella c’è sempre, sia con le scarpe da tennis che con i tacchi. Resta comunque da affinare la tecnica. L’esordio, molto atteso, di Monica Seles a “Dancing with the stars”, il “Ballando con le stelle” in versione statunitense, è stato all’insegna del “luci e ombre”. L’ESIBIZIONE - L’ex numero uno del mondo è apparsa in buona condizione fisica. “La danza è sempre stata una mia grande passione”, ha detto la Seles nel video di presentazione. Col suo vestitino rosa, poi, ha duettato insieme al compagno di ballo Jonathan Roberts: un’esibizione che è piaciuta tantissimo al pubblico in sala, un po’ meno alla giuria. Ma d’altronde era la puntata inaugurale dello show, e c’è tempo per recuperare. IL CAST - Monica non è l’unica sportiva del cast. Oltre a lei, infatti, ci sono l’ex pattinatrice e campionessa olimpica Kristi Yamaguchi, nonché Jason Taylor, defensive end dei Miami Dolphins nella Nfl. A completare l’elenco dei partecipanti, tra gli altri, l’attore Steve Guttenberg (”La mosca”, “Independence Day”), e le attrici Priscilla Presley (moglie di Elvis), Shannon Elizabeth (”American Pie”) e Marlee Matlin (la sordomuta premio Oscar per “Figli di un dio minore”). FORZA MONICA - Nonostante le difficoltà, la Seles ha comunque ricevuto numerosi attestati di stima. Su tutti, quello dell’ex collega Lindsay Davenport, attualmente impegnata nel torneo di Indian Wells: “Le ho mandato una mail augurandole buona fortuna - ha spiegato Lindsay -. Non solo: ho sparso la voce in spogliatoio di votare per Monica. Lei è bravissima, ha lavorato tanto per questo show, e sono sicura che arriverà almeno tra i primi cinque”. Con la grinta che si ritrova, ci scommettiamo anche noi.

Monica Seles scriverà un libro Tennisitaliano.it http://www.tennisitaliano.it/edisport/

Prima no, poi sì, poi forse, poi di nuovo no. Monica Seles aveva detto che sarebbe tornata al tennis giocato, e tanti ci avevano pure creduto. Poi il 14 febbraio l’annuncio ufficiale del mai più su un campo. Adesso un nuovo capitolo: Monica ha venduto i diritti per la sua autobiografia a un gruppo editoriale americano e il progetto, su carta, dovrebbe essere pronto per il marzo 2009, data in cui è pianificata anche la vendita. Si tratta di un racconto che va a esplorare la sua lunghissima carriera con la racchetta in mano, gli inizi, l’esplosione, la disperazione post Amburgo e post coltellata alla schiena. E tutto il resto. “Una parte fondamentale della mia vita è finita ufficialmente il 14 febbraio quando ho detto basta con il tennis - ha detto Monica - ora però comincia un’altra fase, una fase in cui voglio condividere con gli altri come abbia fatto a trovare un giusto equilibrio nella vita, insieme con felicità e forza”. Finalmente di proprio pugno, visto che personaggi del genere vengono messi sotto la lente di ingrandimento da tutti per cercare di capire certe dinamiche ma che poi, in fin della fiera, non si sa mai quanto ci si avvicini alla realtà delle cose. “Lavorerò in prima persona aiutata da alcuni professionisti del settore, e sono davvero esaltata da questo progetto”, ha concluso Monica.

Il nazionalismo, il tifo contro e la cultura sportiva. Tennisteen.it http://www.tennisteen.it/editoriali/

Ieri sera guardavo in tv il derby francese fra Jo Wilfred Tsonga e Paul Henry Mathieu. Un gran bel match, giocato a livello molto alto, da due giocatori che si conoscono bene, che si allenano spesso insieme, che se le sono date di santa ragione per due intensissimi set, giocando entrambi molto vicini al loro livello di massimo rendimento. Scambi fantastici, spettacolari. Il tutto con una assoluta cavalleria, lealtà e correttezza. In entrambi i giocatori, pur nella tensione agonistica, si notava una specie di allegria, una sorta di orgoglioso, narcisistico autocompiacimento tutto francese. Era come se pensassero, dopo ogni scambio spettacolare: “stiamo facendo vedere al mondo di cosa siamo capaci noi francesi”. L’equivalente tennistico di una parata militare.E questo, faceva passare quasi in secondo piano l’esito del match. Ha vinto Tsonga, ma soprattutto ha vinto la Francia. E non è retorica, è la verità. Ed è la loro forza. Proprio questo stato d’animo, questo monolitico senso di appartenenza e di coesione nazionale, è probabilmente alla base dei grandissimi risultati ottenuti dalla scuola francese negli ultimi anni, sia a livello maschile, sia a livello femminile. Un solo dato: nel tabellone maschile di IW c’erano la bellezza di 14 francesi su 96 giocatori. Ieri sera, mentre Tsonga tirava un magnifico smash in salto, mi sono ritornate in mente tutte le squallide discussioni che si fanno da noi fra i tifosi di questo o quel giocatore. Mi sono venute in mente le squallide partite che quasi sempre escono fuori quando (purtroppo o per fortuna raramente) due nostri giocatori si affrontano nel tabellone principale di un grande torneo: tensione enorme. Qualità del gioco pessima. Rivalità fortissima, viscerale. Tifosi pronti a scannarsi per l’uno o per l’altro. E’ il termometro di una situazione in cui l’individualismo connaturato al tennis si mette a sistema con l’individualismo egoistico proprio della nostra cultura nazionale, producendo effetti perversi: ognuno che va per conto suo, assoluta incapacità di fare “squadra”, fronte comune, di mettere a sistema conoscenze, abilità, risorse. Ne ho viste tante. Il punto più basso fu probabilmente la lite furibonda, tanti anni fa al Foro, fra Pistolesi e il napoletano Cierro, ma ci sono stati mille altri tristi episodi. In genere, in Italia, noi tifosi e appassionati quando vediamo queste cose e ci paragoniamo alla Francia abbiamo 2 tipi di reazioni: la prima è ovviamente quella di crepare di invidia per i nostri cugini d’oltralpe. La seconda, è quella di sparare a zero sulla nostra Federazione, sul nostro sistema tennis, sui nostri giocatori, coach, tecnici, etc., etc., Ma noi tifosi, noi appassionati, siamo sicuri di essere migliori, e di meritare risultati diversi? Un movimento tennistico è un corpo complesso, nel quale sono presenti tantissime componenti. I giocatori, certo, la Federazione, certo. I tecnici, certo. I preparatori atletici. La stampa specializzata, i media. Poi, però, arriviamo noi: gli appassionati, i praticanti, i tifosi, che di questo movimento costituiscono (costituiamo) la base, il tessuto connettivo. Il comportamento e la cultura sportiva dei tifosi costituiscono una variabile importante nel determinare la qualità complessiva di un movimento. Ebbene, non solo sul campo, anche da questo punto di vista il confronto fra noi e i nostri cugini è drammaticamente perdente. A Parigi, basta uno come Thierry Champion (tutt’altro che un campione, a dispetto del nome), che sta lì su un campo secondario del Roland Garros, a lottare allo spasimo contro un qualsiasi altro semisconosciuto giocatore straniero, nel primo turno delle qualificazioni, ed ecco che dietro di lui, a sostenerlo, acriticamente, finché dura il match, c’è tutta la Francia. E i derby sono vissuti come una festa, una passerella, con la folla che incita entrambi i contendenti. Perché vincerà la Francia, e quindi vinceranno tutti. Da noi, no. Noi da sempre siamo il paese dei dualismi, delle lotte intestine, delle rivalità feroci, delle faide distruttive, fino all’autolesionismo. Guelfi contro Ghibellini, Bianchi contro Neri, Contrada dell’Oca contro Licorno, Roma contro Milano, Medici contro Visconti, Gonzaga contro Malatesta. Nessuno che pensa al bene comune, e lo straniero a spartirsi le spoglie. Nello sport, e ancora più nel tennis, non facciamo eccezione: Coppiani contro Bartaliani, supporter di Mazzola contro fan di Rivera, Delpierofili contro Tottiani. Nel tennis, è forse peggio: dai seguaci di Panatta che avrebbero volentieri impiccato il soldatino Barazzutti, a un campionato a squadre di serie A che quasi finisce in rissa, giù giù fino a noi, ai Forum internettiani in cui la gente si divide tra i pro-Bolelli e i filo-Fognini…E così sprechiamo tesori di energie, ogni mezzo diventa buono per dimostrare che il nostro beniamino è migliore, è il più forte, e l’altro azzurro è una mezza calzetta. E si arriva ad esultare per le sue sconfitte, si parteggia apertamente per l’avversario, si litiga, ci si accapiglia, incapaci di riconoscere il vero antagonista, il vero avversario. Che tristezza. Tanti anni fa, nel 1527, i feroci Lanzichenecchi transitavano per la pianura padana, decisi a muovere contro Roma. Il Principe d’Este, Duca di Parma, Modena e Ferrara, aveva promesso al Papa (uno degli odiati Medici) che no, i Lanzichenecchi non li avrebbe fatti passare per il ponte fortificato sul Po, che se ne stesse tranquillo. E mentre con una mano scriveva quella lettera, con l’altra incassava l’oro dell’Imperatore di Germania, aprendogli le porte. Roma al saccheggio, tedeschi trionfanti, e gli italiani, sleali, traditori, vili, servi, senza onore, al ludibrio del resto d’Europa, indegni del rispetto altrui, non meritevoli di essere una nazione… Quando impareremo ad unire le forze? Iniziamo noi, i tifosi, gli appassionati, la base, a fare la nostra parte.

Nadal, Tsonga, Murray adesso Re Federer sente il fiato sul collo

(Francesca ribadisce che è lei la nostra numero 1)

Massimo Rossi, libero del 19-03-08

Mi rifiuto di entrare nella telenovela Maradona — Starace, argomento che non interessa a nessuno ma che trova purtroppo ampio spazio sui giornali sportivi. Parlando di tennis - quello vero - non si può che trarre spunto, sia pure in generale, dall’andamento del primo master in corso a Indian Wells. Il torneo si è calato in una situazione che vede ampliato il Club dei primi grazie soprattutto ai progressi del serbo Djokovic, dello scozzese Murray e del francese Tsonga, ma che vede anche un Nadal sempre più col fiato sul collo di re Roger. I punti che li separano sono ormai ridotti al lumicino e non mi stupirei se i prossimi grandi tornei sulla terra, da Montecarlo al Roland Garros, provocassero il sorpasso sullo svizzero. Indian Wells sembra comunque voler rispettare le gerarchie e le aspettative del grande pubblico, con i migliori normalmente in evidenza. Da segnalare il ritorno alla ribalta dell’ex promessa statunitense Young; se finalmente il suo tennis si consolidasse, avremmo un altro serio aspirante al vertice. Personalmente ho sofferto per la sconfitta del nostro Volandri contro un vecchietto come lo svedese Bjorkman, ormai buono quasi solo per il doppio, specialità dove in effetti gioca ad altissimi livelli. Filippo purtroppo negli anni non ha saputo insistere per riuscire bene anche su superfici diverse dalla terra, rassegnandosi a un ruolo da giocatore part-time, capace anche di grandi risultati come quello dell’anno scorso a Roma proprio su Federer, ma senza nessuna possibilità, ormai, di entrare fra i primi. Per arrivare in alto non basta giocare bene sotto il sole e sulla terra rossa, occorre soffrire anche al chiuso e correre sul cemento e sull’erba. Pazienza. Speriamo in Bolelli e Seppi, che al contrario del mio amico Filippo amano le superfici veloci. Fra le donne Francesca Schiavone, sempre a Indian Wells, ha ribadito la gerarchia azzurra superando Flavia Permetta nel terzo turno. Va bene così, perché l’importante è mandare comunque una delle nostre il più avanti possibile in tabellone, considerata la sete che il tennis italiano continua ad avere sia di risultati che di buona classifica. La nostra numero uno ha poi bisogno di acquistare in fiducia dopo il recente brutto risultato in Fed Cup contro le spagnole. Ad attenderci presto ci sono infatti le forti sorelle ucraine Bondarenko, una delle quali proprio a Indian Wells, l’altro ieri, ha fatto ffre tre games alla ex numero uno Amelie Mauresmo.

Caldaro, dove i campioni nascono grazie al fai-da-te

(A volte con la passione si arriva dove si vuole)

Vittorio Campanile, il giornale del 19-03-08

C’è un piccolo paesino in Alto Adige che è la testimonianza che per realizzare un progetto vincente non servono soldi e strutture, ma tanta passione, determinazione e le persone giuste nel posto giusto. Così Caldaro, di appena 7000 anime frazioni comprese, può vantare due tennisti nelle prime 50 posizioni delle classifiche mondiali, merito soprattutto della passione per il tennis del presidente del circolo locale Alex Voraugher: «Il mio sogno era portare un tennista della nostra scuola nei primi 100 dei mondo, adesso ne abbiamo due nei primi 50 e non vogliamo più fermarci». I due tennisti sono Andreas Seppi numero 39 del mondo, nato e cresciuto a Caldaro, e Karin Knapp attualmente numero 35 delle classifiche femminili, che a 15 anni si è trasferita da Brunico scegliendo il tennis al posto dello sci. Il progetto parte il 3 luglio del 1995 quando Massimo e Lisa Sartori - uno dei nostri migliori tecnici e sua moglie fisioterapista - lasciano Vicenza per trasferirsi nei pae-sino che si specchia sul Jago, dove in quel momento nel circolo ci sono molti ragazzini interessanti. E il più piccolo, appena 11enne, è proprio un certo Andreas Seppi: «Voraugher aveva un grande progetto in mente - spiega Sartori -e la sua volontà e passione ci ha convinto. Qui c’erano un obiettivo ambizioso e la giusta strategia, questo è secondo me il segreto del nostro successo. Il circolo che ci è stato dato in gestione dal comune ha 7 campi, due in terra rossa coperti, uno in play it coperto e gli altri scoperti in terra rossa. Noi due anni fa abbiamo fatto una piccola palestra per consentire ai tennisti di fare la parte atlteica qui nel circolo. Mancherebbe un campo in cemento, ma adesso andiamo avanti così». Vorauflher racconta com’è stato difficile vincere la concorrenza con l’hockey, lo sport più popolare: «Qui purtroppo è più seguito e per noi è difficile trovare degli sponsor. Anche adesso che noi siamo fortissimi mentre la squadra di hockey fuori dal Trentino non è conosciuta. Eppure economicamente è dura andare avanti». E le difficoltà sono state talmente numerose che a un certo punto il presidente voleva chiudere tutto: «C’erano problemi economici - rivela a¬cora Sartori -, Voraugher è venuto da me dicendomi che non si poteva continuare -. Ma ormai avevamo gettato le basi, dovevamo rischiare, mi dimezzai lo stipendio pur di andare avanti. Per fortuna Seppi iniziò a fare risultato ed i problemi economici furono risolti». Così Seppi ha trovato le condizioni migliori per poter crescere proprio a due passi da casa e Karin Knapp conferma: «Per me è stata la soluzione migliore, sono vicina a casa ed ho un allenatore solo per me. Inoltre mi hanno accolti tutti benissimo, mi sono trovata subito benissimo qui». Così Sartori ora coordina l’attività del circolo di Caldaro seguendo nel circuito maggiore Andreas Seppi e aiutando anche Simone Vagnozzi, mentre Marco Boesso, giunto in Alto Adige nel 1997 dal centro tecnico di Cividino, segue la Knapp. Lisa Sartori si occupa della preparazione atletica dei professionisti, Nicola Ceragioli invece di un gruppo di tennisti tra gli 11 e 13 anni che sono alcuni dei migliori della zona. Poi naturalmente c’è anche la scuola SAT: «Noi vorremo fare di più ma non possiamo, la federazione dice che non ha soldi per aiutarci di più e mi dispiace, perché per esempio vorremmo avere un allenatore fisso che segua Vagnozzi» ha spiegato amareggiato Voraugher. E forse, se qualcuno a Roma ascoltasse la sua richiesta d’aiuto, Caldaro saprebbe fare ancora meglio per un tennis italiano ancora in attesa di un nuovo fenomeno.

Accento dell’est SettimaSportiva.it http://www.settimanasportiva.it/

Lo scandalo era scoppiato in uno di quei tornei un po’ lontano dai riflettori. Sopot, Polonia, Davydenko contro Vassallo Arguello, un match tra le centinaia che si svolgono ogni anno nel circuito Atp di tennis: c’è il grande favorito, il russo, c’è la vittima predestinata, l’argentino. La partita va come deve andare, poi all’improvviso l’agenzia di scommesse on line Betfair si accorge dell’anomalia, di quell’enorme ondata di scommesse su Vassallo che è sotto di un set con la sua quota da vincente che crolla. Scommessa annullata, mentre Davydenko comincia a smarrirsi, perde il secondo set, chiama il medico e nel terzo si ritira. Strano? Strano. C’è innanzitutto da dire contro il russo l’Atp non ha mai trovato uno straccio di prova, nel contempo però sono comparse dichiarazioni a raffica di tennisti rei confessi di essere stati avvicinati da loschi figuri con l’accento dell’est che invitavano a perdere in cambio di somme di denaro. Naturalmente il ritornello è «io l’ho mandato via». Risultato: l’Atp indaga, trova 21 partite sospette, manda i tennisti a lezione da un ex mafioso, alla fine (e finora) squalifica 5 tennisti italiani che hanno puntato somme irrisorie sul loro sport. E Davydenko dice: «La mafia non esiste solo in Russia. Ad esempio c’è anche in Italia». Già, forse ha ragione, è tutta fantasia da spy story e sui 21 match, diciamolo chiaro, ci sono solo sospetti. Intanto però tempo l’Uefa aveva aperto un’inchiesta su una dozzina di partite di coppa Uefa e Intertoto che potevano essere state alterate dal mondo degli scommettitori. Si fa? Magari, no. Così come magari non è proprio possibile prevedere in anticipo il risultato di un sorteggio. Però, comunque sia, ci piacerebbe saperlo con certezza. E un «non è possibile» non basta.

Venus Williams: dall’abbigliamento EleVen al blog! Styleandfashion http://styleandfashion.blogosfere.it/

Venus Williams ha lanciato EleVenbyVenus.com, e racchiude tutti gli aspetti della vita della superstar del tennis, senza escludere ovviamente il suo brand d’abbigliamento, EleVen by Venus Williams. Creato per permettere ai fan di Venus d’immergersi completamente nella sua vita (più o meno), il sito offre informazioni aggiornate regolarmente, video e foto su EleVen, la linea di abbigliamento e calzature che ha creato con Steve & Barry’s, che ha debuttato lo scorso novembre. I visitatori del sito trovano anche brevi filmati, gli orari e le partite del torneo aggiornati, nonchè il primo blog personale di Venus. La prima serie di post sul “V’s Blog” sono stati scritti nel corso della settimana scorsa per il torneo di Bangalore in India, dove la Venere ha raggiunto le semifinali. Ci racconta come ha vissuto i suoi giorni in India, e ha condiviso i suoi pensieri su come si stia preparando per i giochi olimpici di quest’estate in Cina. EleVen lanciato da Venus Williams è disponibile esclusivamente negli store di Steve & Barry’s da novembre 2007. Maradona a Starace. Un 10 pieno di scuse

Vincenzo Martucci, gazzetta.it ROMA, 18 marzo 2008 - Gli ha regalato la sua maglietta autografata. La famosa maglietta numero 10 autenticata da Diego Armando Maradona. “Come se m’avesse chiesto scusa, mi dispiace, perdonami”. Così, tre settimane dopo le ingiurie da super tifoso nei quarti del torneo di Buenos Aires, “El pibe de oro” ha fatto ammenda con Potito Starace. SCUSE - “I miti non muoiono mai per davvero”, chiosa il tennista italiano, il popolare “Poto”, che è cresciuto proprio col mito del grande mancino argentino. “Sul momento c’ero rimasto molto male, anche perché le ingiurie che mi aveva rivolto erano state pesanti, e non me l’aspettavo proprio. Non avevo fatto nulla di male. E prima del match con Nalbandian, quando l’ho visto in tribuna, avevo pensato tanto al momento in cui gli avrei stretto la mano: l’avevo applaudito tante volte, da bambino, quando giocava nel mio Napoli. Poi mi ero quasi dimenticato della vicenda. Ma, al torneo di Acapulco, ne avevo parlato con un amico comune, l’ex tennista Luis Lobo, che ora allena Moya. E lui, quand’è rientrato in Argentina, ha spiegato a Maradona quanto ne avessi sofferto e perché. Così è nata la storia della maglietta autografata, che m’ha portato a Indian Wells un paio di giorni fa”. ECCITATO - Starace ha ancora molti dubbi sul comportamento del suo idolo calcistico: “Non conosco di persona Maradona, mi avevano detto che spesso è arrogante e che impazzisce per il tennis, e per il suo amico Nalbandian. Certamente quello che ha fatto è comunque sbagliato e ancor di più perché lui è Maradona. Ma a Lobo ha spiegato che era particolarmente eccitato dalla partita, e si è detto dispiaciuto dell’accaduto. Questa brutta storia finisce qui. Se torno a giocare a Buenos Aires e davvero mi invita a mangiare a casa sua, come ha detto a Lobo, ci vado pure”. Pennetta e Schiavone, l’Italia sogna

(La Sardegna porta bene ai colori azzurri)

Raimondo Angioni, Nuova Sardegna del 17-03-07

Sassari – L’Italtennis si prepara a vivere un mese di aprile ricco di avvenimenti importanti, Coppa Davis e Fed Cup, ma niente scherzi da parte delle squadre azzurre tutte protese a raggiungere i rispettivi traguardi. Incominceranno gli uomini che dopo essere rimasti in B grazie al successo di Alghero col Lussemburgo, dall’11 al 13 se la vedranno a Dubrovnik contro la Croazia nel 2° round del Gruppo Europa-Africa. Poi toccherà alle donne a Olbia (26-27) affrontare l’Ucraina nei playoff del World Group. La Sardegna si prepara a vivere un altro evento di grande tennis dopo la Coppa Davis disputata ad Alghero a luglio e vinta per 5-1 dal team di Corrado Barazzutti. E se la nostra isola rispetta la tradizione, en plein in sei incontri su sei, la vittoria dovrebbe essere assicurata per Schiavone e compagne, negli ultimi due anni campionesse e vice campionesse mondiali (finale vinta a Charleroi contro il Belgio e sconfitta di misura a Mosca contro la Russia), ma fuori per il momento dal gruppo mondiale dopo il 2-3 (dallo 0-3) ingoiato lo scorso febbraio a Napoli da quella Spagna maltrattata a Saragozza appena nel 2006. Azzurre, dunque, di nuovo in pista contro l’Ucraina delle sorellone Bondarenko per rimanere nell’elite del tennis e l’intoccabile presidente federale cagliaritano Angelino Binaghi, grande scaramantico, non poteva non fare ricorso nuovamente a quella sua terra che a livello maschile in quasi quaranta anni (dal 1968 al 2007) non gli ha mai voltato le spalle: quattro successi a Cagliari (contro Ungheria, Cile, Svezia e Georgia), uno a Sassari (contro la Finlandia) e quello appena ricordato di Alghero col Lussemburgo. Sei exploit in Coppa Davis ed esordio assoluto in Sardegna per la Fed Cup, il tennis in gonnella che tante soddisfazioni ci ha dato in quest’ultimo periodo. Il cittì Barazzutti ufficializzerà le convocazioni subito dopo il match maschile contro la Croazia di Ljubicic e Ancic, ma sul rosso del Geovillage appare scontata la presenza delle nostre migliori giocatrici capeggiate da Francesca Schiavone e Flavia Permetta e supportate da Tathiana Garbin, Karin Knapp, Sara Errani, Roberta Vinci e, forse, anche da quella Mara Santangelo alle prese con problemi fisici dopo la sfortunata finale di Mosca contro l’armata rossa guidata da Sve-lana Kuznetsova. Per la Schiavone si tratta di un ritorno sulla terra del Geovillage, tanto cara al presidente del club Gavino Docche. La numero uno italiana (e 22’ nel ranking mondiale) si è allenata in Gallura due anni sotto la guida dell’ex fuoriclasse argentino Guillermo Perez Roldan, da diverse stagioni apprezzato tecnico della società olbiese. Ma anche la Pennetta ha radici ben salde nell’isola, visto che per diversi anni ha partecipato con ottimi risultati ai tornei internazionali disputati ad Alghero sotto la regia del presidente catalano Andrea Sechi. Schiavone e Pennetta, dunque, sono le «prime donne» del gran gala del Geovillage, dopo una serie di prestazioni-boom che le hanno portate alla ribalta del tennis mondiale. Francesca, milanese classe 1980 e grande tifosa dell’inter, nell’ultimo torneo di Sydney ha eliminato negli ottavi la francese Marion Bartoli (10 Wta), perdendo nei quarti con quella Kuznetsova con cui era arrivata a un passo dalla vittoria clamorosa nella finale di Fed Cup. Sempre nel 2008, prima di perdere a sorpresa a Napoli contro le spagnole Anabel Medina Garrigues e Nuria Llag0stera Vives, è arrivata vicinissima al successo agli Australian Open contro la belga Justine Henin, rifacendosi a Dubai contro la stessa numero uno al mondo battuta nei quarti dopo aver eliminato di nuovo la francesina Bartoli, passata nel frattempo al gradino n.9 e l’austriaca Sybille Bammer. Ancora più prestigioso il recente curriculum di Flavia Pennetta. La 26enne brindisina, ritornata in alto nelle classifiche mondiali (adesso figura al 30° posto, è seconda in Italia, dopo essere scivolata al 50° per un brutto infortunio al polso e anche per la tribolata storia d’amore con Carlos Moya), ha firmato con autorità i tornei di Vina del Mar e Acapulco. In Cile ha superato in finale la ceka Klara Zakopalova dopo aver eliminato l’ungherese Harn, la francese Chapelier, l’estone Kanepi e l’altra transalpina Parmentier. Identico il festival in Messico con la bella (e anche brava) Flavia capace di infilzare in fila indiana la russa Bychkova, la tedesca Schruff, la rumena Gallovits, ancora l’estone Kanepi e, in finale, la francese Alize Cornet. Per la Pennetta anche una semifinale a Hobart in Australia: sconfitta contro la greca Danilidou e successi contro la polacca Radwanska, l’australiana Dokic e l’indiana Mirza. Ma dopo tutta questa abbuffata di vittorie azzurre non bisogna dimenticare il valore delle nostre avversarie, capaci di battere appena un mese e mezzo fa in casa il super Belgio (da 1-2 a 3-2) pur orfano di «sua maestà» Henin. L’Ucraina presenterà a Olbia giocatrici di ottimo spessore, anche se non abituate alla terra, superficie che ospiterà il match di aprile Cinque ragazze posizionate nelle prime 81 al mondo. Da tenere in considerazione e da temere le sorelle Bondarenko, Alona (24 al mondo) e Kateryna (n.62), oltre a Julia Vakulenko (34 Wta), Mariya Koryttseva (62) e Tatiana Perebiynis (81° posto). Una squadra omogenea che a Olbia dovrebbe schierare nei singolari Alona Bondarenko e la Vakulenko e in doppio le sorelle Bondarenko.

Fognini: “Primi 40 a Parigi poi vediamo” Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/2008/03/17

Sono convinto che Fabio Fognini possa puntare a chiudere la stagione nei primi 40 del mondo. Nella trasferta sudamericana l’azzurro è andato meglio di Volandri e Starace. Molti per i suoi risultati sulla terra rossa lo ritengono un terraiolo. Lui risponde con i numeri: ottavi nel 2007 a Montreal e secondo turno a Indian Wells quest’anno. A 20 anni Fognini sta bruciando le tappe grazie ad un progetto dall’ampio respiro e la giusta voglia di emergere. Fognini protagonista sulla terra rossa sudamericana, te lo aspettavi? No, non pensavo di fare questi risultati anche se onestamente in allenamento mi sentivo molto bene. Fondamentale però è stato il primo match, quello vinto contro Juan Ignacio Chela. Mi ha liberato un po’ dalla tensione. Peccato per un inizio di stagione negativo. In Australia non ho giocato come volevo, sono stato male e sono arrivato a giocare gli Australian Open debilitato. Non cerco scuse però, va bene così, ho altre occasioni per rifarmi. A Buenos Aires condizioni difficili per giocare a tennis, cosa è successo nella partita contro Davis Nalbandian a Buenos Aires? Diciamo che il pubblico non si è comportato molto bene. Fischiavano fra la mia prima e seconda di servizio. Era una bolgia, non è stato facile giocare in queste condizioni. Ma almeno sono stato più fortunato di Potito Starace, a seguire il mio match non c’era Diego Armando Maradona. Il tuo obiettivo di classifica? Vorrei chiudere dentro i primi 40 del mondo. Poi però vedo Darcis, contro cui io ho vinto tante volte negli anni passati che è numero 46 e allora penso di poter fare molto meglio. Adesso inoltre non ho punti da difendere fino al Roland Garros. Cercherò di fare punti nei tornei ATP dove per la prima volta entrerò senza dover passare dalle qualificazioni. Diciamo che vorrei arrivare nei primi 40 al Roland Garros e poi vediamo. Invece come torneo? Vorrei vincere un torneo ATP. Basta un successo per fare salire in classifica e raggiungere i primi 50 del mondo. Sarebbe importante fare anche un buon risultato, magari un quarto di finale in un Masters Series. Hai giocato il doppio con Volandri raggiungendo la semifinale a Costa do Sauipe, era in chiave Davis? No, lo avevo chiesto anche a Potito Starace, ma lui aveva già un accordo. Io e Filippo Volandri non siamo male in doppio perché rispondiamo bene tutti e due e nel doppio rispondere sempre è importante. Sul rosso possiamo fare bene, però spetta a Corrado Barazzutti fare le scelte in chiave Coppa Davis.

Scommesse: le mosse sbagliate dell’ATP Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/2008/03/17/

Su “Il Giornale” in questi giorni dopo il sorteggio pilotato si è tornato a parlare della vicenda scommesse nel mondo del Tennis. Perchè l’ATP sbaglia le mosse? L’ATP per bloccare il fenomeno delle partite truccate ha introdotto una serie di norme, alcune delle quali inutili. Ad esempio ha posto il divieto di utilizzare notebook nei pressi dei campi da gioco. Come può fermare questo il fenomeno delle partite truccate? In nessuno modo! Ma l’ATP si vanta di questa mossa, segnalando ogni volta con grande enfasi quando cacciano un soggetto trovato a smanettare con il pc vicino ad un campo da tennis. Come se facendo così avesse sgominato una organizzazione mafiosa. Ma cosa fanno in realtà quelli che utilizzano il notebook nei pressi dei campi da tennis? Scommettono Live anticipando il bookmaker, c’è gente che lo fa di lavoro! Come funziona? Lo scommettitore è collegato a internet e gioca live sul match che sta seguendo. Il vantaggio di essere sul posto è enorme, perchè anticipa il bookmaker on line. Bisogna infatti sapere che le immagini su Sky, ad esempio, sono in ritardo rispetto alla realtà di un buon 25″. Il segnale parte dal campo arriva sul satellite e arriva nei decoder e questo spiega il motivo del ritardo. Su Internet il ritardo è ancora maggiore. Per cui chi sta nello stadio sa “prima” le cose. Ad esempio se io seguo Seppi-Nadal in una situazione di punteggio normale l’azzurro è dato nettamente sfavorito, diciamo a 3. Ma se Seppi si procura una palla break o addirittura strappa il servizio a Nadal, la quota scende, nettamente. Io che sono allo stadio però so prima del bookmaker, che Seppi ha fatto il break. Ma la quota online è ancora a 3, anzichè magari a 1.80, perchè su Internet sono indietro di due punti. Quindi io posso prendere il tennista ad una quota più alta (3 anzichè a 1.80) perchè “anticipo” il bookmaker. Lo anticipo perchè io sono lì e sono più rapido di lui. La cosa non mi sembra scandalosa, e soprattutto non vedo come questo possa bloccare il fenomeno delle partite truccate.

Duri come cemento (prima puntata) WildCard http://federico-ferrero.blogspot.com/

Riporto, essendo tornato di attualità, l’argomento degli italiani sul cemento che avevo trattato per Il Tennis Italiano dopo gli ultimi Us Open. Nel tabellone maschile di Indian Wells 2008 questi sono i risultati ottenuti dai tennisti azzurri. Qualificazioni - primo turno (3) Fabio Fognini (ITA) b. Sam Warburg (USA) 0-6 7-6(2) 6-2 Qualificazioni - secondo turno (17) Wayne Odesnik (USA) b. (3) Fabio Fognni (ITA) 6-1 6-2 Primo turno (wc) John Isner (USA) b. Simone Bolelli (ITA) 6-3 6-7(5) 7-6(2) Jonas Bjorkman (SWE) b. Filippo Volandri (ITA) 6-3 7-6(5) Andreas Seppi (ITA) vs (q)Paul Capdeville (CHI) 4-6 7-6(3) 6-2 Marc Gicquel (FRA) b. Potito Starace (ITA) 64 63 (LL)Fabio Fognini (ITA) b. (LL)Rainer Schuettler (GER) 2-6 6-3 6-3 Secondo turno (3)Novak Djokovic (SRB) b. Andreas Seppi (ITA) 6-3 7-6 (14)P.H. Mathieu (FRA) b. (LL)Fabio Fognini (ITA) 6-1 7-6(7)

Scorrendo i calendari Atp e Wta saltano all’occhio dati banali: due Slam su quattro si giocano sul cemento, un altro sull’erba. Mediamente tre tornei su quattro si disputano sul duro; dei nove Masters Series quattro (Indian Wells, Miami, Montreal e Cincinnati) si giocano sul cemento, altri due (Madrid e Parigi) sul veloce. I tornei Tier I sul cemento sono cinque su dieci (Tokyo, Indian Wells, Miami, San Diego e Toronto), altri due su tappeti indoor (Mosca e Zurigo). Nei nove grandi tornei Atp e nei dieci grandi tornei Wta i nostri incidono, mediamente, come il Pil dell’Uganda su scala mondiale con l’unica eccezione della semifinale di Volandri a Roma. E mentre i terraioli Chela e Ferrer si giocavano un posto in semifinale a New York il pensiero andava a una frase di Potito Starace, che un’ora dopo essere stato castigato da Gulbis si giustificava spiegando di aver fatto grandi risultati sulla terra e sostenendo che se il prezzo da pagare fosse stato quello di uscire subito agli Us Open, beh, andava bene così. Ma siccome non è che nell’oasi ‘rossa’ del Roland Garros i nostri lottino per la vittoria - o anche solo per la seconda settimana - né Monte Carlo o Roma ospitino nostri connazionali negli albi d’oro dai tempi della tivù in bianco e nero noi di Tennis Italiano ci siamo seduti attorno al tavolo del diretùr domandandoci alcuni cose semplici semplici.

a) Perché in Italia continuano a nascere giocatori col Dna della terra rossa quando il circuito mondiale gravita da tempo sul cemento? b) Che senso ha continuare a copiare gli spagnoli e i sudamericani quando loro hanno smesso da una vita di copiare se stessi, rendendosi competitivi sulle altre superfici e programmandosi per giocare buona parte dell’anno sugli hard court? c) Perché in Italia il cemento si usa per tirare su i palazzi ma (quasi) mai per una scuola tennis, una tappa di un satellite, un pugno di tornei minori?

Queste stesse domande le abbiamo girate ai coach che si occupano dei migliori tennisti italiani, uomini e donne. Le loro risposte indicano che un serio dibattito sul futuro del nostro tennis è maturo ed è tempo che il problema si affronti, prima che ci manchi… la terra sotto i piedi.

Duri come cemento (seconda puntata) Queste le risposte di Daniel Panajotti, coach di Francesca Schiavone e Maria Elena Camerin. Quando iniziai a lavorare con Francesca lei era una giocatrice specializzata sulla terra battuta e lì aveva raccolto anche i migliori risultati (quarti a Roma e Roland Garros). La feci ragionare e le mostrai che nel calendario il 75% dei tornei era sul cemento, perciò bisognava lavorare per quella fetta grossa del calendario e fare un lavoro specifico per la terra battuta. Cambiammo la preparazione e cambiò anche la sua carriera: infatti tutte le sue finali sono state sul veloce tranne due (Amelia Island e Bad Gastein) e Francesca raggiunse anche i quarti agli Us Open, vinse la Fed Cup sul veloce (anche se gli incontri precedenti in casa si giocavano sulla terra battuta). Io lavoro tutto l’anno sul cemento e solo il mese d’aprile lo dedico alla stagione sulla terra per Berlino, Roma e Roland Garros; subito dopo, di nuovo cemento (anche Wimbledon lo preparo sul cemento). Siccome il sogno di Francesca è vincere Roma o Roland Garros faccio ogni anno una preparazione specifica; anche la Camerin sogna Roma ma lei è predisposta per le superfici veloci e non ama molto giocare sulla terra battuta. Penso che tutto venga sempre dall’origine, cioè dalla formazione: per esempio con la giovane Martina Parmigiani ho impostato il suo progetto sul veloce, lavoro sempre sul cemento e curo lo sviluppo del tennis che dovrà giocare in futuro sulle superfici veloci. Faccio le stesse scelte che fanno gli americani o i russi, che lavorano sempre sugli hard court e si adattano alla terra battuta nei circuiti juniores per poi trovarsi pronti per il circuito maggiore. Per questo motivo non mi preoccupo se non è per adesso la migliore in Italia o in Europa tra le ragazze della sua categoria, giacché il circuito Eta e la maggior parte dei tornei juniores si giocano su terra. Quando quest’anno l’ho portata ad allenarsi sull’erba al parco Sigurtà, giocando con la Camerin e la Gagliardi non fece una piega e alla fine il suo commento fu: “Bella l’erba, facile”. Per quanto riguarda gli Us Open sono sorpreso del risultato di Francesca, sinceramente mi aspettavo un quarto turno come minimo, ma la Pazsek ha giocato dannatamente bene. Più in generale sugli italiani non farei questioni di Dna o di razza, per me è una questione di competitività e di livello, indipendentemente dal fatto di essere italiano o francese o canadese: per puntare a vincere uno Slam o hai il livello di gioco e sei competitivo a sufficienza altrimenti non hai nessuna possibilità. Cosa c’è nella testa di ognuno non posso saperlo, non so cosa fanno gli altri e nemmeno conosco da vicino altri giocatori o le giocatrici se non le mie. Posso solo dire che ci sarebbe una… Mission Impossible da compiere: cambiare mentalità e modo di ragionare.

Duri come cemento (terza puntata) Ancora sulla scarsa competitività degli italiani sul cemento: Claudio Pistolesi, coach di Simone Bolelli.

Su questo argomento con me si sfonda una porta aperta. Rispondo dicendo quelli che da sempre sono i miei insegnamenti agli allievi che ho da crescere: prima di tutto il tennista è un atleta internazionale e come tale deve far affidamento sulle proprie forze e sulle persone di cui decide di circondarsi. E basta. Se vale sul serio, problemi economici smettono presto di esistere e non c’è alcuna necessità di aiuti. Seconda cosa: per essere seri nel programmare un giocatore con ambizioni alte non si può prescindere dall’essere competitivi allo stesso modo almeno su due superfici, se sono tre meglio ancora. Simone Bolelli gioca e fa risultati da un anno su tutte le superfici. Penso che la mia carriera di coach abbia dimostrato con Davide Sanguinetti, che prima di allenarsi con me giocava pure lui di più sulla terra, che se proprio bisogna scegliere è meglio dedicarsi ad alzare il livello sul duro e sull’erba piuttosto che sulla terra. Ovviamente se si allena uno con basi tecniche adattabili. Il più grande errore della storia della coppa Davis italiana, in termini di scelta di superficie, è stato commesso nel 2002 scegliendo la terra contro la Finlandia con Sanguinetti, fresco vincitore a Milano in finale su Federer! Che figura che abbiamo fatto! È antipatico dirlo ma avevo consigliato a tutti di scegliere il veloce prima del… patatrac. Non mi posso permettere di giudicare gli altri giocatori ma posso dire che la vedo così. Anzi, aggiungo che per nostra natura di italiani il veloce è meglio perché viene fuori più facilmente la nostra natura di creatività e di capacità di improvvisare.

Massimo Sartori, coach di Andreas Seppi, la pensa invece così. Per me è un problema che si tramanda da una generazione all’altra di tennisti italiani. Tutti preferiscono giocare sulla terra e trascurano la parte della stagione sul cemento. Questo discorso inizia a cambiare con i più giovani: Seppi e Bolelli iniziano a giocare bene sul cemento, lo stesso sembra fare Fabio Fognini che anche negli anni di formazione ha giocato su terra e cemento. Ritengo sia più facile far capire a juniores come Trevisan e Fabbiano che serve, che fa migliorare il cambio di superficie; con Volandri, per dire, forse è più difficile e si fa più fatica, il cemento non gli piace, lo avesse fatto da più giovane sarebbe diverso. Peccato, però, perché sia Volandri sia (anzi, ancor più) Starace penso che potrebbero giocare bene sul duro. Il punto sta nel fatto che fino a poco tempo fa i giocatori crescevano sulla superficie su cui giocavano meglio invece di provare a migliorarsi e completarsi. Penso poi che la cultura dei coach stia cambiando: una volta si mirava a sfruttare il punto forte del giocatore, oggi si spinge per farlo crescere anche sui terreni veloci. Se riesci però a formare un giovane e fargli capire che bisogna giocare su entrambi diventa normale cambiare superficie, è difficile fare questo discorso a un atleta ormai formato sulla terra. Il discorso delle superfici invece è più complicato. È molto più facile prendere un giovane e allenarlo sul cemento che far cambiare ai circoli l’impostazione dei tornei! Se faccio un torneo sul veloce, un bel torneo challenger come Bergamo per esempio, organizzandolo a inizio anno non può che essere al coperto sul veloce. A Recanati, per dirne un altro, fanno un challenger sul cemento ma è un’eccezione perché hanno campi in duro. Tutti gli altri si giocano sulla terra. Il Geovillage ha un challenger sulla terra mentre il satellite lo fa sul veloce… ma è un’altra eccezione. Personalmente non sono deluso dalle prestazioni di Seppi sul cemento, ha fatto quello che doveva fare, ha lottato tutte le partite. Quest’anno ha giocato meno sul duro e ci ha messo un po’ ad adattarsi, contro Calleri agli Us Open ha perso giocando una buonissima partita. Arrivo a dire che mi spiace sia tornato a giocare sulla terra, avrei preferito avesse continuato sul veloce fino a fine stagione!

Duri come cemento (quarta puntata) Da ultimo ecco cosa ne pensa Umberto Rianna, che lavora con Potito Starace, Daniele Bracciali e Federico Luzzi. Mi sembra, la sua, l’analisi più disincantata e condivisibile sul perché i tennisti italiani non facciano risultati su tutte le superfici che non siano la terra rossa. Se i giovani che aspirano al professionismo non trovano strutture che possano sviluppare il loro tennis su terreni che non siano i campi in terra è difficile, a formazione completata, intervenire. Per due giorni dopo il match con Gulbis a New York Potito non voleva nemmeno parlare: era molto deluso, si sentiva bene, migliorato sul cemento eppure non è bastato. Su tutto il resto: non sarei onesto se dicessi che abbiamo avuto dei cattivi sorteggi negli Slam. È evidente che la nostra situazione è più o meno la stessa da alcuni anni, i nostri risultati arrivano dalla terra. Su questo ho riflettuto: secondo me ci sono alcuni retaggi del passato e poi c’è una mentalità da cambiare, di cui sono il primo a non essere contento. Il 70% dei campi in Italia è in terra. I ragazzi vengono cresciuti sulla terra. Io ho vissuto buona parte del mio percorso professionale negli Stati Uniti dove al contrario si nasce sui terreni veloci e si cresce con un tipo di mentalità e di gioco opposti: infatti, tra l’altro, gli americani sulla terra negli ultimi anni hanno combinato dei disastri. A parte il centro tecnico di Cesenatico, dove c’erano alcuni campi in cemento, i giovani azzurri sono sempre cresciuti sulla terra rossa. La nostra mentalità (e quella dei club) è di far vincere molto i tennisti da giovani e per farlo è redditizio un tennis molto ‘speculare’, un tennis meno aggressivo che si adatta alla terra battuta. Bisognerebbe far iniziare i bambini sul veloce per modificare una mentalità vecchia di anni: perché se sviluppi un gioco offensivo da giovane probabilmente vinci meno, perché non sai ancora gestire lo scambio e la partita, non sai quando spingere e quando no, però alla lunga ci guadagni. Quanti tornei ci sono sul veloce da noi? Praticamente nessuno: per cui se non sei un Bracciali, che ha delle caratteristiche tecniche e di indole perfette per i campi in duro, è difficile crescere in un certo modo. Nei circoli si preferisce la terra anche perché si devono assecondare i bisogni dei soci, che sul duro hanno paura di farsi male e fanno più fatica a divertirsi. Da quattro anni lavoro in Italia: ad Arezzo appena troveremo lo spazio faremo un altro campo in Greenset ma chiaramente non basta che si muova il privato, l’iniziativa dovrebbe essere di più ampio raggio. Ho cominciato a giocare a tennis sull’asfalto e la terra, onestamente, non è la superficie su cui si possa esprimere il tennis che ho in testa: mi piace il gioco offensivo, d’anticipo, come insegnano da tempo in America. Non chiedo mai ai miei a insistere solo sulla terra, anche se parlando specialmente di Potito Starace c’è da dire questo: appena c’è stata l’opportunità di giocare sul veloce l’ho spinto a farlo ma l’ho preso quando aveva 24 anni e, indipendentemente dai miei sogni, mi devo misurare con quello che ho altrimenti allenerei un giocatore virtuale. Lui ha caratteristiche, soprattutto fisiche, che non gli consentono di adattarsi bene ai campi veloci perché il primo passo non è molto rapido: possiamo allenarci da mattina a sera per quindici anni ma ha una gamba di un metro e mezzo, è come chiedere a Isner o a Karlovic di diventare veloci in partenza! Tecnicamente, poi, non ha combinazioni uno-due, serve in kick e sul cemento perde un po’ efficacia. Voglio dire che un coach deve comunque sfruttare e ottimizzare le caratteristiche del suo giocatore: è chiaro che su 26-27 tornei Starace punti a giocare il più possibile sulla terra anche se, alla fine, 12 o 13 li gioca sul veloce. Che poi abbia vinto poco lontano dalla terra è un altro discorso: ma da parte mia non c’è mai stata la volontà di non farlo giocare sul cemento. Il fatto è, quindi, che bisogna allargare i propri orizzonti il più possibile ma mai sconfinare nella realtà virtuale. In questo senso non condivido i discorsi di alcuni secondo cui la programmazione andrebbe fatta a prescindere dalle caratteristiche. Penso a un caso come quello di Uros Vico: a parte l’errore di valutazione che è stato fatto nei suoi confronti - ed è stato riconosciuto - è stato gestito come uno che… non era. È chiaro: concettualmente è giusto pensare a far arrivare i giocatori a traguardi ambiziosi (primi dieci, primi venti…) ma poi ti devi scontrare con la realtà. È come voler portare ai mondiali un pugile che non ha la mascella che regge: lo devi anche proteggere, devi fargli fare degli incontri un po’ più tranquilli se gli vuoi mettere in piedi una carriera! Non è che a Vico sia stata rovinata la carriera, perché le aspettative erano ampiamente oltre le sue potenzialità: mi chiedo però se non sarebbe stato meglio, per dire, programmarlo per puntare a farlo entrare tra i primi cento per vari anni, cosa che poteva benissimo fare e che gli avrebbe dato anche più soldi e più soddisfazioni. Ho portato un esempio solo per spiegare ciò che spero di fare e cosa no con i miei giocatori: quando inizi a lavorare con un atleta dopo un po’ ti rendi conto delle sue potenzialità. Puoi fare, ci mancherebbe, errori di valutazione ma quando te ne sei reso conto ti devi misurare con la realtà e non puoi non tenerne conto, diversamente entri in un mondo virtuale. Anche io vorrei allenare tutti Federer, per esempio, e sono contentissimo di lavorare con Starace: però devo sapere che Potito non è Federer né Nadal e programmarlo di conseguenza. A Mosca c’è una mafia che ha già vinto la scommessa

Vittorio Campanile, il Giornale del 15-03-08

È Mosca il centro dello scandalo scommesse. Il sospetto è che da li vengano pilotate molte partite nel mondo del tennis, il quarto sport nel mondo per giro di scommesse dopo Calcio, Ippica e Basket. Il primo caso ci fu nel lontano 2003 quando il russo Yevgeny Kafelnikov si arrese a sorpresa allo spagnolo FernandoVìcente nel torneo sul tappeto di Lione. L’iberico, tutt’altro che uno specialista dei campi veloci era reduce da ben 12 sconfitte consecutive ed affrontava il russo, ex vincitore del Roland Garros e soprattutto numero 37 del mondo. Betfair, il punto di riferimento per le scommesse on-line, sospese le puntate prima del match perché due ore prima del via una ingente somma dalla Russia fu puntata su Vìcente che poi si impose facilmente in due set. Kafelnikov curiosamente si è ora dato al poker, ma nell’ultimo anno il tennis è stato ancora travolto da uno scandalo partito ancora una volta da un giocatore russo, Nikolay Davydenko. Ancora Betfair, che già aveva molti sospetti sul numero 5 del mondo, decise di annullare e di rimborsare - cosa mai successo nella storia - le puntate in corso sul match di secondo turno del torneò Atp di Sopot contro Martin Vassallo Arguello. Da tre account russi arrivarono puntate di circa un milione e 100 mila dollari sull’ argentino, gran parte dei quali erano stati investiti quando il sudamericano era addirittura in svantaggio di un set. Vassallo Arguello vinse il match per ritiro di Davydenko ad inizio di terzo set. Bet-fair accusò il russo di essersi venduto la partita e annunciò di non voler più accettare scommesse sulle sue partite, il presidente dell’Atp, Etienne De Villers, promise un’inchiesta per combattere con tutte le sue forze il fenomeno delle partite truccate. Presto furono scoperte circa 132 partite sospette, dove il nome del russo compariva più volte. Non potendo dimostrare la colpevolezza di Davydenko, l’Atp girò sui pesci piccoli. Presto nelle rete finì Alessio Di Mauro, un tennista siciliano con il vizio per il gioco. L’azzurro è stato sospeso per 9 mesi per aver scommesso con il proprio conto su partite di tennis, ma senza mai puntare su se stesso o essere coinvolti! match sospetti. Dopo Di Mauro, fu il turno di Potito Starace, numero 1 d’Italia e numero 32 del mondo, e Daniele Bracciali, che come il siciliano avevano scommesso su partite di tennis, cosa non consentita dal regolamento Atp. Il primo fu squalificato per un mese, saltando così il primo Slam della stagione, il secondo per 3 mesi. Di recente sono stati sospesi altri due tennisti italiani, Giorgio Galimberti, per 110 giorni e Federico Luzzi per 200, tutti e due con la stessa accusa. Tutto qui. Ma molti tennisti però hanno confidato che il fenomeno dei match truccati esiste davvero e che dietro ci sarebbe proprio la mafia russa. Alcuni avrebbe ammesso di essere stati avvicinati durante i tornei da personaggi strani dall’inglese incerto offrendogli denaro in cambio di una sconfitta. L’Atp per risolvere il problema ha assunto due detective di Scotland Yard ma per il momento i risultati sono stati deludenti.

Dal web Hewitt: “Olimpiadi? Ci sarò ma capisco Roddick” Matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1464

Lleyton Hewitt ha confermato la sua voglia di partecipare al torneo olimpico di Pechino 2008. “Sì, vorrei giocare alle Olimpiadi di quest’anno”, ha detto l’australiano allenato da Tony Roche direttamente da Indian Wells, primo Masters Series della stagione ATP in cui è attualmente impegnato. “Partecipare ai Giochi è una vera esperienza ed è sempre una grande emozione rappresentare l’Australia in un vento così importante”, ha spiegato l’ex-canguro mannaro che, dunque, non sembra proprio intenzionato a seguire l’esempio dello statunitense Andy Roddick che appena qualche giorno addietro ha dichiarato la sua rinuncia all’avventura in Cina per partecipare al torneo ATP di Washington e prepararsi così per gli US Open. “Capisco la scelta di Andy”, ha poi approfondito Lleyton. “Io stesso, del resto, non ho partecipato ai Giochi di Atene nel 2004 proprio perché il mio calendario era studiato in funzione dello Slam di New York. Pensavo che quella fosse la miglior preparazione possibile”. E in effetti, quell’estate gli riservò parecchie soddisfazioni: l’ex-numero 1 del mondo vinse i tornei di Washington e Long Island prima di arrivare alla finale di Flushing Meadows, dove fu sconfitto da un certo Roger Federer.

Sanguinetti annuncia il ritiro datasport http://www.datasport.it/leggi.aspx?id=4902297

Davide Sanguinetti ha annunciato il ritiro dopo aver perso in un `Future` da Gianluca Naso negli ottavi per 6-2, 6-3. Una sconfitta e l`uscita, inevitabile, di scena. Un addio e` sempre duro da affrontare soprattutto se la voglia e` intatta, ma in questo caso la causa e` un fattore fisico. Sanguinetti è stato fra i migliori giocatori azzurri dell`ultimo decennio, regalando due vittorie nei tornei ATP e una cavalcata memorabile, nel 1998, a Wimbledon giunta ai quarti di finale dove l`azzurro fu sconfitto da Krajicek. Debuttante nel circuito professionistico in età già avanzata per un tennista, a 21 anni, Sanguinetti visse il momento piu` alto della sua attivita` agonistica, in termini di classifica, nel 2005 quando chiuse l`anno al 42° posto. In carriera vanta due successi in tornei dell`ATP ottenuti ai danni di due avversari di tutto rispetto. A Milano, nel 2002, batte` in finale `un certo` Roger Federer e nello stesso anno si ripete` a Delray Beach sconfiggendo Andy Roddick nell`atto conclusivo del torneo. I due infortuni al ginocchio, negli ultimi 24 mesi, ne hanno determinato una limitata attivita`, conclusa con la sconfitta nel `Future` del circolo di Villa Amedeo che ha avuto l`onore di ospitare per l`ultima volta su un campo da tennis uno dei migliori tennisti azzurri degli ultimi anni.

Figlie di Maria La Settimana Sportiva http://www.settimanasportiva.it/index/

I primi risultati dell’anno segnalano che forse Maria Sharapova è diventata grande, quasi grandissima. L’autorevolezza con la quale si è sbarazzata delle avversarie a Doha e la puntualità con la quale ormai non manca l’appuntamento con la vittoria fa sembrare che i calendari, le sfilate, il fashion siano in questo momento passati in secondo piano rispetto al tennis. Cosa che Maria sa fare benissimo perché non si vince Wimbledon, gli US Open e, a gennaio, gli Australian Open - tutto questo a non ancora 21 anni - se non si è davvero una campionessa. Maria lo è, ma quello che aveva fatto nascere alcuni dubbi, era appunto il suo impegno tennistico non al 100 per cento. Il risultato ora è che dei primi 14 match disputati nel 2008 la Sharapova ne ha vinti 14, praticamente una percentuale da Federer: a Doha ha perso in tutto due set (uno in finale) e si avvia ora a essere la favorita a Indian Wells, il primo grande appuntamento della stagione che riparte dopo la piccola pausa post Melbourne. La sensazione in pratica è che continuando così Maria quest’anno vivrà il suo periodo migliore, visto che ha già fatto sapere di non voler continuare a lungo a correre dietro una pallina. La Sharapova per il tennis è comunque l’immagine glamour e di successo che serve per lanciare uno sport: non a caso vale più lei con i suoi bikini che altre con i loro successi (anche in Italia c’è un sito internet dedicato e aggiornato, http://mariasharapova.netsons.org). Insomma, bella è sicuro, brava anche, simpatica forse non proprio. Ma per il tennis è una pubblicità che vale più di tanti soldi spesi. E se diventasse anche la numero uno in pianta stabile, volete vedere quante nuove Maria si aggiungerebbero a quelle attuali?

Roddick, scarpe grosse e cervello fino. Tennisteen http://www.tennisteen.it/editoriali/

Attenta analisi del nostro Stefano sul personaggio del momento:Andy Roddick.

Andy Roddick è tornato. Il “Kid” del Nebraska si è aggiudicato a Dubai il suo secondo titolo stagionale, in un torneo dal ricco montepremi che lo avvicina al quinto posto del ranking Atp. A-Rod ha messo in fila Ferrero, Mathieu, Nadal, Djokovic e un ispiratissimo Feliciano Lopez disputando una settimana fantastica, nella quale sembra davvero tornato quello di qualche anno fa, quando arrivò come un ciclone nel circuito vincendo giovanissimo un titolo agli Us Open e arrivando per qualche settimana al numero uno in classifica. Di lui pensavamo di conoscere tutto, e forse lo avevamo troppo presto rimosso dall’elenco dei giocatori di vertice in grado di impensierire Federer. Troppo suggestivi i colpi, l’entusiasmo e la gioventù di Novak Djokovic, Rafael Nadal, Richard Gasquet o Jo-Wilfried Tsonga. Eppure l’americano è ancora lì, da anni nei Top Ten, e finalmente di nuovo competitivo nei tornei che contano. Siamo convinti che il tennis espresso nell’ultimo mese potrà dare ad Andy grandi soddisfazioni sia a Miami – dove vinse nel 2004 – che a Indian Wells, e che lo ritroveremo in grande spolvero anche nella stagione estiva sul duro. Chissà che, a Wimbledon, non possa replicare la finale già raggiunta due volte (2004 e 2005), sempre sconfitto da Roger Federer. In fondo stiamo parlando di un “Grand slam-man” che vanta però altre tre finali (la terza, nel 2004, agli Us Open). E il servizio più devastante del circuito. Roddick è tornato a battere in modo impeccabile, a Dubai, con la solita valanga di ace (81 in cinque match) ma anche con percentuali altissime sulla prima (una media del 77,8%) e buone sulla seconda (54%). In più, ha rispolverato il diritto a sventaglio dal lato sinistro del campo, che a inizio carriera gli aveva permesso di imporre il suo gioco, e ha cavato molti più punti del solito dalla risposta. Pensavamo di sapere tutto, di lui: e infatti sappiamo che il rovescio è il suo punto debole, e che modi e tempi per attaccare lo spazio della rete sono ancora (quasi) perfetti sconosciuti. E’ qui che Roddick non ha saputo o voluto migliorarsi, rimanendo uno straordinario giocatore incompleto. Ma c’è un dato sorprendente, nella sua rinascita: l’addio con Jimmy Connors, annunciato proprio la scorsa settimana prima di infilare le cinque vittorie consecutive che gli hanno permesso di alzare il trofeo in Dubai. Senza Jimbo, Andy si avvia alla sua sfida più difficile ma forse più affascinante. Dimostrare che può andare avanti da solo, come stanno facendo Federer e altri tennisti di alto livello (Nalbandian lo ha fatto per mesi, ndr), affiancato dai soli preparatori atletici. E’ una scommessa, ma il Kid del Nebraska sembra avere la personalità giusta per ascoltare se stesso, più che “scimmiottare” grandi lottatori del passato come Connors o strateghi come Gilbert. E’ un agonista, sa infiammare le folle. E soprattutto è un ragazzo di grande sensibilità e intelligenza fuori dal campo. Memorabili le sue conferenze stampa dopo ogni batosta subita da Federer, anni fa, quando divenne il primo vero antagonista dello svizzero. “Come vedi la vostra rivalità?” gli chiesero i giornalisti mentre il parziale degli scontri diretti recitava un parziale di 1-7 a favore di Roger. “Beh, innanzitutto per vederla dovrei iniziare a vincere qualche partita anche io” rispose. Chapeau. Allora speriamo in un Roddick senza paura, e allo stesso tempo senza assilli di imparare cose che non sa o non potrà fare. Servi e sbraccia, Andy. Potrebbe bastare questo per alzare un altro trofeo importante. In fondo, te lo meriteresti. Per le qualità umane che completano il tuo tennis simpaticamente “monco”. Sport, i bambini prodigio costruiti per vincere

(Giacomo Miccini la nostra miglior speranza nel tennis che conta)

Gaia Piccardi, il corriere della sera del 13-03-08

Da piccolo l’acqua lo terrorizzava Allora Thomas Daley da Plymouth, Inghilterra, ha deciso di non guardarla E salito sul trampolino, ha dato le spalle alla piscina si è buttato all’indietro. Un mese fa si è qualificato per l’Olimpiade di Pechino nei tuffi, specialità piattaforma io metri: a 14 anni compiuti da 79 giorni, in Cina sarà l’atleta maschio più giovane. E noi? Chi sono, cosa fanno, da dove vengono e cosa sognano i bambini prodigio dello sport italiano? Come e dove allenano i loro muscoli e coltivano le loro ambizioni? Di quali speranze si nutrono? Quali piccoli fenomeni covano sotto la cenere, ancora troppo immaturi per presentarsi ai Giochi cinesi ma pronti a esplodere tra quattro anni, a Londra 2012, quando il nostro contingente avrà bisogno di leve fresche come dell’aria da respirare? Questo è un viaggio nel futuro dell’atletismo nostrano, tra i bambini di oggi e i potenziali campioni di domani Giro d’Italia. Si chiamano Giacomo, Silvia, Paola, Elena e Alice, hanno 74 anni in cinque ancora da compiere, vengono dalla terra del poeta (Recanati), dalla grande città (Roma), dalla provincia ricca e feconda di talenti (Brescia, Schio, Pisa), giocano a tennis, tirano di scherma, nuotano, saltano in alto e fanno acrobazie su quella difficilissima linea d’ombra in alluminio rivestito di materiale antiscivolo che la ginnastica artistica chiama trave, ma che in realtà è un nuovo percorso iniziatico ogni volta che ci Sali. Viaggiano come trottole, mangiano come consumati alimentaristi, si allenano e pensano già da grandi, i risultati come benzina, lo sport è il primo fondamentale auto riconoscimento della loro forza e il mondo il loro personalissimo playground. Il Coni li segue da lontano, osserva con occhi interessati la nidiata di campioncini che cresce vicino a casa con i maestri dell’infanzia, 15.8 anni (età media) sono troppo pochi per sradicare un bambino dalla culla, tagliargli le radici, trapiantarlo altrove sperando che germogli Ma c’è già un’eccezione perché certe discipline ti costringono a crescere più in fretta, a vivere in avanzamento veloce. E allora a 15 anni sei già adulto. E te ne vai, racchetta in spalla, alla conquista del pianeta Miccini, pane e tennis. A tre anni conosceva già il punteggio, a 8 batteva i grandi, a 9 ha vinto il primo torneo di categoria, a 12 ha lasciato casa, Recanati, per l’America. Oggi Giacomo Miccini, 15 anni, vive e si allena in Florida all’Accademia del tennis di Nick Bollettieri, il guru che ha scoperto Agassi e Courier, la Seles e la Sharapova Insieme a Matteo Trevisan, 18enne di Firenze, è la grande speranza del tennis italiano, in cerca di campioni da trent’anni Alto (1,84) e solido come gli armadi del mobilificio di papa Gabriele («Mio figlio è sempre stato precoce: sembra nato per questo sport»), cresciuto nel mito di cavallo pazzo Ivanisevic (re di Winbledon 2001), Giacomo è capace di sparare la prima palla di servizio oltre i 200 km all’ora. A impressionare, più della tecnica, è la sua maturità: «Qui in America gli insegniamo a pensare positivo, ad essere l’unico artefice del suo destino, in campo e fuori — spiega Bollettieri —, lo iscriviamo a tornei di livello superiore per abituarlo a una competizione altissima- questo dovrebbe permetterli di affrontare il professionismo con un paio di anni di vantaggio sui pari età». Costo dell’operazione? 36 mila euro di retta annuale, più i viaggi dei genitori tra le Marche e Bradenton. Il settore tec¬nico della Federtennis, che assiste Miccini con contributi in materiali e denaro (30 mila euro nel 2007), è in costante contatto con i tecnici di Bollettieri. Miccini oggi è n°24 della classifica mondiale Under 18 e n.2 di quella Under 16. Adelante Giacomo, ma con juicio. Casa, scuola e record. Cè un pesce d’acqua dolce di nome Silvia Di Pietro nella Capitale, nuota per la Società Aurelia, la stessa per la quale è tesserata Alessia Filippi, che andrà a Pechino per cercare l’oro nei 400 misti. Silvia è brava nella farfalla (60’59 nei 100, terza agli Assoluti a 14 anni) e nello stile libero, ecco perché tutti hanno già cominciato a paragonarla a Federica Pellegrini. La piscina dei record di Silvia, quella dell’Olimpiade di Londra 2012. è ancora in costruzione, come il suo talento: «E ben sviluppata muscolarmente, quadrata e seria di testa — dice il suo allenatore, Enrico Zito — la sua è stata una progressione in crescendo, nel 2007 ha timbrato tre record di categoria, ha già i tempi per Europei e Mondiali juniores ma andrà gestita con attenzione». Mentre a Lecce, società Icos Sporting Club, sguazza Pamela Gabrieli, 13 anni, specialità rana. A Brescia, palestra della Brixia, il ct della nazionale di ginnastica artistica Enrico Casella ha già trovato l’erede di Vanessa Ferrari, primo oro iridato azzurro della storia (Aahrus 2006). Vanessa, 17 anni, sarà a Pechino. Paola Galante, 14 anni, si è prenotata per Londra. Sono grandi amiche nonostante la differenza d’età. Paola è competitiva in tutti gli attrezzi, con preferenza per parallele e trave. Segni particolari: uno strepitoso apparecchio per i denti, portato con disinvoltura tale da non guastare le foto sul podio. Elena Vallortigara è un giunco biodo e flessuoso, 1.87 m come miglior prestazione a 16 anni nel salto in alto, specialità supertecnica dello sport più universale e competitivo: l’atletica leggera. Frequenta il liceo linguistico, vive e si allena a Schio con Erika Sella: «Elena fa parte del “progetto talento” della Federatletica, ha cominciato in terza elementare, ha già vinto un bronzo mondiale under 18». Sara vinceva l’oro a Mosca nell’80, Elena sarebbe nata undici anni dopo. Alice Volpi, babbo senese e mamma brasiliana, la nostra scherma del futuro, è un mix esplosivo: «È un talento naturale — racconta il maestro Daniele Giannini del Cus Siena —, a Jesi ha debuttato in Coppa del mondo entrando nelle prime 16». Andrea Magro, c.t della generazione di fenomeni Vezzali-Trillini-Granbassi, si è raccomandato: «Allenatela facendola divertire». I bambini d’Italia stanno giocando. Ma, da domani, toccherà fare sul serio. Dal Web

Noi siamo della Svizzera Italiana… WildCard http://federico-ferrero.blogspot.com/

Non ricordo in quale sketch un gruppo di comici cantasse questo ritornello idiota: “Noi siamo della Svizzera italiana, molto Svizzera, poco italiana!” Però mi è venuto in mente ora che tento di spiegarvi che cosa è Eurosport e perché - domanda che spesso mi viene rivolta durante le telecronache - sia così poco… italiana. Non voglio annoiarvi ma qualche notizia è necessaria. Eurosport nasce nel 1989 dalla joint venture di alcune società, la EBC (European Broadcasting Union, che molti chiamano semplificano Eurovisione), Sky Television di Rupert Murdoch e il gruppo francese di TF1. Dal 1993 gli unici proprietari di Eurosport sono i francesi: accadde infatti che Eurosport finì in tribunale, citata da un concorrente, il canale paneuropeo di programmi sportivi Screensport (di proprietà degli statunitensi di ESPN). Screensport denunciò alla Comunità Europea (allora si chiamava ancora CEE, non UE) i vantaggi di cui godeva Eurosport per il fatto di possedere diritti sportivi “pesanti” proprio grazie alla EBC. La situazione si risolse in maniera imprevedibile: Sky e la British Satellite Broadcasting, difatti, in quei mesi si unirono e diedero vita a BskyB. Costretto a scegliere tra Eurosport e la sua nuova creazione per non contravvenire alla legge antritrust (quelle che in Europa valgono, in Italia un po’ meno) il magnate australiano decise di tenersi la nuova società (madre di Sky Sport) e di lasciare Eurosport ai francesi di TF1. Non solo: Screensport ed Eurosport si fusero a loro volta, nel 1993, dando vita a Eurosport France ed Eurosport International (quella che si vede in Italia) e la lite finì. Nel 2000 ESPN vendette le sue quote, poi toccò a Canal+: oggi Eurosport è posseduta al 100% da TF1. Bene. Eurosport trasmette in diciotto lingue. In Italia fu prodotta, in un primo momento, dalla Rai (se non ricordo male l’indimenticato Guido Oddo si occupava del tennis: un giorno qualcuno mi raccontò che una telecronaca del torneo di Monte Carlo venne fatta con Claudio Pistolesi che parlava dal telefonino in tribuna al Country Club mentre Oddo, reso celebre da Tommasi grazie al soprannome Disguido, era negli studi Rai). Tra i vecchi telecronisti di Eurosport ricordo Angelo Mangiante, poi passato a Stream e oggi a Sky Sport; fino a due anni fa il tennis man di Eurosport è stato Antonio Costanzo, che decise di iniziare una nuova avventura con la società di betting Bwin. Abbandonata la Rai, Eurosport firmò un contratto con una società - parte del gruppo Interactive SpA - che si occupa della versione italiana di Eurosport, la Edb video. La stessa società che regge Sportitalia la quale, fino a qualche tempo fa, aveva tra i suoi azionisti proprio Eurosport. Da questo quadro vi sarà, forse, più chiaro capire perché Eurosport non si è mai “italianizzata”, diversamente da ciò che avviene in Francia e, in parte, in Germania dove ha un peso superiore. Non esiste una regia italiana, motivo per cui, per esempio, le notizie scelte per la messa in onda dei bollettini di Eurosport News non sono concentrate sullo sport italiano (mai notato la presenza costante delle partite di Ligue 1 nei bollettini?) o - cosa che agli appassionati giustamente dispiace - non è possibile per noi italiani scegliere quale campo seguire durante un torneo dello Slam o quali partite trasmettere nel corso di una tappa Atp e Wta. Se mi avete seguito fin qui comprenderete anche perché, diversamente da ciò che molti pensano, non è Eurosport che “sequestra” tre Slam su quattro e impedisce a Sky di trasmetterli come tutti vorremmo fossero trasmessi (regia personalizzata, giornalisti in loco, dirette multicampo): Eurosport non vanta esclusive in Italia, chiunque potrebbe acquistare i medesimi diritti e utilizzarli. Insomma: mi capita, ogni tanto, di sentirmi uno straniero in terra italiana, o viceversa… Per la stessa serie: qualche anno fa Tommasi mi spiegò l’origine di un altro soprannome di sua invenzione, sopravvissuto allo scorrere degli anni. Si tratta di Trafelati. A voi scoprire quale celebre giornalista di tennis viene chiamato, a tutt’oggi, Trafelati in sala stampa.

E’ arrivata la Masters Series Tv tennisitaliano.it http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/

L’avrete già notata dalla prima parte del week-end scorso. Siamo nella settimana del primo Masters-Series 2008, quello Californiano di Indian Wells. E sul nostro sito approda la Masters-Series Tv, grazie alla collaborazione sempre più intrecciata tra la nostra testata e l’Atp, l’associazione che gestisce il tennis mondiale maschile. Un contenitore che vi permetterà di vedere quotidianamente contenuti, interviste, immagini e highlights dei nove tornei del circuito (Indian Wells, Miami, Monte-Carlo, Roma, Amburgo, Toronto, Cincinnati, Madrid e Parigi. Oltre alla Masters-Cup di Shanghai). Fino a ora abbiamo scaldato i motori, due o tre giorni di rodaggio, per capire che a livello tecnico tutto funzionasse al meglio. E adesso siamo pronti per il via. I contenuti, li vedete sotto il video, per ora si tratta di un riepilogo dell’edizione 2007, gli highlights della finale tra Nadal e Djokovic, e di una presentazione del torneo. Ma con il via delle gare, previsto per domani quello del tabellone maschile, il contenitore si concentrerà sulla strettissima attualità californiana. La Masters Series Tv, così come è nata e continua a vivere su www.atpmastersseries.tv, permetterà in futuro anche di seguire, pagando un abbonamento che può essere giornaliero, mensile o annuale, tutti i match in diretta. Ma allo stato attuale delle cose questioni di dirittti televisivi vietano che questo servizio sia fruibile in Italia (come anche in Spagna, Francia e Brasile). Abbonandosi però sarà possibile avere sempre a portata di click tutti gli highlights dei match. tutte le interviste e i format di approfondimento che via via vengono caricati e trasmessi.

UN TELECOMANDO ON-LINE… Il Resto del Carlino http://ilrestodelcarlino.quotidiano.net/

Ecco il video-player come appare in home page Tennista chiede maxi risarcimento alla federazione

Manuel Jorquera ha chiesto un risarcimento di un milione e mezzo di euro per una storia che va avanti oramai da sedici anni. Nel 1992 il tennista s’infortuna al polso destro ma secondo i genitori non è stato adeguatamente curato. All’epoca era il campione mondiale della categoria under 14, ma dopo la frattura a un polso nel centro federale di Cesenatico aveva dovuto star fermo tre anni. Stiamo parlando di Manuel Jorquera, tennista di origini argentine ma fermano di adozione, che ha chiesto un risarcimento alla Fit, Federazione italiana tennis, di circa un milione mezzo di euro. Ieri nel tribunale di Fermo si è consumata l’ennesima puntata di una storia che va avanti da quasi 16 anni. Davanti al giudice Diana Caminiti sono comparsi Paolo Bertolucci, attuale commissario tecnico della nazionale, all’epoca dei fatti responsabile dei centri federali, il legale della Fit, Michele Brunetti, e Jorquera assistito dall’avvocato Mariano Franchi. E’ stato il giorno della chiusura dell’istruttoria; dalle prossime udienze inizierà l’audizione dei testimoni. La storia inizia nel 1992, quando il tennista si infortuna a causa di una caduta che gli provoca la frattura del polso destro. Un infortunio che, a detta dei genitori di Jorquera, allora 13enne, non venne subito adeguatamente curato. Sta di fatto che i problemi con il braccio destinato a impugnare la racchetta si protraggono per molto tempo, tanto che il talento italo-argentino scompare dai tabelloni internazionali per circa tre anni e solo a 18 torna a giocare ad alti livelli. Jorquera oggi ha 29 anni, vive a Grosseto e gioca ancora a tennis. Ieri è tornato nella sua Fermo: “Qui ho ancora tanti amici e vorrei mandare un saluto a tutti. Quello che chiedo al giudice è il riconoscimento del danno subito a partire da tutti gli sponsor persi”. Bertolucci all’uscita dal tribunale ha pronunciato poche parole: “All’epoca ero responsabile del centro giovanile nazionale e quindi le responsabilità oggettive sono cadute anche su di me. Ma io non ho commesso alcuna negligenza”.

Massimo Sartori dopo le vittorie di Andreas Seppi su Hewitt e Nadal TennisTeen.it http://www.tennisteen.it/angolo-del-coach/

Rudolf Meraner ha contattato per noi il coach di Andreas Seppi, Massimo Sartori, e ha fatto il punto della situazione, partendo dalle ottime vittorie di Seppi nell’ultimo periodo, in primis quelle su Hewitt e Nadal. Il vostro obiettivo per questi quattro tornei indoor di febbraio era di fare molto bene un torneo. Andreas ha vinto il challenger di Bergamo ed è arrivato ai quarti nel torneo di Rotterdam, quindi ha ben figurato in due tornei. Soddisfatto? Si sono molto soddisfatto. È stato un buonissimo periodo, abbiamo alzato il livello, abbiamo vinto delle partite importanti come quelle contro Hewitt e Nadal. Andreas ha vinto un torneo, quindi ha giocato con molta continuità per una settimana intera. Siamo veramente soddisfatti e continuiamo nel nostro lavoro. Qual è l’obiettivo per la stagione americana all’aperto? L’obiettivo è quello di riuscire ad esprimere ancora questo livello in tornei importanti come sono quelli di Indian Wells e Key Biscayne. Vogliamo riuscire a giocare più di qualche turno. Penso che Andreas può fare bene in America, è pronto, è tranquillo, è carico. Il livello di gioco è buono e se riesce ad esprimerlo all’aperto, magari con un po’ di fortuna nei sorteggi, potrà fare bene. Cosa significano queste vittorie contro Hewitt e Nadal per te e per Andreas? Significano che c’è più consapevolezza dei propri mezzi tennistici da parte di Andreas. Ha più coscienza di quello che vale, di quello che lui può ottenere da se stesso. Per quanto riguarda gli allenatori, quindi tutto lo staff, significa che dobbiamo continuare su questa strada, che sicuramente ci può dare delle grandi soddisfazioni e che ci può portare ad un grande obiettivo. Quest’anno Andreas quasi sempre è partito da uno 0-3 o 0-4. Cosa stai facendo per risolvere questo problema? No, no (e ride). Adesso devo stare dalla parte di Andreas. Con Nadal è partito con un break ed è andato sopra per 1-0 poi ci sono stati due o tre game abbastanza strani. Lui giocava bene e Nadal giocava in modo particolare, lì Andreas ha avuto un po’ di confusione nel suo modo di giocare, ma si è ripreso subito. Nella partita con Soderling è arrivato alla palla break nel primo game, anche se con un punto un po’ fortunoso. Anche a Bergamo Andreas è quasi sempre partito bene. Secondo me non è un grosso problema, manca solo la coscienza di essere pronti e giocare subito. È più un problema mentale o fisico? No secondo me non è un problema né mentale né fisico ma è un problema di attivazione, di essere da subito pronti a giocare. Con Andreas abbiamo parlato di questo e mi ha rassicurato che adesso è più tranquillo. Io ci credo perché sta dimostrando di poter risolvere questo problema. Migliorerà sicuramente. Ultimamente si è parlato molto bene del lavoro che si fa a Caldaro. Roberto Commentucci ha parlato dell’università di tennis di Caldaro. Quale importanza dai a queste affermazioni? Siamo riusciti a dare una strategia di lavoro a lungo termine ed abbiamo fatto vedere che si può portare con questo dei ragazzi con delle qualità ad esprimersi ad un altissimo livello. Penso che il lavoro sia importante ed anche le strategie di lavoro. A noi fanno molto piacere queste valutazioni, ma devo dire che è un lavoro partito dieci anni fa. Con i successi di Andreas e Karin è stato ripagato quello che le persone che stanno lavorando su questo progetto hanno messo in gioco con loro stessi e con gli atleti che si sono presi le loro responsabilità per stare ad allenarsi qui con noi. Siamo molto fieri dei nostri atleti.

Più che sul talento si deve puntare sulla forza fisica

(Le affinità tra il tennis e la musica)

Massimo Rossi, libero del 12-03-08

Lunedì sera a Milano sono stato a un bel concerto, bene organizzato dalla mia amica Martella in favore dell’associazione italiana dislessia. Bella musica e bella gente, ma quello che contava era comunque esserci, per contribuire a finanziare una ricerca che a ben vedere è a vantaggio di tutti, perché sostanzialmente volta a scoprire come mai i nostri amici dislessici sono più bravi e intelligenti di noi. Direte, ma che ci azzecca tutto questo con il tennis? Ci azzecca perché uno degli ospiti della serata era il famoso Mogol, che nel ricordare la sua lunga e straordinaria vita di autore e di musicista ha detto una frase che mi ha colpito: «è da molto tempo che ho preso le distanze dal talento». Per poi spiegare che in tanti anni di onorata camera tutti i musicisti che lui ha visto ottenere successo erano quelli che avevano lavorato di più e avevano studiato di più; il talento non c’entrava niente, anche perché il cosiddetto talento è cosa difficile da definire e da configurare in schemi oggettivamente riconoscibili. Inutile aggiungere che per me è stato un attimo accostare gli stessi concetti allo sport del tennis. Anzi, se il talento, a detta di un grande maestro come Mogol, è poco rilevante parlando di musicisti, figuriamoci se questa irrilevanza non si ingigantisce parlando di atleti, e cioè di professionisti prima di tutto della fisicità e solo dopo della tecnica di gioco. Lo stesso Federer non deve ingannare con lo stile perfetto dei suoi colpi. Roger ha infatti un fisico straordinario e una enorme capacità di resistenza sia atletica che mentale, poi applica anche un’ottima tecnica, che a molti fa gridare al talento. Ma a ben vedere, così come in ogni campo delle attività umane anche nel tennis la tecnica cambia periodicamente, e quindi diventa difficile definirla in termini assoluti e storicamente immutabili. Insomma, soprattutto nel tennis moderno quello che è imprescindibile è la capacità fisica del giocatore; dopo, se c’è, va bene anche il talento. Questo, per fortuna, è quello che insegnano attualmente in Italia i coach dei nostri giovani più promettenti, a partire dalla Knapp e da Seppi, curati a dovere da Massimo Sartori in quel di Caldaro. Non me ne vogliano Karin e Andreas, ma è diffìcile definire entrambi come giocatori di talento. La loro forza, che li porterà molto in alto, è la serietà del lavoro sul campo, necessaria per creare quegli “automatismi” che il grande Mogol ritiene indispensabili al musicista per avvicinarsi alla perfezione, non solo della semplice esecuzione ma anche dell’interpretazione del pezzo musicale. Figuriamoci al giocatore di tennis.

Quali Indian Wells: Fognini, rimonta vincente TennisTeen http://www.tennisteen.it/notizie/ Fabio Fognini riesce nell’impresa di rimontare uno svantaggio di 0-6 2-4 contro Warburg nel primo turno delle qualificazioni del Master Series di Indian Wells, e alla fine è lui ad accedere al turno decisivo. Ha inizio col tabellone di qualificazione il primo Master Series della stagione, quello che si disputa sui campi in cemento outdoor di Indian Wells, nel bel mezzo del deserto statunitense. Unico italiano in corsa nel torneo cadetto è Fabio Fognini che ha avuto la meglio al primo turno contro il giocatore di casa, Warburg, in tre set dopo una rimonta rocambolesca. Il match di certo non comincia bene per il tennista di Arma di Taggia, che cede il primo set per 6-0 senza minimamente dimostrare di essere entrato in partita, da segnalare i tanti doppi falli commessi ad inizio match. Dopo sette games consecutivi per lo statunitense, Fognini riesce a sbloccarsi, e realizza il break nel terzo game del secondo set, prima di subire il controbreak che rimanda il match in parità: 2-2. La partita sembra avviarsi alla conclusione quando Warburg si porta sul 6-0 4-2, e per di più col servizio a disposizione. Sembra finita, e invece no; “Fogna” comincia la sua rimonta portandosi sul 4-4, sul 4-5 annulla un match-point con una seconda di servizio, e arriva, arrancando sul 5-5, per poi trascinarsi al tie-break. Tie-break dominato dal tennista italiano che lo chiude 7-2 portando quindi la partita al terzo e decisivo set. Nel quarto gioco arriva il break che praticamente consegna il match nelle mani dell’azzurro che successivamente realizza un ulteriore break chiudendo 0-6 7-6(2) 6-2. Al turno di qualificazione Fognini troverà Odesnik, che ha demolito Hrbaty 6-1 6-0 in 45 minuti. In caso di sconfitta il ligure sarebbe comunque il primo nella lista dei lucky loosers, ma l’importante è vincere… IL MONACO DANAI Tennis.it

http://www.tennis.it/article.aspx?id=1735&Descrizione=A+tutto+campo

Udomchoke, n.1 thailandese, decide di vestire gli abiti monacali buddisti per riacquistare la calma e la serenità. Il tennista thailandese Danai Udomchoke è stato ordinato monaco buddista in un tempio di Bangkok. “Pik”, soprannome con cui viene chiamato in casa, ha commentato questa scelta: “Era da tempo che volevo fare questa cosa, ed ora è arrivato il momento giusto”. Il 27enne asiatico pensa forse di ripercorrere le orme del suo connazionale Paradorn Srichaphan, vero n.1 nazionale, ora fermo a causa di un problema al polso destro (operato a Los Angeles lo scorso ottobre). Il famosissimo Paradorn detto “Ball”, che era arrivato ad occupare la posizione n.9 del ranking Atp nel maggio 2003 diventando un idolo in patria, aveva infatti organizzato la sua investitura monacale già nel 2005. Così, dopo essersi rasato a zero i capelli e aver indossato la classica veste buddista, si ribattezzò “Mahaviro”, che in lingua thai significa “grande e coraggioso”. Danai, che pensa di risollevare le sorti della sua carriera tennistica (n.197 del ranking Atp) attraverso la meditazione buddista ha dichiarato: “Il mio obiettivo è quello di trovare la calma per poter migliorare il mio gioco. Mi dovrei ritirare in un monastero buddista per almeno 15 giorni se non di più, ho bisogno di tranquillità.”

Navratilova riacquista nazionalità ceca Eurosport

http://it.eurosport.yahoo.com/ticker/hub/tennis/?item=1507154

Dopo oltre 30 anni l’ex campionessa di tennis Martina Navratilova torna ad avere la nazionalità ceca. Il suo paese natale le ha infatti restituito la nazionalità. “Ce l’ho da gennaio” - ha fatto sapere la 51enne Navratilova che in questi giorni è a Tokyo per disputare alcune partite amichevoli, in particolare con la tedesca Steffi Graf. La nazionalità ceca le era stata tolta quando emigrò nel 1975 dalla Cecoslovacchia comunista negli Usa per portare avanti la sua brillante carriera. Secondo quanto da lei recentemente raccontato, il regime totalitario all’epoca della guerra fredda non le permise di partecipare ai tornei di tennis negli Usa ostacolando così la sua carriera. La Navratilova viene spesso nella Repubblica ceca e in futuro ha deciso di viaggiare con il passaporto doppio, ceco e americano. WTA Indian Wells - Sharapova-Ivanovic, la sfida delle miss Eurosport

http://it.eurosport.yahoo.com/11032008/45/

Sul cemento di Indian Wells, senza la Henin e le sorelle Williams, saranno la testa di serie numero uno Ana Ivanovic e la vincitrice dell’Australian Open Maria Sharapova le principali favorite per il sucesso finale. el tabellone di Indian Wells Maria Sharapova è appena la quarta testa di serie ma è la maggiore candidata al titolo. La siberiana quest’anno ha giocato solo due tornei (Australian Open e Doha) oltre ai due singolari di Fed Cup, ma quando è scesa in campo ne è sempre uscita vincente. A Melbourne non ha perso un set, in Qatar ne ha lasciati per strada solo due e in ogni caso il suo dominio è apparso incontrastabile. Il Pacific Life Open vedrà ai nastri di partenza sei delle prime dieci giocatrici del mondo. Le assenze sono pesanti (mancheranno la numero 1 Henin, le sorelle Williams e la Chakvetadze) e anche per questo la corsa della Sharapova verso il suo terzo sigillo stagionale sembra essere tutta in discesa. Sulla carta l”avversaria più temibile è la serba Ana Ivanovic, prima testa di serie. E se i pronostici verranno rispettati, il remake della finale dell”Open d”Australia avrà luogo questa volta in semifinale, mentre dall”altra parte del tabellone si dovrebbe riproporre il duello Russia-Serbia con Jelena Jankovic destinata a incontrare Svetlana Kuznetsova.Questo, almeno, sulla carta, perché diverse tenniste hanno le potenzialità per trovare un posto tra le prime quattro; una su tutte, la slovacca Daniela Hantuichova, campionessa uscente e immensamente affezionata a un torneo che da giovanissima la fece salire agli onori della cronaca (2002) per poi rilanciarla dopo un periodo di crisi (2007). l buon momento del tennis italiano ha fatto sì che ben quattro delle cinque azzurre entrate di diritto nel tabellone principale fossero comprese tra le teste di serie e in quanto tali riceveranno un bye al primo turno: si tratta di Garbin (31), Pennetta (19), Schiavone (13) e Knapp (23) mentre Sara Errani all’esordio affronterà la wild card statunitese Angela Haynes.

Federer batte (con fatica) Sampras in esibizione La Stampa

http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/tennis/

Quarta esibizione tra i due tennisti più forti degli ultimi anni

Non ha tradito le attese dei 19.690 spettatori che hanno gremito il Madison Square Garden di New York la quarta esibizione tra Roger Federer e Pete Sampras. La sfida tra i due giocatori che hanno dominato gli ultimi quindici anni è andata, per la terza volta in quattro occasioni, al 26enne svizzero, che si però è imposto sul 36enne Sampras, ritiratosi nel 2003, soltanto al tie-break valido come terzo set, vinto 8-6. In precedenza, il numero uno del mondo aveva vinto la prima partita 6-3 ma nella seconda Sampras era riuscito a portarlo al tie-break imponendosi 7-4.

Al di là del risultato, tuttavia, lo spettacolo l’hanno fatto gli scambi dei due campioni. A tratti, molti hanno rivisto il Sampras dei tempi migliori e Federer, stando ai chilometri percorsi e all’intensità dei colpi, ha dovuto dare il massimo per superare l’ex numero uno del mondo, detentore del record di titoli del Grande Slam (14).

Tanti i vip presenti sugli spalti, a cominciare da un entusiasta Tiger Woods. «È stata una grande notte di tennis», ha commentato Sampras. «Non credo - ha aggiunto Federer - che oggi contasse la vittoria. Quello che contava era dare il massimo e divertirci». L’esibizione odierna ha permesso allo svizzero di intascare un milione di dollari, qualcosa in meno è andato a Sampras. I due non hanno escluso di tornare presto a sfidarsi.

(Roger: “voglio dimostrare di essere ancora il migliore”)

Massimo Lopes Pegna, la gazzetta dello sport del 11-03-08

Roger Federer si presenta al ristorante Jumeirah, su Central Park, con una buona cera, non certo la faccia di uno che per quasi due mesi è stato messo k.o. dalla mononucleosi. Ieri séra ha giocato l’esibizione con Pete Sampras (la quarta) dentro al Madison Square Garden (non ci era mai entrato: né da giocatore né da spettatore): era solo il suo secondo match dopo la semifinale persa agli Australian Open contro Djokovic il 25 gennaio, quando la malattia ormai contaminava il suo sangue dalla fine di dicembre. Poi, lo svinerò, al rientro, aveva perso la settimana scorsa in Dubai al primo turno con Andy Murray. Federer, come si sente adesso? «Sto bene. E’ stato difficile tornare a giocare, ma ora andrà sempre meglio». Dopo essere stato fermo diverse settimane, la sua preparazione ne avrà sicura-mante risentito. E’ cosi? «Fino a 15 giorni fa ero indietro, perché non potevo allenarmi a pieno regime. Poi i dottori mi hanno dato l’ok e allora mi sono messo sotto e ora sto recuperando il tempo pèrduto. Ho solo bisogno di giocare e la partita contro Sampras è arrivata al momento giusto. Per Indian Wells dovrei essere pronto». Lo sa che qualcuno la dava ormai in declino? «Infatti. Ai giornali svizzeri (passa al tedesco ma il tono è scherzoso, ndr), che mi definivano un rottame, dico: sto bene». Lei aveva del problemi già durante gli Australian Open, però la malattia glie l’hanno diagnosticata solo un mesetto fa. Non pensa che se avesse scoperto di avere la mononucleosi un po’ prima, forse ora si troverebbe in una forma fisica migliore? «Quando sono stato male a Melbourne ho visto tre dottori e tutti mi hanno detto la stessa cosa: avvelenamento da cibo. Dovevo fidarmi. Però il malessere non mi andava via. Cosi sono tornato in Svizzera per farmi testare e finalmente ho capito ciò che avevo. Ma non credo di aver perso tempo: fino a Dubai non avevo comunque messo in programma nessun altro torneo». Perché ha parlato dalla sua malattia solo pochi giorni fa? «Perché sono uno che non cerca scuse. Difficilmente rivelo immediatamente i miei infortuni. In Dubai, dopo la sconfìtta con Murray, l’ho detto perché mi sentivo ancora stanco, la preparazione non era eccellente e così ho preferito raccontare tutto. Meglio che questa faccenda sia saltata fuori in Dubai che non a Indian Wells dóve ci sono sempre un sacco di giornalisti». Con tutti questi nuovi ragazzini prodigio in giro e la sua flessione, seppur dovuta alla malattia, c’e’ già chi dice che il suo regno come numero Uno stia al tramonto. Che cosa risponde? «Ho giocato solo due tornei quest’anno e ho perso due partite. Sarebbe un po’ ingiusto nei miei confronti considerarmi in fase calante. E comunque sono gli episodi negativi come questi che mi danno enorme carica e motivazione: voglio dimostrare di essere ancora il migliore. Ho molta più voglia adesso di allenarmi che non quando ero più giovane e giocare sui campi centrali di tutto il mondo mi trasmettete stessa grandissima eccitazione dei primi anni». Dunque la vedremo in giro ancora a lungo. «Si, se il fisico reggerà voglio fare come Agassi e Sampras e giocare per molti anni: almeno fino all’Olimpiade di Londra del 2012, A proposito, vincere la medaglia d’oro a Pechino sarà uno dei grandi obiettivi di quest’anno», .

Indian Wells Masters - Federer-Nadal, l’ora del riscatto Eurosport http://it.eurosport.yahoo.com/10032008/45/

Scatta questa settimana a Indian Wells il primo Masters Series della stagione. I due più forti tennisti del mondo sul cemento californiano vogliono tornare alla vittoria in una stagione iniziata al di sotto delle aspettative. L’elite del tennis mondiale fa tappa in California per il Pacific Life Open, secondo vero banco di prova dopo lo Slam di Melbourne. Quest’anno Roger Federer ha giocato con il contagocce: solo due tornei, in Australia, eliminato in semifinale da Djokovic, e a Dubai, sconfitto da Andy Murray al primo turno. Lo svizzero ha recentemente giustificato questo periodo di appannamento con la mononucleosi che si è trascinata per diverse settimane (o si trascina tuttora..). “Adesso sto bene” - ha assicurato il campione di Basilea, ma esiste anche nel tennis un precedente poco incoraggiante, quello del croato Mario Ancic che per lo stesso motivo è rimasto fermo sei mesiInsomma, è improbabile che Federer perda due volte consecutive da Canas (come accadde lo scorso anno a Indian Welle e a Miami) ma con i primi due Masters Series ormai alle porte le sue condizioni di forma rimangono una incognita. Quel che è certo è che il suo trono di numero uno del mondo non è a rischio, almeno nelle prossime due settimane di torneo. E’ vero che con la sconfitta di Dubai il margine di vantaggio nei confronti del più diretto inseguitore, Rafael Nadal, si è ridotto a soli 350 punti (Fed Express non accusava un margine così ristretto non dal 10 maggio 2004, quando a tallonare lo svizzero c’era Andy Roddick); tuttavia l’eventuale “passaggio di consegne” non potrà avere luogo a Indian Wells perché Nadal è campione uscente e in quanto tale dovrà difendere 500 punti, mentre Federer lo scorso anno perse al 1° turno e dunque ha solo 5 punti a scadenza. Anche Nadal in questo inizio di stagione è ancora a secco di vittorie, perché il maiorchino dopo aver perso (male) la finale di Chennai si è fermato in semifinale all’Australian Open, al secondo turno a Rotterdam e nei quarti a Dubai. Sembra avere maggiori credenziali il serbo Novak Djokovic, vincitore dell’Australian Open e battuto proprio da Nadal nella finale di Indian Wells del 2007. Dovendo aggiungere qualche altro nome nel novero dei possibili vincitori, anche Dubai insegna che non vanno sottovalutati gli outsider: il francese Tsonga vorrà dimostrare che la finale in Australia non è stata un semplice fuoco di paglia. Attenzione anche agli statunitensi James Blake e Andy Roddick, quest’ultimo in particolare, che ha trionfato negli Emirati Arabi battendo sia Nadal che Djokovic (ma il cemento di Indian Wells non è veloce come quello di Dubai). Capitolo italiani: sono quattro i tennisti azzurri entrati direttamente nel tabellone principale: in rigoroso ordine di classifica Starace, Seppi, Volandri e Bolelli. Stando alle attitudini tecniche e alla loro adattabilità alla superficie, qualche chance di andare avanti ce l’hanno soprattutto l’altoatesino e il bolognese, ma molto ovviamente dipenderà dal sorteggio. Bolelli in California ha buoni ricordi perché lo scorso anno raggiunse il terzo turno partendo dalle qualificazioni, risultato che per la prima volta lo proiettò verso la sospirata soglia dei top 100 e che attualmente rimane (assieme alla semifinale di Zagabria dello scorso febbraio) la sua migliore performance a livello ATP.

Bangalore. Vince Serena, un anno dopo… Matchpoint.it http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1455

Serena Williams torna al successo a Bangalore, a quasi un anno di distanza dalla sua vittoria a Miami, nel marzo 2007, che segui’ l’exploit degli Australian Open. L’americana ha battuto Patty Schnyder 75 63 in poco meno di un’ora e mezzo di gioco. E’ la prima volta che vince in India, ed e’ il 29mo titolo della sua carriera. Patty veniva da due vittorie consecutive nei confronti della Sister più piccola, conquistate entrambe l’anno scorso, a Roma e Zurigo. Ma non le è riuscito il terzo colpo, e dovrà pazientare ancora per tornare a sollevare un trofeo, cosa che non le riesce dall’estate 2005. Serena, vittoriosa in semifinale (al tie break del terzo set) sulla sorella Venus, ha fatto vedere di essere tornata in buona forma, ed ha condotto il gioco dall’alto della sua potenza. Malgrado la regolarita’ della sua prima palla di servizio (65%), la Schnyder non e’ riuscita a mettere in difficolta’ Serena negli scambi da fondo, ed ha finito per subire i momenti importanti del match. Serena si e’ procurata nove palle break, ne ha convertite due.

Riscossa Roddick? Linea di Fondo http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/blog

La vittoria ottenuta al torneo di Dubai rilancia definitivamente Andy Roddick? Non ne sono convinto. Credo, come ho detto in telecronaca, che sia la sua più bella vittoria dagli US Open 2003, superiore ai successi ottenuti a Miami (2004) e Cincinnati (2006), ma ho l’impressione che la velocità delle palline (Head) lo abbiano aiutato notevolmente. In cinque partite non ha mai subito un break, annullando tutte e tredici le palle break che ha dovuto fronteggiare (5 con Mathieu, 6 con Nadal, 2 con Djokovic). Ha messo a segno 84 ace commettendo 5 soli doppi falli. In poche parole, DEVASTANTE! In alcune circostanze è tornato a fare molto male con il dritto, come ai bei tempi, cercando di spostarsi nell’angolo sinistro per giocare lo sventaglio. L’esempio più eclatante è stato il punto che gli ha regalato il mini-break con Nadal sul 5-5 del tiebreak. Complimenti quindi ad A-Rod, ma prima di convincermi che possa realmente attaccare uno dei primi tre posti mondiali, voglio vederlo a Indian Wells e Miami. Con palle più ‘pesanti’ (Penn) non riuscirà a ottenere così tanti punti con il servizio. Staremo a vedere. Dopo il successo lo statunitense si è comunque sfogato, dicendo: ‘Se andiamo a vedere il mio bilancio contro i primi dieci, ad eccezione di Roger Federer, è piuttosto buono, se prendiamo in considerazione il fatto che, sì ho un ottimo servizio, ma non so giocare al volo, non ho un rovescio e il mio dritto non fa più male come un tempo. E potrei anche continuare. Devo riuscire a capire come mai…’

Visto che ne ha parlato, ecco il suo bilancio contro gli attuali primi dieci: 1 Federer: 1-15 2 Nadal: 2-2 3 Djokovic: 1-1 4 Davydenko: 5-0 5 Ferrer: 2-3 7 Nalbandian: 3-2 8 Gasquet: 2-1 9 Blake: 6-2 10 Berdych: 2-1

In negativo solo con Ferrer, Roger a parte. Forse, un po’ di ragione ce l’ha, anche se resto della mia idea: di rovescio non passa quasi mai, e per questo motivo dovrebbe evitare di farsi attaccare. Per far sì che questo succeda deve prendere in mano lui il gioco con il dritto e non accettare di palleggiare sulla diagonale di rovescio o di remare tre metri dietro alla riga di fondo come gli è successo contro Kohlschreiber a Melbourne. Il successo di Dubai dovrebbe avergli dato molta fiducia, ora devo sfruttare questo motivo positivo, a partire da IW.

Wilson vs Wilson Linea di Fondo http://www.tennisitaliano.it/edisport/tennis/blogTennis.nsf/

L’altro ieri mi è capitato di parlare delle racchette Wilson durante la telecronaca e ho notato che diverse persone volevano avere maggiori dettagli. Premetto che non ho provato tutte i telai di cui sto per scrivere in maniera approfondita. Le Blade, per esempio, le ho prese in mano senza preoccuparmi della tensione o delle corda e ci ho giocato per soli 20 minuti. Inoltre, il mio parere è soggettivo: stavo cercando una racchetta perchè le mie ormai erano vecchie e, quindi, ne volevo uno che piacesse a me, che si adattasse al mio tipo di gioco: da fondocampo; che mi aiutasse in spinta, ma non troppo e che mi piacesse anche esteticamente. Infine, voglio rammentare a tutti quanti, che le corde sono fondamentali. Puoi comprare una racchetta perfetta per il tuo tipo di gioco, ma se poi ci metti su una corda orribile, non la userai mai! (K) Six.One Tour E’ la racchetta che usa Roger Federer. L’ho presa solamente in mano ed è una mazza, estremamente rigida. L’ovale è di 90 pollici, quindi, per chi fa fatica a prendere la palla al centro, meglio lasciare perdere. Il peso è di 340 grammi (senza le corde, che sono 16×19). Quindi, quando colpisci bene ti parte un missile, ma per colpire bene, devi arrivarci bene, altrimenti non ti aiuta affatto. Inoltre, essendo piuttosto pesante come racchetta, forse è il caso di fare un po’ di palestra prima di prenderla in mano. (K) Six.One 95 18×16 La differenza con la racchetta precedente è l’ovale più grande (95 pollici) e le corde (16×18). Meno corde significa più potenza, più rotazione e meno controllo. Pesa leggermente meno (332, poi dipende da telaio a telaio, non escono tutti uguali). A me non piacciono le racchette con poche corde perchè si spostano in continuazione e mi innervosisce doverle rimettere a posto dopo ogni punto! (K) Six.One 95 20×18 La racchetta che ho preso. Ho maggiore controllo rispetto alla 16×18 e non cala troppo la spinta. L’unico dubbio che mi rimane è se spostare leggermente la bilanciatura e mettere qualche peso in testa, ma lo verificherò quando inizierò a giocare all’aperto. In questo momento è bilanciata a 31. Spinge molto, anche per quanto riguarda i colpi sopra alla testa e resta sufficientemente maneggevole se giochi la palla dal basso verso l’alto. (K) Tour E’ la racchetta che usa Justine Henin. Rispetto alle due racchette precedenti è più leggera (290-300 grammi) ed è bilanciata più in testa (32,5). Sensazione sulla palla è stata ottima e la consiglio ai giocatori che trovano le precedenti troppo pesanti. Per un professionista uomo è leggera, per una donna è perfetta! Va benissimo anche per i più giovani o per i quarta categoria non troppo potenti. (K) Blade Tour La racchetta di Novak Djokovic. Ha un ovale di 93 pollici, pesa s ui 32o grammi ed è bilanciata sui 31,5. Per i miei giusti l’ovale è un po’ piccolo, non prende tantissimo la rotazione, ma se colpisci piatto o giochi molti back è fantastica. (K) Blade 98 Cambia l’ovale, che passa a 98 ed è più leggera rispetto all’altra Blade. Lo ’sweetspot’ aumenta per forza di cose ed è sicuramente una racchetta più ‘facile’. Spero sia tutto chiaro. Ribadisco che queste sono le sensazioni che ho avuto io e che probabilmente non avrete voi. Chi volesse aggiungere le proprie impressioni è il benvenuto ovviamente.

Boesso: “Knapp, che potenziale” Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/

Marco Boesso, allenatore di Karin Knapp, è soddisfatto dell’inizio di stagione della sua allieva, è guarda già avanti.

Marco, il 2008 è iniziato bene? Direi di si, tranne in Australia Karin sta giocando bene. L’obiettivo resta sempre restare nei primi 40? Lo scorso anno Karin ha fatto di più di quanto mi aspettavo, anche quest’anno è partita meglio. Se resta nei primi 40 io sono contento. Perchè confermarsi è più duro di salire le classifiche…. Esattamente. Poi quest’anno con Karin stiamo facendo un programma impegnativo. Le ho chiesto di giocare tutti i tornei più importanti per fare esperienza. La Knapp ha avuto difficoltà in Australia a gestire la tensione, adesso come va? Si è vero in Australia eravamo “arrabbiati” perchè aveva giocato male, perchè sentiva la tensione della partita. Nella sua testa gli Slam sono molto importanti e non riesce ancora a gestire bene questo tipo di tensione. Per questo giocare i tornei importanti può essere per lei molto utile. Perchè non siete andati a giocare sulla terra rossa alla ricerca di punti facili? Perchè volevo che Karin restasse a seguire le tenniste maggiori. Ti faccio un esempio, la Knapp ha seguito la Henin ad Anversa, ha visto che anche senza giocare bene nei primi turni la numero 1 del mondo ha lottato per vincere. Vedere dal vivo una giocatrice di tale caratura giocare e combattere su ogni palla è un insegnamento importante. Karin ha confessato che il sogno è essere testa di serie al Roland Garros, giusto? Si, abbiamo visto che se facciamo bene negli Stati Uniti possiamo essere teste di serie a Parigi. Sarebbe splendido! Parliamo del tuo intervento nel match di Anversa fra la Knapp e la Schyder. La partita sul 6-5 per la svizzera sembrava finito, cosa le hai detto? Niente di particolare. Aveva semplicemente perso la concentrazione, dimenticandosi come doveva giocare. Io le ho riordinato le idee. Comunque il mio intervento era stato decisivo anche in precedenza nel torneo. Quindi sei favorevole a questa norma che invece l’ATP ha ribadito di non voler applicare In realtà non saprei dire. Credo che sia utile per le giovani tenniste, ma non sono pienamente favorevole. La Knapp tende ancora a fare confusione in campo? Si ogni tanto si. Il nuovo servizio come va? In Australia aveva messo a segno qualcosa come 17 doppi falli. Non era colpa del servizio! Karin era molto tesa, ha giocato male per la tensione. Anche il servizio ha risentito di questo nervosissimo. Si trova bene con il servizio, e adesso abbiamo fatto una piccola modifica sul movimento. Secondo te è più forte sul rosso o sul veloce? Lei è nata sul rosso, ma per me il suo gioco si adatta benissimo al veloce. Dopo Anversa possiamo dire che la Knapp ha un grandissimo potenziale? Diciamo che ha un livello massimo molto alto, ma manca di continuità. Dobbiamo essere bravi noi ad aiutarla a crescere. Non abbiamo mai avuto una tennista così giovane così avanti in classifica e con un tennis così potente. Karin ha un grande potenziale, ma non dobbiamo aver fretta. Senti la pressione di dover allenare una così grande speranza del tennis italiano? Pressione no, sento la responsabilità. Ma Karin è molto matura, faremo sicuramente bene Perchè il tennis femminile italiano va meglio di quello maschile? Non credo. Secondo me era vero nel passato, ma adesso le cose stanno cambiando. Ormai anzi siamo sullo stesso livello. Se vedi infatti adesso le speranze femminili sono solo la Knapp e l’Errani ed in quello maschile Fognini e Bolelli. Siamo lì ormai. Dal Web

ATP Dubai - Roddick completa l’opera

Eurosport http://it.eurosport.yahoo.com/ Lo statunitense ha vinto il torneo di Dubai sconfiggendo in finale lo spagnolo Feliciano Lopez con il punteggio di 6-7 6-4 6-2

Quella di Dubai è stata per Andy Roddick una settimana da incorniciare. Un tennista che è stato in grado di salire sul trono di numero uno del mondo è abituato a calcare i palcoscenici del grande tennis ma per l’americano la vittoria negli Emirati Arabi rappresenta uno dei risultati più importanti degli ultimi anni. Che non si sa se è solo un caso, ma giunge proprio in concomitanza con il “divorzio” da Jimmy Connors. Quel che è certo è A-Rod non alzava un trofeo ATP così prestigioso da Cincinnati 2006. Il successo odierno ha forse un valore maggiore perché battere in un colpo solo Nadal e Djokovic non è impresa di tutti i giorni, ma a stupire è stato anche il modo con il quale il numero 6 del mondo ha dominato questo torneo, dal momento che non ha mai perso la battuta cedendo solo un set in finale. L’altra sorpresa di Dubai è stata Feliciano Lopez, che contro lo statunitense incassa la quarta sconfitta su quattro confronti diretti: lo spagnolo rimane saldamente in partita aggiudicandosi il primo set dopo aver rimontato uno svantaggio di 3-5 nel tie break, poi esce dal match quando sul 4-4 30-40 commette un doppio fallo. Nel terzo set un doppio break lo condanna al ko, per uno score finale che recita 6-7 6-4 6-2 a favore dell’americano. Non è mistero che Lopez sappia giocare molto bene, il problema è che lo fa ogni tanto; Roddick invece ha armi più efficaci e una maggiore continuità - almeno sulle superfici veloci - però è chiamato adesso a confermare quanto di buono ha fatto vedere negli Emirati Arabi anche nei prossimi due Masters Series, che si disputano sul cemento americano. Federer, Nadal e Djokovic sono avvisati.

ITALIANI ED INDIAN WELLS Da battere i quarti della Farina FIT http://www.federtennis.it/

Non c’è mai stato un grande feeling tra gli azzurri ed il deserto californiano. I nostri non hanno mai mostrato di gradire particolarmente il cemento infuocato di Indian Wells: unica eccezione quella di Silvia Farina (nella foto piccola), capace nel 2001 di arrivare fino ai quarti di finale prima di cedere a Martina Hingis. Per il resto poca gloria. Quest’anno sono nove i tennisti italiani compresi nelle entry-list dei due tabelloni principali: quattro in quello maschile - Starace, Seppi, Volandri e Bolelli -, e cinque - Schiavone, Pennetta, Garbin, Knapp ed Errani - in quello femminile. Per Potito Starace si tratta solo della seconda partecipazione ad Indian Wells dove lo scorso anno fu stoppato all’esordio dall’australiano Wayne Arthurs. Terza volta, invece, per Andreas Seppi che, dopo il primo turno del 2006 ed il secondo del 2007 (fermato da Verdasco) si presenta con credenziali decisamente diverse. Filippo Volandri da parte sua non ha mai fatto mistero di non gradire particolarmente le superfici rapide e sul cemento californiano, in quattro partecipazioni, non ha mai passato un turno (lo scorso anno fu sconfitto dal peruviano Luis Horna). Ci si aspetta invece molto da Simone Bolelli: per lui è un esordio assoluto ma i progressi degli ultimi tempi sono un buon biglietto d’ingresso. Tra le ragazze Francesca Schiavone è alla sua settima partecipazione: la numero uno azzurra ha raggiunto per tre volte il terzo turno (2001, 2003 e 2007) e proprio nell’ultima occasione ha ceduto alla slovacca Daniela Hantuchova, poi vincitrice del torneo. Sesta partecipazione, invece, per Flavia Pennetta, che non è mai andata oltre il secondo turno (lo scorso anno fu sconfitta dalla Dechy). La veterana azzurra di Indian Wells è Tathiana Garbin: “Tax” ha raggiunto in due occasioni il terzo turno, nel 2001 e nel 2007, curiosamente sempre fermata dalla giapponese Sugiyama. Karin Knapp nel 2007 fece solo una rapida apparizione, battuta al primo turno delle qualificazioni dalla russa Pivovarova, ma la giovane altoatesina non aveva ancora espresso il suo potenziale, mentre per un’altra giovanissima, Sara Errani, si tratta dell’esordio assoluto.

Nadal senza stimoli? Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/

La notizia arriva dal circuito e sembra attendibile. Dopo 3 anni al massimo (e forse oltre) Rafael Nadal avrebbe confidato al suo team di non avere più gli stessi stimoli di prima. La crisi di Rafa Nadal avrebbe un motivo: la mancanza di stimoli. Lo spagnolo avrebbe confidato al suo team di essere scarico, di avere difficoltà a trovare le motivazioni. Dopo 3 anni a livelli altissimi Nadal è in crisi. Rafa per tre anni non ha fallito mai un grande appuntamento sulla terra rossa. Non solo, Nadal è riuscito a vincere Parigi e poi arrivare in finale a Wimbledon, impresa non facile che costringe a sforzi enormi, soprattutto dal punto di vista mentale. Zio Toni visti i problemi di Nadal avrebbe confidato allo spagnolo di non voler andare con lui a Indian Wells e Miami. “Con motivazioni così basse io posso fare poco per te, Rafa” avrebbe confidato l’allenatore e per questo non dovrebbe andare negli States con Nadal. Toni spera di recuperare il vero Rafa per la stagione sul rosso dove il numero 2 del mondo potrebbe ritrovare stimoli e vogna di vincere.

Parla la Camerin:”Voglio tornare nelle 50″ pianetatennis.it http://www.pianetatennis.it/index.php?

“Tornare nelle prime 50”. Sta lavorando sodo Maria Elena Camerin per raggiungere il suo obiettivo entro la fine di questa stagione. “Prima o poi devo venire fuori. Ci vuole un buon risultato per riacquistare fiducia e sicurezza. Magari mi piacerebbe fare bene contro l’Ucraina se mi convocassero e potessi giocare. Chissà!”. Il prossimo appuntamento in campo per la tennista veneta sarà quello nelle qualificazioni di Miami. ”Dopodiché - conclude - prenderò parte a un paio di 75mila dollari per acquistare qualche altro prezioso punto. E poi sarà la volta di Roma. Ovviamente per me, come per tutti gli altri italiani, giocare nella capitale ha un sapore particolare. Agli Internazionali punto, dunque, a fare ancora meglio”.

A Bangalore dominano le Williams pianetatennis.it http://www.pianetatennis.it/index.php?

Nella giornata di domani l’ India potrà finalmente assistere al tanto acclamato e pronosticato derby di casa Williams, che quest’anno molto probabilmente deciderà la vincitrice det torneo WTA di Bangalore. L’unico ostacolo al dominio delle sorellone era rappresentato dalla serba Jelena Jankovic, ma la n. 4 del seeding ha pensato bene di farsi eliminare dalla semisconosciuta Jan con il punteggio di 6-3 3-6 6-3. La cinese dovrà affrontare, per un posto in finale, la svizzera Patty Schnyder reduce dall’ennesima maratona contro la n.83 del mondo Amanmuratova chiusa con il punteggio di 6-4 4-6 7-6. Le uniche che sembrano non faticare sono le Williams, che per arrivare riposate al derby di domani hanno pensato bene di asfaltare le loro aversarie . Serena ha disrtutto la n.86 Wta Rodionova con il punteggio di 6-1 6-4, mentre Venus ha dovuto faticare poco più per battere l’ex top ten (ad oggi n.21 del mondo) Vera Zvonareva con il punteggio di 6-4 6-3. E’ ormai chiaro a tutti che il derby di domani deciderà chi delle due sorelle siederà quest’anno sul trono indiano.

Intervista a Fabrizio Fanucci “Abbiamo cambiato servizio e diritto” spaziotennis http://spaziotennis.sport-blog.it/?p=698

Fabrizio Fanucci, coach di Filippo Volandri, intervistato da Alessandro Nizegorodcew e Matteo Torrioli per la trasmissione Ho Scelto lo Sport di Nuova Spazio Radio Fabrizio ci ha parlato della trasferta australiana e di quella suamdericana, delle modifiche tecniche apportate a servizio e diritto di Filippo, dei programmi futuri, oltre a rispondere alle domande degli ascoltatori, alcune davvero molto divertenti……

Tennis: agente Federer, “Ha avuto la mononucleosi”

NEW YORK - Roger Federer ha avuto la mononucleosi. A dare la notizia e’ stato il suo agente Tony Godsick, secondo cui la malattia potrebbe essere la causa delle deludenti prestazioni di inizio stagione. Federer, che non perdeva alla partita d’esordio in un torneo dal 2004, e’ stato sconfitto in semifinale agli Australian Open ed eliminato al primo turno nel torneo di Dubai. “Questo gli ha chiarito perche’ non era in grado di muoversi e perche’ non riusciva a recuperare” ha detto Godsick, che ha spiegato che la mononucleosi e’ stata diagnosticata il mese scorso dopo le visite mediche in Svizzera e Dubai. Il prossimo appuntamento sportivo del tennista svizzero e’ lunedi’ sera contro Pete Sampras in un’esibizione al ‘Madison Square Garden’ a New York. (Agr)

Dubai. Roddick si rilancia: battuto Nadal matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?

Il tennis maschile di vertice continua a rimescolare le proprie carte e anche Andy Roddick, liquidato da molti forse troppo frettolosamente come non più competitivo ai massimi livelli, ambisce a far ritorno nel giro che conta. Oggi, nei quarti della prova Atp di Dubai, lo statunitense ha sconfitto con un autorevole 76 62 il numero 2 del mondo Rafa Nadal, qualificandosi per le semifinali, dove troverà il vincente fra Novak Djokovic e Igor Andreev. A-Rod non ha mai ceduto il servizio in tutto l’incontro, mettendo a segno ben 17 ace in 10 turni di battuta, a fronte di un solo doppio fallo. La svolta del match è arrivata sul 5 pari del tie-break del primo set, dopo che l’iberico aveva sciupato nel “jeu decisif” un vantaggio di 3-0. L’americano ha ottenuto il minibreak determinante con una terrificante accelerazione di dritto anomalo, per poi chiudere il parziale alla prima occasione con un servizio vincente. Nel secondo set, dopo aver salvato una palla break con un ace nel secondo game, Roddick ha strappato la battuta all’avversario nel gioco seguente, quando Nadal ha messo clamorosamente in rete un facile diritto a campo aperto. A quel punto il 25enne del Nebraska, in piena fiducia, ha allungato fino al 51, vanificando poi, con i suoi perentori cannonball, sul 52 15-40, il timido accenno di reazione del mancino spagnolo. Nella semifinale della parte alta del tabellone, si affronteranno Nikolay Davydenko, che ha superato per 75 64 il giustiziere di Federer Andy Murray, e il sorprendente Feliciano Lopez, impostosi sul connazionale David Ferrer 64 63.

2008: I campioni tremano, è la rivincita dei “buoni” giocatori TennisTeen.it http://www.tennisteen.it/editoriali/cambio-campo/2008

Il declino di Federer, le nuove leve e…gli outsider che stanno dimostrando di valere quanto i top ten. Un’attenta analisi di Stefano Bolotta. Il trono del re vacilla più di quanto avremmo potuto pensare. Roger Federer è nudo, anzi a essere messi a nudo sono, forse per la prima volta, i suoi limiti. Una condizione atletica precaria ne evidenzia in questo inizio di stagione la scarsa aggressività alla risposta, e la difficoltà nel tenere lo scambio da fondo per via di una mobilità non proprio eccezionale. In altri sport, ad esempio le discipline di squadra, si direbbe che la voglia di vincere stia venendo meno. Ed effettivamente il campionissimo svizzero potrebbe anche essere sazio di trofei e di record. Da quattro anni saldamente al numero uno del ranking, con 12 Slam e 5 Master cup, l’appetito che spinge un tennista ad allenarsi con ferocia può aver subito un calo nello “stomaco” di Federer. Un ragazzo che ci aveva invece abituato a una condotta di vita e agonistica esemplare, da affiancare allo straordinario talento per dominare il circuito. Che sia la fine di un’era? Non ce la sentiamo di pronosticarlo, ma la realtà è che Roger, sconfitto in Australia da Djokovic e a Dubai al primo turno da Murray, stia soffrendo davvero tanto le nuove generazioni. Giocatori che, a differenza di qualche anno fa, quando lo svizzero si abbatté come un ciclone sul tennis mondiale, sanno fare molte cose e bene, pur non essendo mostri sotto l’aspetto fisico. Nadal, in questo caso, è una (piacevole?) eccezione. Forse Federer ha sottovalutato il resto della truppa a favore dello spagnolo, che non pensiamo sia attualmente il più forte dei suoi avversari. Il risultato è un dominio che scricchiola, anche se è probabile che l’immensa classe e il “tennis” che Federer possiede gli consentiranno di vincere ancora almeno a Wimbledon, durante l’anno in corso. E poi, magari, le Olimpiadi che daranno medaglie e punti Atp. Nel calcio si potrebbe dire che il ciclo della grande squadra è ormai al termine. Nel tennis, forse no. Anche se l’età di Roger, prossimo ai 27, da qualche anno è più vicina al crepuscolo (inteso come calo delle prestazioni, ndr) della carriera che non all’apice, da registrare ormai fra i 22 e i 25 anni per la maggior parte dei giocatori di talento. Il lato più positivo evidenziato dal circuito Atp nel 2008 è l’imprevedibilità che in altri sport individuali, si prenda ad esempio l’atletica, non trova eguali. Si è mai visto uno sconosciuto vincere i 100 metri in un meeting di buon livello? Oppure nel concorso del lungo, o nell’asta? Con ogni probabilità soltanto il ciclismo può regalare sorprese simili a quelle archiviate nei primi due mesi di tornei. Appena una settimana fa, nell’albo d’oro di due tornei di buon seeding e dalla discreta tradizione, si sono iscritti due nomi nuovi e inaspettati. Di sicuro a Memphis nessuno avrebbe scommesso un dollaro su Steve Darcis, belga dalla discreta classifica che lo scorso anno vinse sull’erba di Hertogenbosch ma che, a parte quell’exploit, non aveva mai fornito segnali di vita. Eppure sulla sua strada sono caduti giocatori di esperienza come Spadea, Melzer, Benjamin Becker, Bjorkman e il “caldissimo” Soderling. Un torneo quasi perfetto, come quello di Sergiy Stakhovsky a Zagabria, che alla fine ha alzato il trofeo sconfiggendo nell’ordine il gigante Karlovic, Troicki, Tipsarevic, il nostro Bolelli e Ivan Ljubicic. Eppure, in tabellone, Stakhovsky vi è entrato solo come lucky loser, cioè ripescato dalle qualificazioni. Spesso è la fortuna a facilitare le vittorie meno probabili, è vero, ma da gennaio a oggi dobbiamo registrare altre piacevoli sorprese: Kei Nishikori a Delray Beach – il 18enne giapponese che ha studiato da Bollettieri “sovvenzionato” dalla Sony – le due vittorie di un inatteso doppista come Micheal Llodra, l’hurrah di Kohlschreiber ad Auckland. Statistiche alla mano, solo il 20% dei tornei disputati sino a domenica scorsa sono stati vinti da Top Ten (4 su 20) grazie a Djokovic, Gonzalez, Nalbandian e Roddick. Questo significa che valori si stanno incredibilmente livellando ma verso l’alto; lo testimoniano le difficoltà di Federer e Nadal, l’esplosione di nuovi talenti sempre più giovani, la possibilità prima negata ai “buoni” giocatori di imporsi in alcuni tornei (ciò, naturalmente, fa sperare anche i nostri azzurri, ndr). Con una similitudine calcistica, pare di assistere a un campionato in cui una decina di squadre siano raccolte in pochissimi punti, con chance di scudetto e qualificazione alle coppe europee per numerosi club. E’ questo il fascino del tennis alla fine del primo decennio del Duemila. E scusate se è poco.

Il Luogo Comune…Dati alla mano (II Puntata) SpazioTennis http://spaziotennis.sport-blog.it/?p=681

Prosegue la statistica di Spazio Tennis dedicata ad uno dei più grandi luoghi comuni del tennis. Come detto all’interno della prima puntata chi vince un torneo, nella maggior parte dei casi supera anche il primo turno del torneo successivo. All’interno della statistica qui curata sono presenti anche i giocatori che hanno giocato due tipi di tornei diversi da settimana a settimana (es. vinto challenger e giocato un Atp la settimana successiva), i quali forse andrebbero inseriti in una statistica a parte; fatto sta che i numeri danno comunque forza a questa teoria, bocciando coloro i quali sostengono che molti giocatori, e in particolare gli italiani, tendono a perdere subito dopo aver vinto un torneo, a causa di scarse motivazioni, di stanchezze, ecc.. ecc..

Questi i dati relativi ai primi due mesi del 2008 (Gennaio-Febbraio):

Totali: 38W - 10L (80%) Atp 7W - 2L (78%) Challenger 2W - 3L (40%) Futures 29W - 3L (90%)

Queste statistiche cosa stanno a significare? A livello futures non c’è dubbio che i giocatori in ascesa sono favoriti dal fatto che spesso nei primi turni si trovano di fronte avversari di non grande rilevanza; ciò non toglie che la fame a questo livello è tanta e vincere un torneo, a livello economico così come di classifica, non fa la differenza, anzi.. Al livello Atp la statistica appare chiara, mentre a livello challenger si evince come l’equilibrio regni sovrano; vincere un torneo challenger è quasi sempre molto dispendieso, per usare un eufemismo, e al primo turno nel torneo successivo si affronta di norma un giocatore di livello importante. Per quanto riguarda gli italiani poi la statistica ribalta le false credenze: 3W - 1S

Permette un consiglio, Maestà? La Stampa.it Blog di Semeraro http://www.lastampa.it/cmstp/rubriche/

Eccolo, il Roger vulnerabile. Anzi, vulnerato. La sconfitta con Murray non deve stupire, era ampiamente prevedibile, come giustamente ha fatto notare Djokovic. Perché Andy aveva già battuto Federer, perché il suo tipo di gioco lo infastidisce; soprattutto perché Roger è fuori forma e ha sbagliato clamorosamente programmazione. Roger lo sa, ma non lo ammette. Anzi, uscito dal campo sconfitto ha reagito maluccio, da perdente rancoroso, criticando Murray e il suo gioco, sostenendo che si aspettava di più dallo scozzese. Federer è un ragazzo solitamente amabile, cortese, educatissimo ma, come sa chi gli sta vicino, detesta i contrattempi. Detesta le sorprese e tutto ciò che turba il tranquillo scorrere della sua eccellenza. Detesta perdere: come tutti, più di tutti. Perché è il migliore. Quando un granellino di polvere, un sassolino o un macigno inceppano il meccanismo, risalta fuori il Rogerino indispettito. Spesso lo abbiamo sentito negare l’evidenza sui temi di un match dopo una sconfitta, sostenere tesi discutibilissime. Spesso lo si vede chiedere stizzito il controllo dell’hawk-eye, la moviola del tennis, anche quando la chiamata è palesemente corretta. Non è la richiesta di un tennista incerto, è l’intimazione di un sovrano che vorrebbe sentirsi dire, anche a dispetto della verità, che la ragione è sempre dalla sua parte. Non sopporta il reato di Lesa Federerità, il campione. Non lo accetta. Ma i tempi cambiano per tutti. Cambiano gli avversari, nel senso che quelli vecchi sviluppano nuove attitudini, imparano a conoscerlo meglio, e che se ne affacciano di nuovi. Un Federer al 70, o all’80 per cento non basta più. Urge il ritorno di Sua Fluidità, del Federerissimo che sbaglia poco o niente e si muove come un gatto sul campo. Lo sa anche Roger, ma non vuole ammetterlo. E soffre. Chiuso nella sua dorata routine, attorniato dal suo adorante staff, fatica ad abbandonare il percorso che lo ha portato in Paradiso. Solo che il Paradiso si sta spostando un po’ più in alto. A Roger serve qualcuno – non un coach, ma di certo una figura autorevole, carismatica – che apra la finestra di casa Federer e gli mostri la nuova strada da fare. La malmostosità esibita a Dubai ricorda quella di Roma, il nervosismo prima della sconfitta con Volandri. Là covava, stava per diventare pubblica, la separazione con Tony Roche. Chissà che presto non arrivino nuove svolte, nella carriera e nella vita del Più Grande. Djokovic: “Sappiamo come battere Federer” Pianetatennis.it http://www.pianetatennis.it/index.php? Onestamente, visti i risultati di questo inizio di stagione, le caratteristiche dei due giocatori e la velocità della superficie, non sono stupito dalla vittoria di Murray su Federer”. Novak Djokovic è bravo e sfacciato il giusto. Non ha paura di prendere posizione: nei giorni scorsi si era espresso con toni forti contestando l’indipendenza del Kosovo. Oggi, dopo aver battuto Santoro in due set (63 76) qualificandosi ai quarti del torneo di Dubai, risponde indirettamente a Federer che due giorni fa aveva espresso riserve sul gioco di Murray dopo il ko con il britannico mettendo in evidenza più i suoi demeriti che il valore dell’avversario. “Penso che Roger non ami giocare contro avversari che lo costringono a lunghi scambi e mi sembra evidente che Murray abbia queste caratteristiche. Cominciamo a capire come affrontare Federer e dopo gli ultimi tornei sappiamo che contro di lui possiamo ottenere risultati”. Djokovic lo ha battuto in semifinale agli Australian Open dopo aver perso lo scorso settembre la finale degli US Open. Murray ha eliminato il numero uno al primo turno di Dubai ed è uno dei pochi a poter vantare un bilancio in attivo nelle sfide con lo svizzero (2-1 per il ventenne scozzese). La sfida al re è lanciata: lo si intuisce dalle parole del ventenne di Belgrado, numero tre del mondo e pretendente al trono di Federer (nella foto piccola) insieme al numero due Nadal. Novak, già dopo la vittoria a Melbourne in finale sul francese Tsonga, aveva detto che “il tennis ha bisogno di facce nuove”. A Dubai è ancora più esplicito: “Ripeto, la sconfitta di Federer non è una grossa sorpresa. Murray è da top five e Roger, che sinora ha giocato poco, non è al suo miglior livello. Penso sia impossibile esserlo per l’intera stagione. Il valore dei suoi avversari si è alzato e penso sia impossibile che Federer possa dominare come ha fatto negli ultimi quattro anni quando non ha perso quasi mai”. Domani l’attende nei quarti il russo Igor Andreev, poi Djokovic in semifinale potrebbe trovare Nadal. Il mancino spagnolo si è sbarazzato facilmente del russo Mikhail Ledovskikh (64 60) e nei quarti sfiderà Andy Roddick in un match tutto da vedere. Murray-Davydenko e Ferrer-Lopez sono invece i due quarti della parte alta del tabellone.

Haas cosa fai? Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it/index.php/

Tommy Haas la scorsa settimana era impegnato nel torneo ATP di Memphis, negli Stati Uniti, mentre questa settimana gioca Dubai, dall’altra parte del mondo, o quasi. Perchè? Haas non ha problemi di soldi, eppure per i petrodollari ha fatto una follia (dal punto di vista tennistico). Da Memphis, dove era campione uscente, il tedesco è partito la scorsa settimana (ha perso al secondo turno, per cui verso la fine della scorsa settimana) per raggiugnere Dubai dove si era iscritto, spinto dai dollari arabi. Naturalmente al primo turno il tedesco ha raccimolato appena 3 games contro David Ferrer. Un risultato sorprendente sul cemento, giustificato dalla scarsa condizione di Haas, giunto a Dubai dopo un viaggio lunghissimo e con poco tempo (1 giorno?) per abituarsi al nuovo fuso e a condizioni climatiche completamente diverse, grande caldo e vento forte. Non capisco perchè un tennista di quel livello, ex numero 2 del mondo, che sicuramente non ha problemi di soldi, abbia fatto una scelte del genere. Evidentemente se a Dubai l’entry liste è quasi quella di un Masters Series significa che i “compensi” ai big sono notevoli, talmentente consistenti da ingolosire un tennista come Tommy Haas ma anche lo stesso Andy Roddick. Mi chiedo in che condizioni sarà A-Rod che a Memphis ha perso nei quarti (quindi venerdi) da Soderling. Dopo una scelta del genere come si fa a dire che il calendario è troppo pesante per i tennisti e che andrebbe ridotto?

La Hingis torna in campo a Liverpool Matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php?

A giugno, nonostante la squalifica di due anni per doping che sta scontando, Martina Hingis si recherà in Inghilterra per prendere parte ad un torneo di tennis sull’erba. No, non si tratta di Wimbledon, dove la talentuosa elvetica vinse il titolo nell’ormai lontano 1997, ad appena sedici anni: l’ex numero uno del mondo si è iscritta al Liverpool International Tennis Tournament, un’esibizione (cui, dunque, ha libero accesso) che si disputerà a Calderstones Park. “Ho sentito molte buone cose su Liverpool nel corso degli anni”, ha illustrato la 27enne Martina in un comunicato “tutto il lavoro che hanno fatto lì per sviluppare il tennis in una regione che è famosa soprattutto per il calcio. Non vedo l’ora di partecipare all’evento e visitare la capitale europea della cultura”. Molto soddisfatto il direttore del torneo Anders Borg: “È una grande occasione per noi avere Martina”, ha spiegato nel corso della conferenza stampa di presentazione “Il suo atteggiamento dentro e fuori dal campo è sempre stato superbo. Ha ancora molto da offrire al mondo del tennis”. Fra gli altri nomi dell’entry list, figurano quelli dei campioni uscenti Xavier Malisse ed Ashley Harkleroad, dell’argentino Jose Acasuso e, nella prova senior, di Pat Cash e Goran Ivanisevic.

Intervista a Marco Boesso TennisTeen http://www.tennisteen.it/angolo-del-coach/

Dopo i due tornei indoor a Parigi ed Anversa e la trasferta a Doha, Karin Knapp si è allenata a Caldaro sotto la guida di Marco Boesso e Lisa Sartori per prepararsi al meglio per la trasferta americana. Oltre a Karin ho fatto delle domande al suo coach. Per sottolineare quello che ha detto Marco Boesso alla fine dell’intervista vi dico che ho registrato la stessa di sabato alle nove di mattina al Tennis Club Caldaro, quando Karin Knapp, Andreas Seppi, Marco Boesso, Massimo e Lisa Sartori hanno iniziato i lavori. Marco, cosa significa questa finale raggiunta ad Anversa da Karin per te? Significa che il lavoro che stiamo facendo sta andando bene. Quindi è una conferma. Inoltre è uno stimolo, se ci sono i risultati si va avanti con più entusiasmo. Dove può arrivare Karin? Speriamo il più lontano possibile. Sta migliorando come giocatrice sotto tutti gli aspetti ma ci sono ancora dei margini di miglioramento. E su questo stiamo lavorando. In che cosa deve migliorare? Deve migliorare sicuramente nel gioco a rete, negli attacchi e deve essere più aggressiva. Abbiamo lavorato su questo nell’inverno e continueremo a farlo per tutta la stagione. Quali sono i prossimi obiettivi? Abbiamo fissato come prossimo obiettivo quello di essere testa di serie al Roland Garros. Karin è una giocatrice che ha nella potenza una delle sue armi migliori. Si, la potenza è una delle sue maggiori qualità data dalle caratteristiche fisiche. Non ha una grandissima agilità, però ha molta potenza e deve imparare a sfruttarla bene perché tante volte la potenza è un’arma a doppio taglio: può essere un grosso vantaggio, però se è gestita male può diventare un grosso svantaggio. Deve giocare i vincenti nel momento giusto, senza esagerare. Non deve abusare di questa qualità. Marco, ancora due domande su di te. Come sei arrivato a Caldaro? Il presidente Vorhauser mi ha contattato per giocare nel campionato a squadre in serie C ed è da li che si è instaurato un buon rapporto, poi mi ha chiesto di collaborare. Ormai sono qui da dieci anni. Prima ho lavorato con molti ragazzi che sono passati per il Tennis Club Caldaro e successivamente con Karin Knapp. Come ti trovi a Caldaro? Mi trovo molto bene. Dal punto di visto lavorativo è il massimo in questo momento. Certo ci vuole anche un po’ di fortuna, per esempio quella di trovare una giocatrice come Karin. Noi lavoriamo sempre per portare un giocatore in alto poi purtroppo tanti ragazzi si perdono per strada. Su certe cose noi cerchiamo di essere rigidi, soprattutto nel lavoro; se vuoi arrivare devi lavorare molto e non puoi fare tante altre cose. Però quelli che tengono duro alla fine arrivano e noi abbiamo due esempi straordinari. Avere due atleti nei primi cinquanta non può essere un caso, è il frutto di tanto lavoro ed è una conferma per noi: di lavoro fatto bene.

D’Alema-Panatta, fu un quasi cappotto il corriere della Sera http://www.corriere.it/politica/08_marzo_05/

«Gli facevo fare il “tergicristallo”, di qua e di là. Non si fermava mai». I voti agli altri leader del partito

Centrale del Foro italico, sette e mezza del mattino. Sulle tribune ci sono solo due carabinieri con gli occhiali da sole e l’auricolare da body guard. Silenzio, freddo, un po’ di vento. Dagli spogliatoi sbucano due signori in pantaloncini e maglietta bianca. Qualche scambio per riscaldarsi: un dritto, un rovescio, una volée. La differenza di tocco fa quasi tenerezza. Poi quello un po’ legnosetto si liscia il baffo, si avvicina all’altro e gliela butta lì: «Così mi annoio, Adria’. Facciamo una partita vera. Chi batte per primo?». Comincia come un duello all’alba fra gentiluomini il primo singolare della storia fra Adriano Panatta e Massimo D’Alema. Una disfida sulla terra rossa che risale al 1999, quando Panatta era consigliere comunale a Roma per i Ds, e D’Alema presidente del consiglio. Al punto più alto della sua parabola politica, quindi, ma sempre alla ricerca di un terreno diverso sui cui misurare se stesso e la propria (smisurata) ambizione. Non durò tanto quella partita, seguita negli anni solo da palleggi non competitivi: «Non abbiamo neanche finito il primo set», racconta Panatta, «mi sembra che ci fermammo sul cinque a zero per me. Anche se lui un paio di punti li ha fatti». Inevitabile, vista la differenza di classe. Ma se il tennis è lo specchio dell’anima (pensate al gioco di Lendl o Mc Enroe e alle loro nevrosi) quella mezz’ora in pantaloncini fotografa baffino meglio di cento tribune politiche o comizi in piazza. «Tecnicamente», racconta Panatta, «Massimo è migliorabile, specie sul rovescio e sul servizio. Ma è molto grintoso». Due esempi. «Cerca di andare al di là dei propri limiti. Anche se nei colpi al volo non è un granché scende coraggiosamente a rete». E i passanti di Adriano gli bruciano ancora, più di una sconfitta elettorale. «Ma la cosa che più mi impressiona è quanto corre». Nonostante il “tergicristallo”. «Sì, quella volta lo facevo andare da una parte all’altra del campo incrociando i colpi, come diciamo noi gli facevo fare il “tergicristallo”. Lui non si fermava mai. Incredibile per uno che non fa sport da professionista». Vittoria facile senza infierire sull’avversario: ormai le partite del trionfatore di Roland Garros e Coppa Davis sono così. Perché dall’altra parte della rete c’è quasi sempre un politico amico. Anche lui fa parte del giro, come assessore allo sport della Provincia di Roma, quota Partito democratico, e in odore di candidatura magari nazionale.

LE PAGELLE DI RUTELLI E AMATO Chi meglio di lui, allora, può giudicare i politici tennisti? Un altro che conosce bene è Francesco Rutelli. Anche con lui una partita al mattino presto sul centrale del Foro Italico. Ma questa volta in doppio: Rutelli-Panatta contro il sindaco di Mosca Yuri Luzhkov in visita ufficiale e accompagnato da apposito maestro portato dalla Russia. «Stilisticamente Francesco è il migliore. Si vede che da ragazzino ha preso lezioni e quindi ha una buona impostazione classica. Alla Federer per capirci». Ma sul campo i risultati non sono proprio gli stessi. «Purtroppo gioca poco e quindi si è un po’ arrugginito. Mi sa che negli ultimi tempi si è dato al golf. Peccato». Un altro bello da vedere è Enrico Letta: «Movimenti puliti, un dritto rotondo. Pure lui impostazione classica da scuola di una volta. Magari manca un po’ di dinamismo, ma per chi non può allenarsi con continuità è normale». Con Letta, Panatta è sceso in campo qualche volta a Orbetello, in Toscana, zona di un altro del giro, quel Giuliano Amato che grazie alla racchetta ha persino trovato moglie nel circolo di Lucca che bazzicava da liceale.

IL PIU’ PALLETTARO «Ecco, con lui ho giocato diverse volte. Tecnicamente non è pulito come Rutelli o Letta ma è quello che ha il tennis più redditizio. Gioca con costanza e quindi ha più mestiere». Nessun difetto? «Forse è un po’ pallettaro», che per i non adepti vuol dire cultore del gioco da fondo campo, uno che preferisce aspettare l’errore dell’avversario piuttosto che rischiare e cercare il punto. Dottor Sottile anche sulla terra rossa. L’esatto opposto di un insospettabile Massimo Cacciari: «Ho fatto qualche scambio con lui una volta a Venezia per l’inaugurazione di un campo. Era sindaco, quindi vestito di tutto punto. Oh, nonostante la giacca e la cravatta quello scendeva sotto rete lo stesso e non colpiva neanche male». Meno generoso il giudizio su Antonio Meccanico: «Non mi è sembrato un granché. Ma non ci ho mai giocato sul serio. Solo due scambi davanti alle telecamere nello studio di Porta a porta. Magari sul campo è un’altra cosa». D’Alema, Rutelli, Cacciari: nemmeno uno sparring partner nel centrodestra. I nemici sul campo li sceglie tra gli amici in politica? «Ma no, è solo un caso. Io sono da questa parte ma ho buoni rapporti anche con gli altri. Solo che non gioca nessuno». Forse stavolta a parlare non è il tennista ma l’assessore del Partito democratico. In attesa di candidatura e con il sospetto delle larghe intese. Federer ancora ko il club dei grandi finalmente s’allarga

(Con i nuovi arrivi la stagione si fa più interessante)

Massimo Rossi, libero del 5-03-08

Posso dirmi molto soddisfatto detta piega che ha preso il tennis mondiale di vertice. Da tempo auspicavo la fine del rigido duopolio Federer-Nadal. Adesso il club si è allargato, e promette di aprire anche a nuovi soci. Djokovic si è guadagnato il posto in Australia e anche i numeri dei punti in classifica dicono che il suo sembra un posto fisso. Andy Murray, battendo re Roger a Dubai, e cioè praticamente a casa dello svizzero, ha consolidato le promesse di inizio 2008, anno che si presenta finalmente mirabile per lui considerato che in due mesi ha già vinto due tornei, a Doha e a Marsiglia Un gran bel giocatorino lo scozzese, sin qui penalizzato solo da una colpevole discontinuità. Il peggior avversario per chiunque in questi tornei con tabellone a 32; un’autentica mina vagante, posto che la sua classifica (11) lo toglie dalle otto teste di serie, e guai per chi se lo trova al primo turno. È successo a Roger e ci ha perso, come era già successo. E così Andy bussa alle porte dei Club e chiede di portare a quattro il numero dei membri stabili. Naturalmente altri ci proveranno, nei prossimi mesi qualcuno approfittando dell’arrivo della terra rossa: come lo spagnolo Ferrerò il russo Davydenko. Certo è che sia Roger che Rafeel non sono esenti da colpe (o meriti?) per questo allargarsi del parterre. Lo spagnolo ha da tempo problemi fisici legati all’eccessiva generosità del suo gioco, mentre lo svizzero, sconta un po’ di pigrizia ma anche la ripetitività ossessiva del suo rapporto ormai esclusivo con la fidanzata manager. Una ventata di aria nuova non gli nuocerebbe, e non sto certo parlando del piano sentimentale, bensì dell’arrivo di qualcuno che gli stia vicino stimolandolo. Magari un po’ meglio e di più di quanto faceva lo scorso Tony Roche. Intanto godiamoci il successo ad Acapulco della nostra divina Pennetta, bella e brava; a 26anni e con sei titoli WTA in carriera Flavia è pronta per i tornei più importanti. Così come la nostra leonessa Schiavone, che settimana scorsa a Dubai ci ha regalato la bella vittoria sulla Henin per poi cedere di un soffio alla Dementieva in semifinale. Su tutt’altro fronte ci tocca registrare l’ennesima squalifica per “scommesse” di un nostro giocatore. Federico Luzzi (139) ha puntato circa 10.000,00 euro, ma mai sulle proprie partite. Ribadito, che l’accusa non è mai stata per i nostri giocatori di aver “truccato” le partite, va anche detto che il fatto che solo gli italiani siano caduti nell’errore sta a significare che nessuno li ha mai avvisati, nemmeno il nostro fantomatico federale Club Italia, nato per supportare i nostri in giro per il mondo. II tennis è più forte del caos per i rifiuti il torneo si disputerà

(In corso i preparativi del 100 mila dollari di fine mese)

Tiziana Tricarico, il mattino del 5-03-08

Napoli di nuovo vetrina del tennis internazionale. Dal 29 marzo al 6 aprile va in scena l’edizione 2008 della Tennis Napoli Cup, il challenger Atp da 100 mila dollari di montepremi organizzato dal club di viale Dohrn. Mai come quest’anno, l’appuntamento che apre la stagione europea sul rosso capita in un momento difficile per la città alle prese con i problemi legati all’emergenza rifiuti, «per un momento avevamo i pensato di rinunciare – confessai il presidente del Tc Napoli Luca Serra ma poi abbiamo ritenuto giusto disputare il torneo anche in questo momento di grossa difficoltà per le Istituzioni cittadine. Napoli non può essere soltanto quella che appare sulle prime pagine dei media negli ultimi tempi. Chiediamo aiuto agli appassionati, oltre che alle istituzioni, affinché attraverso gli Internazionali di tennis si possa dare un’immagine positiva della città proprio sotto l’aspetto organizzativo». Ancora tutta da definire l’entry-list ma Serra, che da quest’anno è coinvolto a 360 gradi nella Napoli Cup in veste anche di presidente del comitato organizzatore (10 membri), ha un sogno possibile: avere in gara, oltre a Potito Starace (che ritrova il suo pubblico dopo aver scontato la sanzione per la questione scommesse), uno tra Filippo Volandri, Andreas Seppi o Fabio Fognini, «Stiamo lavorando per avere un tabellone all’altezza della tradizione con i migliori azzurri, ma anche per trovare soluzioni per promuovere il più possibile questo sport tra i giovanissimi». Intanto il campo centrale è pronto a rifarsi il trucco: duemila posti a sedere, probabilmente tutti numerati, faranno del Carlo D’Avalos un vero e proprio teatro per i campioni della racchetta, come avviene nei super tornei del circuito maggiore. La regia sarà affidata ad Angelo Chiaiese, per il settimo anno consecutivo direttore del torneo: «Non fare il challenger avrebbe significato uccidere il tennis a Napoli - dice - spero che i grossi imprenditori napoletani ci credano come noi. Per quanto riguarda i giocatori dovrebbero esserci anche il francese Ascione, l’argentino Gaudio, ex campione al Roland Garros, e giovani promesse cornei Thomas Fabbiano e il nostro Enrico Fioravante».

Un talento impigrito trovi un allenatore e cambi programmi

(Anche lo scorso anno al primo turno a Dubai sudò parecchio prima di sconfiggere Pless)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 04-03-08

La notizia della sconfitta di Federer è meno sorprendente di quanto possa apparire. Bisogna considerare due circostanze importanti. La prima è che Federer non aveva più giocato dal 27gennaio, quando era stato sconfitto da Djokovic nella semifinale degli Australìan Open. La seconda è che è stato sconfitto da Murray, numero 11 in classifica e contro il quale aveva perso uno dei due precedenti. Anche un campione come Federer non può permettersi di non giocare in gara per 5 settimane. E’ vero peraltro che anche l’anno scorso aveva seguito la stessa programmazione con una differenza: in Australia aveva vinto senza perdere un set, quindi a Dubai aveva avuto un primo turno facile contro il danese Pless ed aveva faticosamente vinto in tre set. A quanto mi risulta anche quest’anno la programmazione di Federer prevede i due tornei americani sul cemento (Indian Wells e Key Biscayne) dove l’anno scorso fu sconfitto (al 2°ed al 4° turno) dall’argentino Canas, Si potrebbe anche avanzare l’ipotesi che Federer possa avere bisogno di un allenatore o comunque di qualcuno che lo aiuti nella programmazione e magari lo stimoli ad essere più puntuale negli allenamenti. Il talento può talvolta indurre alla pigrìzia ma sono tutte ipotesi che hanno bisogno di una verifica. Del resto anche il serbo Djokovic ha avuto i suoi problemi dopo il successo australiano. Ha avuto guai fisici in Davis a Mosca e perso subito al torneo di Marsiglia.

Federer, che ti succede? Il re del tennis si è perso

(Roger: “e’ difficile vincere senza il dritto”)

Stefano Semeraro, la stampa del 04-03-08

Sembra il Rivera fané e crepuscolare di una vecchia, struggente canzone di Jannacci (Vincenzina e la fabbrica, anno 1974). Non segna più, non vince più, ’sto Federer qui. Battuto da Djokovic in una semifinale molto generazionale degli Australian Open a gennaio, ieri a Dubai si è fatto buttare fuori (6-7 6-3 6-4) da un altro ragazzino di talento, Andy Murray- Formalmente, il numero 1 del mondo non usciva al primo turno dal 2004, a Cincinnati contro Hrbaty, anche se l’anno scorso Guillermo Canas lo aveva sconfitto al secondo, dopo un bye, un turno passato gratuitamente, a Indian Wells. Con Murray, classe 1987, coetaneo di Djokovic, Federer aveva già perso l’anno scorso a Cincinnati. Sembrava un infortunio. Adesso è un caso. Per il momento l’ex-imbattibile non rischia il primato, ma per la prima volta in quattro anni la sua classifica traballa davvero. Ai bei tempi guardava gli inseguitori da migliaia di punti di distanza. Se questa settimana - Djokovic permettendo - Nadal vincerà a Dubai, Federer invece si ritroverà il rivalissimo a -175. All’altezza della giugulare, pronto a serrare i dentini. Dietro Rafa, una muta di altri lupetti che annusano il sangue del capobranco. A Indian Wells o a Miami potrebbe arrivare il sorpasso. Certo, il sorteggio di questa specie di Slam in miniatura che è il torneo del Dubai (1.4 milioni di dollari di montepremi, 8 dei primi dieci in gara) non ha aiutato Federer. Ha pescato al primo turno il numero 11 Atp, Murray appunto, che quest’anno ha già vinto due tornei ed è in perfetta forma. Un rientro durissimo, dopo la batosta di Melbourne, ma la colpa è anche di Federer. Che ieri ha giocato con le stesse lentezze, le stesse ruggini di un mese fa in Australia. Dritto fuori registro, spostamenti affannati. Nel primo set ha beneficiato di un passaggio a vuoto di Murray, che pure conduceva 5-2 nel tie-break. Nel secondo e terzo, due break chirurgici dello scozzesino, spietato da fondo, martellante al servizio, tanto sicuro di se stesso da non esaltare neppure dopo il match point (merito del nuovo training a base di yoga?) lo hanno asportato dal torneo. «Ho fatto il possibile», si è giustificato mesto Federer. «Bisogna riconoscere i meriti di Murray, ma io ho commesso alcuni errori orribili. In genere riesco a vincere questo tipo di partite. Ma è difficile vincere senza dritto». Malinconie da rassegnato. E un filo di cattiva coscienza. Perché neppure il numero uno del mondo, come già si era capito in Australia, può pensare di restare in forma agonistica giocando sette partite in tre mesi e mezzo. La vittoria al Master di Shanghai lo aveva illuso. Il calendario fittissimo dell’anno olimpico gli ha suggerito di risparmiarsi a inizio stagione. Abituato a vincere (quasi) sempre, pensava di allenarsi giocando i tornei, confidando nella superiorità tecnica, nell’aura da invincibile. Ha sbagliato, o lo hanno consigliato male. La concorrenza si è fatta sotto, Djokovic a Melbourne ha mostrato che il re è mezzo nudo. L’aura sta evaporando, gli anni - 27 ad agosto - incalzano. Non è la fine di una storia, ma c’è un allarme che suona. Forse Roger ha bisogno di avere accanto qualcun altro, oltre alla devota ma un po’ troppo shopping-dipendente fidanzata Mirka. Un consigliere, se non un coach, che lo pungoli, che lo stimoli in maniera adeguata all’ età e agli impegni. Anche perché la corsa si fa serrata, e per prepararsi ai due Masters Series americani Federer ora potrà contare solo sulla molto pubblicizzata (19 mila biglietti già venduti) e molto geriatrica esibizione di lunedì prossimo al Madison Square Garden, contro Sampras. Ma il tennis, quello vero, non è un paese per vecchi. Quinzi, da Roma al sogno americano

(Il nostro miglior under 12 prova la strada del successo)

Francesca Paletti, la gazzetta dello sport del 03-04-08

Dal mare di Porto San Giorgio a quello della Florida. Da un possibile futuro di successo con gli sci ai piedi alla magica esperienza nella mitica «Bollettieri Tennis Academy». Gianluigi Quinzi è il tennista del momento. Talento purissimo, mancino, classe 1996, con la vittoria ottenuta nel weekend nel prestigioso torneo «Open Super 12 D’Auray», il più importante evento continentale Under 12 della stagione, ha confermato le straordinarie qualità che lo rendono la più grande speranza del tennis azzurro. FIORE ALL’OCCHIELLO Ma non tutti sanno che il primo successo della carriera Quinzi lo ha ottenuto proprio a Roma: qui, infatti, Gianluigi ha conquistato il Lemon Bowl nel 2006: «Alla prima partecipazione si impose agevolmente nella categoria Under 10 — ricorda il direttore del torneo Paolo Verna —. Mi ricordo il suo talento purissimo, un dritto e un servizio già importanti per un bambino di quell’età. Va ammirato per il coraggio della scelta di trasferirsi negli Stati Uniti. Alcuni credono sia prematuro, ma lui ha le qualità tecniche e psicologiche per provarci. E poi se uno come Boliettieri si accorge di te, ti sceglie e ti da una borsa di studio… ».TRASLOCO Gianluigi vive, infatti, oramai stabilmente in Florida, all’interno dell’Accademia di Nick Boliettieri, ed è uno dei pochissimi ad avere il privilegio di essere seguito personalmente dal «vate» del tennis, colui che ha plasmato e lanciato quasi tutti i numeri uno del tennis moderno, da Agassi alla Sharapova, passando per Jim Courier e Monica Seles. «Mi hanno dato una borsa di studio permanente nel 2004 — spiega — ma inizialmente la base era sempre casa. Ora sono E tutto l’anno, frequento la scuola e presto avrò gli esami del terzo trimestre». Tennis, ma non solo. «È il mio sport, mi piace, ma non sono mai stato un “maniaco” — aggiunge Gianluigi — gioco spesso al fianco della Sharapova e conosco Federer e Nadal, ma appena posso seguo le altre discipline sportive. Recentemente ho visto la mia Premiata Montegranaro di basket battere la Lottomatica. Ma la mia famiglia è sempre stata appassionata di tennis, mio padre Luca è stato C2. Io inizialmente avevo intrapreso la strada dello sci, vinsi anche i campionati sud tirolesi». LA FAMIGLIA L’avventura di Quinzi ha anche i suoi lati negativi, per gran parte dell’anno lui e la mamma Carlotta sono in Florida, mentre il padre e il fratellino a Porto San Giorgio: il «neo» più grande per una famiglia unitissima. Quando è di passaggio a Roma Quinzi si appoggia al Tennis Club Parioli: «Prima veniva da noi due volte a settimana — spiega Vittorio Magnelli—ora quasi mai. Per la sua età ha un potenziale notevole. Sa fare un po’ tutto, ha una buona mano ed è un buon agonista, un vincente». Il Parioli qualche anno fa ha provato a tesserarlo e anche se il sogno al momento è accantonato, mai dire mai. «Ho un rapporto molto forte con quel club — conclude Quinzi — è il mio punto di riferimento a Roma e i soci mi hanno sempre dimostrato grande simpatia».

Pennetta fa festa, Regina di Acapulco

(La differenza tra questa Flavia e quella dei grandi tornei: “l’autostima”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 03-03-08

Siamo tutti abitudinari. Altri, come Flavia Pennetta, lo sono di più: tanto da vincere per la seconda volta il torneo di Acapulco nella quinta finale negli ultimi 5 anni nella città messicana. «Adoro questo posto, è magico, qui gioco sempre il miglior tennis. C’è tutto: mare, sole, albergo giusto, e gente, bellissima, che mi ha adottato, facendomi sentire a casa. In camera eravamo in 5, con Fiorella, Cristina, Lavinia e la «Came» (Maria Elena Camerin, una bomba di simpatia), e siamo state tutto il tempo a ridere»….. Con il sesto titolo Wta, nella settimana del compleanno numero 26, «Flà» diventa seconda fra le plurivincitrici italiane ogni epoca, dopo Sandra Cecchini con 12. Ed è euforica, al di là della categoria dell’appuntamento (Tier III), e quindi della qualità delle avversarie. Per cui, come numero 30 del mondo, era la prima testa di serie e oggi farà solo un saltino in graduatoria. «La classifica è fatta a scalini: è difficile passare dal 35 al 30 perché c’è un margine di 300 punti, da 32 a 30 ce ne sono 150, da 30 a 25 se ne contano 60, e ancora da 25 a 20 diventano 200. Perciò, malgrado la faticaccia sono sempre lì, ma il successo vale tanto». RILANCIO L’anno scorso, dopo l’operazione al polso sinistro e il brusco addio al collega Carlos Moya, la frizzante brindisina era scivolata al 92 del computer: «Anche allora ero andata benino nel tour sulla terra in Sud America, ma, subito dopo, avevo perso al primo turno 7 volte in 8 tornei. Non stavo bene. Adesso, tecnicamente, sto giocando abbastanza bene e sono contenta di dritto e servizio. Si vede: ho vinto 2 tornei in 3 settimane e fino al Roland Garros ogni punto è oro. Bene, l’obiettivo stagionale era andare all’Olimpiade, dopo la delusione del 2004 quando rimasi fuori dalle 4». …… Perché c’è tanta differenza fra questa Pennetta e quella dei tornei maggiori? «A parte Wimbledon, non sono mai stata abbastanza costante, e sono entrata troppo spesso in campo sottomessa, senza sperare di poter battere le più forti. Ma ho fatto progressi in autostima perché nel tènnis può succedere di tutto». Perché una ragazza così carina scrive sul blog che festeggia San Valentino da sola? «E’ vero, sto sempre da sola. Sono sensibile e faccio fatica a viaggiare tanto lontano da casa, ma non sono fragile come sembro: dentro, sono abbastanza dura, anche perché ho sempre accanto la mia famiglia. Ma, nei tornei, fra allenamenti e partite e riposo non c’è tempo per altro, e poi magari quella volta che vado in discoteca chi non mi conosce non mi avvicina, e sbaglia perché sono una persona aperta. Certo, se parliamo d’amore, per il prossimo sarà dura. Anche perché sto bene così, non cerco nìent’altro che il tennis». A parte le rose: «Mi piace riceverne, rosse, qualche ammiratore me le manda». Quanti vorrebbero accompagnarla in questi due giorni di vacanza in Messico prima di Indian Wells-Miami?

La nuova vita della Pennetta ad Acapulco un altro trionfo

(Il duro lavoro dello scorso inverno inizia a dare i frutti e Flavia ritrova il sorriso)

Paolo Rossi, la repubblica del 03-03-08

Ci ha preso gusto, Flavia Permetta. Dopo Vina del Mar ha trionfato ieri anche ad Acapulco. Il tour sudamericano le ha portato fortuna, tanto che ad Acapulco stanno pensando di darle la cittadinanza onoraria, visto che è già la seconda volta che ci vince, con tre finali disputate negli ultimi cinque anni. La brindisina conclude alla grande una settimana dove le azzurre sono state protagoniste, vedi la Schiavone che aveva raggiunto le semifinali a Dubai battendo la Henin, poi ko con la vincitrice del torneo, la Dementieva. La Pennetta ha vinto al terzo set con la giovane speranza francese, Alize Cornet, in poco più di un’ora e mezzo di gioco: 6-0,4-6,6-1. L’immagine più bella non è quella del sombrero, tradizionale souvenir che accompagna il trofeo, ma un’altra, quella di Flavia che con il pugno chiuso lancia uno sguardo al cielo, uno sguardo finalmente pieno di serenità. Perché in quel click c’è tutta la storia recente di questa ventiseienne, che in due anni è passata dall’esplosione tecnica alla gioia di un equilibrio sentimental-professionale (il famoso fidanzamento con lo spagnolo Mova), fino alla traumatica rottura della liason che, associata a qualche problema fisico (intervento chirurgico ad un polso), ha trascinato la Pennetta in un vortice negativo, una specie di tunnel. Ora sembra esserne uscita. Lo confermano anche le sue parole: «Io adoro Acapulco, qui riesco sempre a giocare il mio miglior tennis. Nella finale ho giocato un buon match: sono partita con il piede giusto, cercando di sbagliare il meno possibile. Nel secondo set ho iniziato a pensare troppo e mi sono fatta prendere dal nervosismo, ma nel terzo è stato come se giocassi una nuova partita. Ho ripreso in mano la situazione e sono riuscita a vincere. Non trovo le parole per descrivere la mia felicità…». L’Italia dunque saluta il definitivo ritorno di Flavia e le chiede ulteriori emozioni, sebbene non siano in tanti a conoscere il lavoro oscuro, durato tutto lo scorso inverno, che c’è dietro questa rinascita: il ruolo della famiglia innanzitutto, e poi il ritorno, comunque, in Spagna a Barcellona dove c’è il coach, Gabriel Urpi. La forza di Flavia è aver separato i ricordi, segnato una linea sul passato e ricominciato. Il tempo le ha dato ragione: i suoi colpi ora fanno di nuovo male, ed il sorriso è tornato smagliante.

(Anche la Cornet dice brava a Flavia)

Stefano Tabusi, Dnews del 03-03-08

In mano un curioso trofeo con la forma di una pallina gigante su una base di legno, in testa un sombrero nero. Per fortuna che a donare eleganza ai festeggiamenti di Flavia Pennetta, dopo il successo nel torneo WTA di Acapulco (terra rossa, montepremi di 180 mila dollari), c’è il sorriso della tennista brindisina, un sorriso che ormai ha conquistato anche il pubblico messicano. A cedere il passo all’azzurra, giunta alla sua quinta finale consecutiva in riva al Pacifico, è stata la francese Alice Cornet, sconfitta con i parziali di 6-0, 4-6, 6-1. Un successo che conferma l’ottimo stato di forma dell’italiana a sole due settimane di distanza dal trionfo a Vina del Mar, ma che non è arrivato senza fatica. E dire che sembrava iniziata come una passeggiata: con un autorevole 6 a O Flavia aveva proseguito il percorso netto che l’aveva portata alla finale senza perdere neppure un set, poi però è arrivato il calo di concentrazione. «Ero partita bene, cercando di sbagliare il meno possibile e evitando di allungare gli scambi all’infinito -ha raccontato la Pennetta -nel secondo set invece ho cominciato a pensare alla vittoria e mi sono innervosita». La scossa che serviva perla reazione non si è fatta attendere: «Al cambio di campo sull’l-1 ho pensato a quello di cui avevo bisogno per riprendere il controllo della partita - ha spiegato la ventiseienne pugliese quel punto sono riuscita a tornare concentrata sul match come avevo fatto nel primo set. Non trovo le parole per descrivere la mia felicità». Anche la Cornet, alla fine, si è inchinata alla superiorità della vincitrice: «Sono rientrata nel match quando lei ha cominciato a commettere qualche errore di troppo - ha confessato - poi ha ripreso il ritmo giocando in maniera quasi perfetta e per me non c’è stato nulla da fare». Flavia Pennetta assapora così il suo sesto successo in carriera, si avvicina alla Top 20 della classifica WTA e scavalca Raffaella Reggi nella classifica delle italiane più vincenti della storia (ora è preceduta ora soltanto da Sandra Cecchini a quota 12). Sempre ad Acapulco in campo maschile va registrato il clamoroso scivolone in finale dell’argentino David Nalbandian, piegato per 6-1,7-6 dallo spagnolo Nicolas Almagro.

Raffaele sogna una medaglia a Pechino 2008

(Il nostro numero 1, attualmente occupa l’undicesima posizione nella speciale classifica mondiale per i disabili, punta ad una medaglia a Pechino)

Samantha Trancanelli, il tempo del 03-03-08

Antonio Raffaele, romano, classe 1955, disabile dall’età di 15 anni, dopo aver giocato molti anni a basket in carrozzina, nel 1990 si è avvicinato al tennis. Tesserato con la Asd Wheelchair Roma Onlus, dopo aver disputato a gennaio il torneo Queensland Open in Australia e quello Internazionale di Sydney è attualmente il numero 11 del ranking mondiale. Se il discorso qualificazione per Pechino 2008 si chiudesse oggi, parteciperebbe alle Paralimpiadi. Il responso, però, arriverà solo a fine maggio. Dopo Atene 2004, per lui questa sarebbe la seconda esperienza paralimpica. «Ogni uomo ha un sogno - racconta Antonio - il mio è quello di partecipare a Pechino 2008 e vincere una medaglia. Avrei già pronta la dedica: a mia moglie Rossella, la mia prima tifosa da sempre»». «Attualmente sono 11° nel ranking mondiale - spiega Antonio - e questa è la mia posizione in classifica dopo aver disputato il Queensland Open in Australia dove ho perso in finale e il Torneo Internazionale a Sydney, in cui sono arrivato ai quarti. Dato che a Pechino andranno 12 atleti più altri quattro con le wild card, io attualmente sarei uno dei fortunati. I giochi però si chiuderanno a maggio, dopo gli ultimi tornei in Florida e in Giappone. Sono fiducioso, ma solo allora potrò godermi la tanto desiderata convocazione». Una valigia quasi pronta, insomma, quella di Antonio Raffaele, anche se mancano gli sforzi finali e poi tutto sarà proiettato verso il grande obiettivo di ogni sportivo e che per Antonio significherebbe la seconda esperienza paralimpica. «Atene tu fantastica dal punto di vista umano - racconta - perché era la prima volta e tutto sembrava ancora più bello e intenso. Dal punto di vista sportivo, però, non abbiamo raccolto grandi risultati. Pechino, invece, ci darebbe la possibilità di toglierci delle belle soddisfazioni e sarebbe l’occasione giusta per cercare di portare a casa una medaglia». «Un modo -conclude - per ringraziare tutti quelli che mi hanno sempre appoggiato, anche quando i risultati non arrivavano. Io ci provo».

2100: la fine dello sport? La Stampa http://www.lastampa.it/_web/cmstp/

Qualcuno ha scritto che il XX secolo è stato il secolo dello sport. Il XXI secolo potrebbe essere il secolo della fine dello sport. Almeno di quello che conosciamo. Si gioca troppo, e male. Troppo, e troppo presto. Troppo ottusamente. Pretendendo dagli atleti prestazioni disumane, e ripagandoli con guadagni – o promesse di guadagno – assurde, al limite dell’immoralità. Il lato selvaggio, crudele, che lo sport si è sempre portato sottopelle, fatica a rimanere sotto controllo – nonostante tutta la retorica sul fair-play. E la componente voyeuristica dello spettatore viene sollecitata nel modo peggiore. Le regole vengono cambiate per compiacere la tv, le sue logiche, raramente per migliorare realmente i contenuti sportivi (che non sono, non solo almeno, quelli puramente spettacolari). Il tennis si lamenta della stagione troppo intensa, dei danni che la superficie ormai diventata fondamentale – il cemento – provoca alle articolazioni degli atleti. Il doping palese e occulto gonfia corpi e muscoli fino a quando il “telaio” non riesce più a reggere le sollecitazioni. Né quelle fisiche, concrete, cui gli atleti vengono sottoposti in campo; né quelle apparentemente invisibili ma in realtà pesantissime imposte dallo show-business. “I giocatori non hanno una condizione fisica sufficiente a sopportare le nuove regole”, hanno iniziato a protestare in questi giorni alcuni allenatori di rugby, preoccupati dai ritmi forsennati che le novità in via di sperimentazione nell’emisfero Sud impongono agli atleti. Tutto ciò, si dice, è il prezzo che va pagato per accedere allo sport professionistico, cioè allo sport praticato al miglior livello possibile. Ma è vero? Non staremo invece regredendo ad uno stadio precedente, meno complesso, più primitivo? Prendete il tennis. Prendete, ad esempio, Andy Roddick. Un campione, certamente. Ma un campione incompleto. Incapace di giocare a rete in maniera accettabile. Roy Emerson, uno dei grandi australiani degli anni ’60, nei suoi camp estivi a Gstaad raccomanda ai giovani tennisti di “sviluppare un gioco a tutto campo. Imparate a venire a rete e ad anticipare. E’ importante farlo fin dall’inizio. E’ l’unico modo di imparare ad anticipare i passanti, sviluppando un miglior gioco di volo sin dall’allenamento”. Succede sempre più raramente. “Perché i ragazzi oggi iniziano a gareggiare troppo presto”, continua Emerson. “Sono troppo piccoli per venire a rete. Quando si gioca al volo si utilizzano muscoli diversi. Nessuno oggi lo fa, imparando a giocare d’anticipo. La palla arriva più veloce, per via delle nuove racchette non si ha più tempo per vedere che direzione prende. Per questo bisogna studiare gli avversari, capire come preferiscono passare, e tentare di anticipare le loro mosse, anche a costo di sbagliare. Ma per Andy Roddick ormai è troppo tardi, non può più imparare a farlo. Roddick non anticipa, e si fa passare tutte le volte. Guardate come stanno a rete oggi. Stanno lì e basta. Bisogna imparare a scommettere sulla palla giusta, ad azzardare, a non dare angoli sicuri all’avversario. Ma se non impari a farlo da giovane, non impari più”. Lo sport gonfiato, strapagato, muscolato, incosciente che tanto ammiriamo oggi, è davvero il miglior sport possibile?

Acapulco. La citta’ di Flavia. Sesto successo in carriera Matchpoint http://www.mpmtennis.com/index.php

Sesta vittoria in carriera per Flavia Pennetta, la seconda ad Acapulco, dove l’azzurra giunge in finale da cinque anni. Flavia, testa di serie n.1, ha battuto in finale la francese Alize Cornet (numero 2 del seeding) con il punteggio 60 46 61 in un’ora e 37 minuti di gioco. La terra battuta latino-americana si conferma, dunque, uno splendido trampolino per la Pennetta, che in questa sua trasferta sudamericana ha colto due significativi successi, il primo a Vina del Mar, in Cile, due settimane fa. “Adoro Acapulco”, ha detto a fine match la tennista pugliese, “qui riesco sempre a giocare il mio miglior tennis. Ho giocato un buon incontro, anche se nel secondo set mi sono fatta prendere un po’ dal nervosismo. Non trovo le parole per descrivere la mia felicita’…”.Con questo risultato, inoltre, Flavia ha superato Raffaella Reggi (5 vittorie) nella classifica delle azzurre più titolate della storia: davanti a lei ora c’é solo Sandra Cecchini, che di titoli ne ha vinti 12.

DI FLAVIA NEL WTA TOUR

2004 - Acapulco - F - sconfitta da Iveta Benesova 76 64 2004 - Palermo - F - sconfitta da Anabel Medina Garrigues 64 64 2004 - Sopot - W - vittoria su Klara Koukalova75 36 63 2005 - Bogotà - W - vittoria su Lourdes Dominguez Lino 76 64 2005 - Acapulco - W - vittoria su Ludmila Cervanova 36 75 63 2006 - Gold Coast - F - sconfitta da Lucie Safarova 63 64 2006 - Bogotà - F - sconfitta da Lourdes Dominguez Lino 76 64 2006 - Acapulco - F - sconfitta da Anna-Lena Groenefeld 61 46 62 2007 - Acapulco - F - sconfitta da Emilie Loit 76 64 2007 - Bangkok - W - vittoria su Yung-Jan Chan 61 63 2008 - Vina del Mar - W - vittoria su Zakopalova Koukalova 64 54 rit 2008 - Acapulco - W - vittoria su Alize Cornet 60 46 61

Scommesse on-line sospeso anche Luzzi

(Fede minaccioso: “questa storia non finisce qui”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 01-03-08

Duecento giorni senza giocare partite Atp e 50mila dollari di multa. Federico Luzzi è il quinto tennista punito per scommesse on-line: possibile che i colpevoli siano solo italiani? Il paradosso è scaduto abbondantemente nel ridicolo. Luzzi, che stangata: II doppio della pena di Galimberti. Cos’ha combinato? «E io che pensavo di esser messo meglio di lui. Anche se l’Atp aveva chiesto 18 mesi e 75 mila dollari e il suo giudice ha ridotto drasticamente la pena. “Galimba” ed io avevamo lo stesso avvocato, Ciro Pellegrino — pagato dalla Fit, che ringrazio per averci sostenuto anche moralmente —, anch’io, per un po’ non sono stato socio Atp, come Giorgio, e siamo andati entrambe in giudizio il 28 gennaio a Jaeksonville, in Florida, ma la mia sentenza è arrivata 6 settimane dopo e la pena è il doppio. L’Atp avrà protestato per la sua condanna troppo lieve». Galimberti ha scommesso 14 volte su se stesso, sempre a vincere, e Luzzi? «Una sola, di 3 euro, a vincere, e non l’ho fatta io, ma un amico che giocava sul mio conto. E ho sempre puntato poco: una media di 40 euro, 273 volte (836 match) , per un totale di 9-10 mila euro, mischiando tennis ad altri sport dal 2004 al 2007. Mi piace giocare, non ci vedo nulla di male, e a poker on-line ho puntato molto di più». Quale sarebbe stata la pena giusta per i tennisti scommettitori on-line? «Tre settimane un mese era già un messaggio forte. Anche perché nessun tour manager ci ha mai avvisato dei rischi che correvamo: avremmo smesso subito. Che assurdità, comunque, rispetto ai 2-3 mesi che danno a chi è positivo all’antidoping, e rispetto al vero problema, se c’è, delle partite truccate. Ma da allora dev’essere successo qualcosa… Sei mesi di squalifica sono troppi: ero rientrato dal numero 400 al 139, ripuntavo ai 100. Ma, a 28 anni, non posso ricominciare daccapo». Perché pagano solo gli italiani? «Strano, so per certo che altri colleghi giocavano, noi italiani però eravamo gli unici che Io facevamo per il solo gusto del gioco, infatti l’abbiamo fatto sul nostro conto e con la nostra carta di credito. Gli altri l’avranno fatto sotto altro nome. C’è qualcosa che non va. Forse gli altri avevano una classifica più alta, e paghiamo noi per tutti». E ora, cosa farà Luzzi? «Gli ultimi 2 mesi sono già stati come “Il miglio verde”, non avevo la testa per allenarmi e giocare: la squalifica poteva arrivare ogni giorno. Dopo i primi commenti al buio, abbiamo ricevuto la solidarietà degli altri giocatori e dell’ambiente, e anche Roger (Federer) se conoscesse esattamente la situazione rivedrebbe il suo primo giudizio. Solo che l’Atp la nasconde, ha cancellato anche il meeting di Melbourne. Ma questa storia non finisce qui». Telefono e computer i cyber scommettitori più veloci del satellite

(Quando il “vecio scriba” copri uno scommettitore al Roland Garros)

Gianni Clerici, la repubblica del 01-03-08

La lunga barba candida mi costringe spesso a manovrare con qualche goffaggine le invenzioni contemporanee, dal computer all’ iPod. Non sono, per altro, tanto obsoleto da sorprendermi alla notizia che ci viene da uno dei paesi degli emiri, tanto ricchi da dilettarsi con femmine tenniste. Nel corso del glorioso match tra Leonessa Schiamone e Justìne Henin, è stato invece indagato e scacciato uno spettatore che, in un ottimo tedesco, trasmetteva qualcosa che, a tutta prima, poteva apparire la telecronaca della partita. Accertato che il tipo non fosse un emulo di Giampiero Galeazzi, i dipendenti degli emiri non potevano non capire che il tipo comunicava con un suo complice, trasmettendogli il punteggio, nella fondata speranza che l’informazione giungesse prima del commento televisivo via satellite. Lo scarto di qualche secondo permetteva cosi di puntare con assoluta sicurezza sul tennista vincitore di tino scambio che, per gli scommettitori televisivi, era ancora ignoto. Vicende analoghe accadono nonostante le organizzazioni WTA (Women Tennis Assocìation) e ATP (Association Tennis Playérs) abbiano tentato di scoraggiare l’uso dei computers a Bordo campo. Simile furbata iniziò nel corso del torneo di Mìami dell’anno passato, e due spettatori che puntavano in diretta vennero allontanati dallo stadio. Io stesso fui spettatore di una vicenda di dubbia moralità, durante il Roland Garros, Proprio a due passi della tribuna, stampa, un giovanotto si affacendava intorno ai tasti, e come mi avvicinai, rivolgendogli la parola in francese, ebbe a rispondermi con un accento inconfondibile, informandomi: “Caro dottore, che s’ha da fa pe campà”. Il giovanotto continuò informandomi di essere un “aficionado precario”, desideroso di auto finanziarsi, e magari consentirsi anche qualche piccolo lusso. Il giorno seguente, mentre conversavamo, giunsero ad indagare un paio di inservienti non troppo ben disposti, e confesso la mia correità quando dichiarai: “Questo giovane è uno dei ‘ nostri migliori statistici, fa parte di una grande organizzazione italiana”. Detto ciò, mi vedo costretto ad ammettere che simili attività si svolgono a danno di scommettitori corretti, e quindi vanno scoraggiate, o magari punite. Peccato soltanto che l’assenza dello pseudo commentatore radiofonico non abbia portato fortuna alla Leonessa: eliminata dalla miglior tennista priva della battuta: la bellissima, coltissima, affascinante Elena Dementieva.

Doha, la Schiavone si ferma in semifinale ma il nostro tennis finalmente riparte

(La Pennetta trova anche il tempo di scherzare sul suo vecchio amore spagnolo)

Marco Lombardo, il giornale del 01-03-08

Una dura lotta, tre set feroci, ma il miracolo di Doha non si è ripetuto. Francesca Schiavone, che giovedì aveva battuto la numero uno al mondo Justine Henin, ieri non ce l’ha fatta ad approdare in finale, sconfitta 5-7,7-5, 6-2 dalla russa Dementìeva. Risultato comunque che non cancella il buon momento del tennis italiano che vede Flavia Permetta, in campo nella semifinale di Acapulco contro l’estone Kanepi. A Doha la Schiamone era attesa alla prova del nove e in fondo non ha deluso: il match è stato bello e avvincente, l’italiana ha sofferto di crampi già nel secondo set ed è quindi crollata nel terzo sia fisicamente che mentalmente: La Leonessa comunque è in crescita costante, ha eliminato alcune fragilità che ne hanno condizionato la carriera e si avvia a risalire la classifica (oggi è al numero 24) con l’obbiettivo dichiarato di entrare nella Top 10, Risalita che sta riuscendo anche a Flavia Pennetta, vincitrice ieri della russa Gallovìts 7-6, 6-1 e fuori dal tunnel in cui la love story finita con Carlos Moya l’aveva cacciata. Situazione sentimentale sulla quale oggi Flavia ha il coraggio di scherzare (lo ha fatto sul suo blog il giorno di San Valentìno), segno di una ritrovata maturità psicofisica. Così il buon momento delle donne coinvolge anche i tennisti uomini: sempre ad Acapulco Potito Starace è approdato ai quarti di finale prima di essere eliminato dall’argentino Nalbandian, mentre a Zagabria Simone Bolelli è stato sì sconfitto, ma solo in semifinale dal ucraino Stakhovsky. Risultati, insomma, che confortano in vista dell’inizio della stagione che conta con i tornei Master Series (per gli uomini) o Tier 1 (per le donne) e quelli del Grande Slam, Risultati in cerca dì conferma perché ottenuti in tornei minori (a parte quello di Doha, dov’erano presenti alla partenza le prime otto del mondo) dove comunque la battaglia è dura. Peccato però che, invece di godere all’unisono dei risultati dei nostri tennisti, in Italia se ne approfitti per fare la solita stucchevole polemica sulla primogenitura degli stessi. Che, tanto per chiarire le idee, e come recentemente ribadito al Giornale dall’allenatore di Andreas Seppi, Massimo Sartori, spetta solo ai giocatori.

La Leonessa fa da sé WildCard http://federico-ferrero.blogspot.com/

Mi arrivano notizie da Daniel Panajotti, il coach di Francesca Schiavone: non è a Dubai, dove invece ha spedito il suo amico e collaboratore Luis Delgado, che segue Francesca nelle tappe del Tour non ‘coperte’ da Daniel (il quale tiene per sé gli Slam e qualche Tier I). Dice, Panajotti, che è importante per la Leonessa non avere sempre nei paraggi “qualcuno cui scaricare le responsabilità, perché le partite deve vincerle da sola”. Pare che la scelta stia dando i suoi frutti: il match di ieri della Schiavone contro la numero uno del mondo Justine Henin, quattro volte campionessa negli Emirati in quattro partecipazioni, è stato un piccolo capolavoro, come quello di Seppi contro Nadal a Rotterdam la scorsa settimana. La nostra aveva perso sette volte su sette contro la regina del ranking e credo che la sua impresa di ieri valga più del successo di Fed Cup nel 2006 contro la Mauresmo, allora in vetta alla classifica. Una partita entusiasmante. Era interessante l’anticipazione di Panajotti per il match di oggi, che tutti pensavamo coinvolgesse Ana Ivanovic (”Dirò a Francesca di usare la tattica che Justine ha utilizzato in finale a Parigi 2007: la Ivanovic prese 6-1 6-1…”) Invece ha vinto la Dementieva. Non sarà facile battere Elena ma con una Schiavone in questa forma la fiducia è d’obbligo. Daniel sta collaborando con Carlos Rodriguez, il coach della Henin, per trovare una sede italiana dell’Accademia di Justine. Si stanno valutando proposte di alcune strutture del Nord Italia, presto si

FIT, perchè sempre critiche? Tennis Ace Il blog di Vittorio Campanile http://tennis.sport-blog.it/

A cosa serve fare polemica oggi che invece bisognerebbe festeggiare le prestazioni degli azzurri? Sul suo blog, Giancarlo Baccini, direttore della comunicazione della Federtennis, anziché celebrare le ottime prestazioni di Francesca Schiavone e Simone Bolelli lancia una frecciata a Rino Tommasi, che da quasi un anno ormai è l’obiettivo preferito della FIT. Il direttore della comunicazione si chiede il motivo del silenzio di Rino Tommasi sul successo della Leonessa. Va detto che il noto giornalista italiano in passato ha più di una volta parlato bene di Francesca Schiavone considerandola più di una volta come la nostra migliore tennista nonché in grado di poter entrare nelle prime 10 del mondo. Quello che mi chiedo io è a che serve un attacco del genere? Si fa così il bene del tennis italiano? Io sono convinto del contrario. Anziché attaccare chi non si “allinea” alla Federazione bisognerebbe fare qualcosa per migliorare la situazione del nostro tennis. La FIT sostiene che il tennis italiano è in un ottimo momento, Tommasi invece ritiene il contrario e per questo è vittima degli attacchi della Federazione. Io con chi sto? Ritengo che sicuramente il nostro movimento è in crescita, soprattutto rispetto a qualche anno fa, ma che non siamo ancora assolutamente usciti dal tunnel. Per cui anziché attaccarci perché non andare tutti nella stessa direzione e provare ad aiutare il nostro movimento? La FIT ha appena fatto una mossa non comprensibile, cacciare Brandi e prendere Infantino per seguire solo un tennista Trevisan perché nel frattempo Fabbiano e Lopez erano andati via, perdendo grazie a questa scelta anche Riccardo Piatti. Su “Il Giornale” Massimo Sartori ha lanciato l’allarme proponendo però anche una soluzione “interna”. Una critica costruttiva, quelle cha dalla Federtennis non arriva mai. Sarebbe stato bello avere una risposta o una spiegazione a questa scelta, manca un progetto in Federazione, è quello che sostanzialmente dicono i tennisti azzurri, ma nessuno gli risponde. Non c’è un responsabile tecnico, è tutto in mano a Palmieri, perché? Anziché attaccare Tommasi perché la FIT non risponde a questi problemi? Schiavone, che reazione così sfata il tabù Henin

(Francesca: “la mia vittoria più grande”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 29-02-08

Ognuno ha il suo destino. Francesca Schiavone è nata per soffrire. Di più: per morire e rinascere quasi in ogni partita. Così, soffrendo per quasi 3 ore, la «leonessa» ha abbattuto sul cemento di Dubai il totem Justine Henin, superando la numero uno del mondo, che è davvero la più brava, non solo per il computer che stila ogni settimana la classifica, ma per tutte le avversarie che la chiamano «la Federer delle donne». «Avevo già battuto un’altra numero 1, Amelie Mauresmo, in Fed Cup, ma per battere Justine devi essere a un livello alto e questa per me è la mia vittoria più grande», dice la Schiavone. VIA CRUCIS Per entrare nel guinness dei primati del tennis italiano, Francesca prima è passata per la via crucis di sette sconfitte in altrettanti tentativi (spesso mordendosi le mani per aver tremato, per aver frenato, per non averci creduto abbastanza). E anche stavolta, nei quarti di un torneo con premi per un milione di euro, ha ricominciato il tira e molla con se stessa, rischiando e vincendo il primo set al tie-break e poi tirando indietro braccio e piedi sul 5-2, quando ha servito per il match. «Non ho spinto abbastanza e Justine ha preso il suo ritmo. Con lei ogni punto è un match point». BRIVIDI Che momento. Mentre uno spettatore con un computer sulle ginocchia veniva minacciato di espulsione, nel clou delle cacce alle streghe dello scandalo scommesse on-line, Francesca è rimasta fedele al personaggio, scivolando 5-6 dopo aver fallito un match point con il dritto sul 5-4 40-30. Ma quando sembrava ormai soverchiata dalla frustrazione e dalla rabbia, ha ritrovato il genio, accanto alla sregolatezza, è ridiventata padrona dello scambio, si è riscoperta «leonessa», come ama definirsi lei stessa, ed è arrivata al tie-break. Quindi, una volta lì, pur finendo due volte indietro di un mini-break, si è esaltata con una volée di rovescio, si e caricata con due tremori della belga (doppio fallo ed ennesima incertezza di dritto) e si è presa la partita più importante. «Mi sono detta: “O spingi adesso o vai a casa. E ‘ meglio che spingi”. Il lavoro paga e io ho lavorato su tutto. Sono cresciuta di testa e di fisico. Sapevo di dover essere aggressiva, non sempre ma spesso, e ha funzionato». CARATTERE La Schiavone esprime pienamente le emozioni, belle o brutte. La Schiavone è capace di esaltanti fiammate e violente frenate. La Schiavone è indecifrabile: può essere fantastica, come nelle ultime due trionfali stagioni di Fed Cup, e negativa, come nella Waterloo di febbraio con la Spagna. La Schiavone è unica, come grinta, nel panorama italiano, forse ancor più pugnace della miglior Raffaella Reggi. Ma è più atleta, più fisica, più competitiva ad alto livello. Coach Daniel Panajotti, che in molti tornei la fa accompagnare dal miglior amico e collaboratore, Luis Delgado, suggerisce: «E’ tornata a giocare come sa e ricomincia ad utilizzare la testa, il suo problema non è il tennis, ma la continuità, soprattutto di fiducia che ha in se stessa. Speriamo che dopo aver battuto la Henin si svegli bene e vinca semifinale e finale». FILOSOFIA Lei, Francesca, si racconta sempre meglio con gli anni: «Mi sento bene. Io lavoro così tanto, io sono così sensibile e devo pensare a tante di quelle cose in ogni punto e in ogni match… L’ispirazione me l’hanno data Navratilova e Graf: avete visto quella stop volley? Sembravo Martina!». La regina è caduta, viva la regina: «Lei ha sbagliato qualche colpo, ma io non le ho mai dato la chance di entrare in campo e venire a rete come fa sempre lei. Stavolta mi dicevo: “Vieni avanti, ma io sono qui”. Avevo il 50% di possibilità, ma per fortuna alla fine l’ho spuntata, 51% contro 49%. Perché Justine anche se gioca male può sempre vincere, perciò è la numero uno. Ora spero di ricaricare le batterie e ripartire, come se fosse ancorali primo turno. Il prossimo match non devo pensare a quello che ho fatto in questo». Poi, Francesca Schiavone, per restare Francesca Schiavone, è scappata via «per correre 10 minuti». Mentre la Henin applaudiva: «Ha giocato meglio, ha meritato, ha vinto lei. Brava». (ha collaborato Bill Scott)

(Francesca: “Nel secondo tie-break mi sono detta o spingi o vai a casa”)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 29-02-08

Francesca, seduta sulla panca a bordo campo, cercava di ritrovare la serenità. Stava giocando da due ore contro Justine Henin, numero 1 del mondo - Per sette volte aveva già incontrato la belga e aveva sempre perso. Adesso la Schiavone era avanti 7-6 5-4 e andava a servire per il match. Justine, fredda come un giocatore di poker, sembrava non curarsi di quanto stava accadendo attorno a lei. Poi, girava lentamente il viso verso sinistra e rubava con un’occhiata l’anima dell’azzurra. Vedeva la tensione sul volto della milanese. Se ne era già accorta prima. Francesca le aveva inflitto due break consecutivi ed era andata a guidare 5-2 e servizio. Fino a quel momento la Schiavone aveva giocato una partita perfetta. Meglio di rovescio che di dritto, al punto da limitare i tentativi di lungo linea della belga. Ma soprattutto era stata in campo con grande coraggio, non avendo paura di lanciarsi a rete sostenendo gli attacchi con una adeguata preparazione. Ritmo alto, palle profonde, pochissimi errori gratuiti. E Francesca si era trovata a un passo dal grande colpo. Match point sul 7-6 5-4 40-30. E’ in momenti come quelli che, come dice il coach Daniel Panajorti, avrebbe bisogno di Diego Abatantuono. «Quando la squadra eccezzziuunale sta per segnare un gol decisivo, il faccione di Diego esce a pieno schermo. Lui allarga le braccia e recita: un moomeeento. E la tensione svanisce. Ecco, con un po’ di serenità in più i momenti decisivi non verrebbero sprecati stavolta è stata veramente brava». Quel match point lo ha però fallito. E quando la Henin è andata a condurre 6-5, mettendo in cascina il quarto game conse-cutivo, i dubbi sono entrati nella testa di tutti noi. Chissà, ci chiedevamo, se Francesca sta pensando a tutte quelle occasioni che avrebbero potuto cambiare il cammino della sua carrièra. Quella volta a Sydney nel 2006 sempre contro la Henin, le imprese sfiorate con Kuznetsova e Chakvetadze a Mosca in finale di Fed Cup lo scorso anno. Stavolta no. Non si sarebbe fatta sfuggire il momento giusto. Gli atleti chiamano zòne quella zona magica in cui gli errori non appartengono al loro cammino. Ieri nella zone è entrata Francesca Schiavone. E l’ha fatto nel momento decisivo, in un tie break, quando si deve giocare più con la testa che con il fisico. E lei l’ha giocato con coraggio, attenzione, bravura. «Francesca è da prime 10 del mondo. Ha il potenziale tecnico per battere qualsiasi avversaria. Per fare il grande salto deve trovare la continuità, riuscire ad esprimersi per più partite ad alto livello. Sono felice per lei». Parole di Corrado Barazzutti, capitano di Fed Cup e Coppa Davis. E’ un momento buono per l’Italia del tennis. Flavia Pennetta che vince il torneo di Vina del Mar, Andreas Seppi che batte Rafa Nadal, Karin Knapp in finale ad Anversa. E ieri la vittoria di Francesca Schiavone su Justine Henin, numero 1 del mondo. «Contro di lei è come se giocassi un match point ad ogni 15. Così quando sono arrivata al secondo tie break, mi sono detta: o spingi adesso o te ne torni a casa. Per battere Justine devi esprimerti ad alto livello. Ed io stavolta l’ho fatto. Penso che questa sia la più bella vittoria della mia vita. Forse lei ha sbagliato qualcosa, ma io non le ho mai dato la possibilità di provate a vincere». Parole di Francesca Schiavone, l’italiana più forte di sempre.

Impresa della Schiavone. Battuta Henin la numero uno

(Il tecnico Panajotti: “Oggi Francesca finalmente crede nelle proprie potenzialità”)

Stefano Semeraro, la stampa del 29-02-08

Buona l’ottava. Dopo sette sconfitte, e un solo Set vinto, Francesca Schiavone ieri sul cemento del Dubai, nel torneone da 1,5 milioni di dollari foraggiato dal paese più trendy del momento, ha battuto la n. 1 del mondo Justine Henin. Due tie-break (7-6 7-6), il secondo strappato alle unghie della belga dopo essersi fatta rimontare da 5-2 a 5-6 e aver sprecato anche un match point sul 5-4, alla fine di 2 ore e 26 di lotta. Francesca, ex n.ll Wta, ora scesa al n.24, una regina l’aveva già sconfitta: Amelie Mauresmo, in Fed Cup, nel 2006. Questo però è lo scalpo più nobile nella carriera della 27enne milanese, oltre che il terzo successo di un’italiana contro una number one (di nuovo la Henin, battuta da Tathiana Garbin al secondo turno del Roland Garros nel 2004), Perche Justine è una n.l vera. A Sydney, due anni fa, la Schiavone era già arrivata a un nulla dall’impresa. Conduceva 6-3 4-1, sprecò una palla per il 5-1, anche nel terzo set si ritrovò avanti 5-3. Puff, i nervi la tradirono. «Vi ricordate di Abantatuono in Eccezziunale Veramente?», sorride Daniel Panajotti, il coach di Francesca che da quest’anno ha affidato la gestione nei tornei della nostra miglior tennista al suo collaboratore Luis Delgado. «Quando sta per arrivare il gol, Abatautuono inizia a dire: “momeento… momeento”. Ecco, nel film della carriera di Francesca bisognerebbe proiettare la faccia di Diego tutte le volte che si è trovata a un passo dal battere le grandi e si è fatta scappare l’occasione». Maledetta paura di vincere. Stavolta però è andata bene. «La differenza è che adesso Francesca ci crede», continua il tecnico argentino, che fra l’altro è connazionale e molto amico di Carlos Rodriguez, il coach della Henin, e sta proprio per lanciare in Italia la filiale della Academy tennistica inaugurata a novembre in Belgio dalla n.l e dal suo pigmalione. «Il gioco di Francesca da molto fastidio a Justine. Oggi è stata brava a impostare la partita sul colpo più fragile dell’avversaria, il dritto. E che fosse in giornata l’ho capito quando, dopo aver vinto il primo set, non si è rilassata». Dopo la finale della Knapp ad Anversa e il successo di Seppi contro Nadal a Rotterdam è il terzo lampo del nostro tennis in questo inizio di 2008. Ora si tratta di tenere accesa la luce. Francesca ha l’occasione per farlo oggi in semifinale contro la Dementieva.

Bolelli, Seppi, Knapp il tennis azzurro nel segno dei giovani

(I nostri giovani ottengono buoni risultati ma la stampa italiana si dedica agli insulti di Maratona ed alle favole della Sharapova)

Massimo Rossi, Libero del 27-02-08

La scorsa settimana ho gioito per i successi di Karin Knapp ai torneo di Anversa dove la racchetta di diamanti le è sfuggita solo in finale contro la Henin, oggi gioisco per i bei risultati messi in fila a Rotterdam da Seppi, compagno di banco di Karin a Caldaro alla premiata scuola Sartori. Lo so che Andreas questa settimana è uscito subito al primo turno a Zagabria contro un sudafricano totalmente sconosciuto e so anche che a Rotterdam ha poi perso nei quarti contro un Soderling che era alla sua portata, ma le due vittorie contro Hewitt e soprattutto contro Nadal restano, perché sono il segno che il ragazzo è maturo e pronto per l’assalto ai primi venti posti della classifica. Intanto puntiamo anche sulla crescita costante di un giovanissimo Bolelli, che a Zagabria sta invece facendo molto bene. È strano come in Italia le cose non funzionino mai tutte insieme. In un momento dove tutto sommato intravediamo, dopo anni di oscurantismo, un buon futuro per il nostro tennis grazie a tanti giovanissimi - Bolelli, Fognini e lo stesso Seppi tra i maschi, Knapp ed Errani fra le ragazze - improvvisamente vengono a mancare altri pezzi del sistema come la stampa specializzata e qualche guru della categoria coach. Da sempre chi ama il tennis lamenta lo scarso spazio che i media dedicano a questo bellissimo sport, e non a torto, perché trovare notizie di tennis sui giornali è cosa rara. Spiace quindi vedere sprecati questi pochi spazi. Intere pagine dedicate alla maleducazione di Maratona sugli spalti durante il match tra il nostro Starace e Nalbandian oppure altro Sharapova che in Vietnam (ma cosa ci faceva?) si imbatte in un gruppo di bambini che gioca a tennis senza palline (you remember Michelangelo Antonioni?) per mancanza di soldi e si prodiga quindi in loro aiuto, non servono alla diffusione del tennis nel nostro Paese. Chiedo scusa per lo sfogo. Evviva Libero che invece di tennis mi fa scrivere tutte le settimane. Venendo ai coach, e poi chiudo con le polemiche, mi è spiaciuto leggere che secondo Riccardo Piatti l’unico modello corretto per i nostri atleti più giovani sarebbe la famiglia di Djokovic, poco importante invece l’organizzazione nazionale, gli investimenti e la programmazione generazionale. Quello che conta, sembra, è insegnare ai bambini bravi che non devono aver paura di aver coraggio (come diceva quel tale!) e circondarli di tanto affetto e tanta attenzione a che non si spaventino, con il rischio di farli allontanare dallo sport. Mah! Anche la recente scelta federale di affidare i nostri giovani talenti all’argentino Eduardo Infantino mi lascia perplesso e mi ricorda cattive esperienze passate (you remember Thomas Smid?). Allora tanto valeva raccogliere la dichiarata disponibilità di Riccardo Piatti e rinnovargli quella fiducia che comunque merita, a patto che si dimentichi della famiglia Djokovic! Sky beffa la Rai sui diritti. I Giochi anche in pay tv

(Mamma Rai sarà costretta ad andare a piangere da Murdoch per avere i diritti in chiaro)

Tiziana Bottazzo - Gianni Merlo, la gazzetta dello sport del 26-02-08

Stava calando la sera, quando Jacques Rogge, presidente del Ciò, ha fatto sapere: «Sono molto felice che sia stato raggiunto un accordo con Sky Italia, che ci permetterà non solo di aumentare la copertura tv dei Giochi Invernali di Vaneouver 2010 e di quelli estivi di Londra 2012, ma garantirà anche un’importante promozione degli sport e dei valori olimpici in Italia». Era stato firmato l’accordo per l’acquisizione di Sky Italia dei diritti televisivi in chiaro, criptati, internet e della telefonia mobile. Un colpo importante, dopo quello dei Mondiali di calcio in Germania…….E mamma Rai? E’ stata la prima reazione alla notizia. Forse rientrerà dalla finestra, come ha fatto coni Mondiali di calcio, ma è sconvolgente che sia rimasta sorpresa, attonita alla notizia. Nessuno si aspettava che potesse succedere. Anzi, abbiamo scoperto che l’ente di stato si è mosso male, sbagliando anche la sede a cui indirizzare le sue nuove offerte, dopo il gran rifiuto del 2004. IL FATTO Sky Italia ha iniziato l’estate scorsa la trattativa. Il Cio aspettava dì essere interpellato da una rete italiana e Sky aveva tutte le caratteristiche che stava cercando. Così Andrea Zappia, vicepresidente e anima dell’operazione, e Marco Pistoni, responsabile dell’acquisizione dei diritti televisivi, si sono presentati a Losanna per studiare la situazione. E in ogni riunione hanno trovato nel Cio un interlocutore attento, soprattutto quando è stata avanzata la prima proposta dettagliata che riguardava i diritti in chiaro, quelli criptati, internet e la telefonia mobile. L’ente olimpico vuole garantire a tutti l’accesso gratuito alle immagini più importanti della sua manifestazione, ma non vuole perdere le opportunità dei cosiddetti new media……Nel 2004 l’Eurovisione aveva chiuso il contratto con il Cio per le Olimpiadi in questione, ma la Rai si era chiamata fuori avanzando un’offerta bassissima: non più di 40 milioni di euro, insufficienti per rimanere nel gruppo europeo. Scelta che aveva lasciato la porta aperta ad un’altra rete italiana. Nella primavera scorsa Claudio Cappon, direttore generale, e Giuseppe Pasciucco, responsabile dell’acquisizione diritti sportivi, si erano ripresentati all’Eurovisione con una nuova offerta, attorno ai 70 milioni di euro, pei rientrare nella trattativa. Hanno poi bussato alla porta dell’Eurovisione una paio di volte, nell’autunno 2007 e poi prima di Natale. Ma l’ente europeo è rimasto insensibile, perché ormai la partita vera si stava giocando nella sede del Ciò a Losanna. IL FUTURO Sky Italia dovrà rivendere i diritti in chiaro ad un’altra rete, e quindi la Rai potrebbe tornare in gioco, perché Mediaset non sembra interessata, almeno pei il momento, Il pubblico quindi non sarà privato delle sfide più importanti sono garantite, ma chi vorrà approfondire il suo sport preferito lo potrà fare su Sky, che non aumenterà il prezzo dell’abbonamento per vedere l’Olimpiade, ma è già decisa a mettere in campo tutta la sua corazzata di canali, sport, extra, super e i 14 del calcio oltre all’alta definizione già operativa. “Mi farò l’abbonamento magari chiedo lo sconto”

(Bisteccone: “le Olimpiadi faranno la fine del tennis. A pagamento non lo guarda più nessuno”)

Marco Censurati, la repubblica del 26-02-8

GALEAZZI è la fine di un’epoca. «Non ci posso pensare». Malinconia? «Eh… un trauma» Quelle di Pechino potrebbero essere te sue ultime Olimpiadi, se ne rende conto? «Vorrà dire che per le prossime mi farò l’abbonamento, magari mi fanno lo sconto anziani». Ma adesso che non potrà più urlare agli italiani te imprese dei fratellini Abbagnale o di chi per loro, come si fa? «Si fa senza». Ma come, senza? “E certo. Senza. Questa storia mica danneggia solo la Rai. Danneggia anche gli spettatori e, soprattutto, lo Sport Olimpico che è destinato ad essere scordato”. Apocalittico. «Guardi: sono un veterano delle Olimpiadi. Ne ho fatte undici. Il tema lo conosco bene. Lo sport olimpico così, rischia di essere dimenticato. Perché ci sono tipi di emozioni che la gente non è disposta a comprare ma che vuole comunque vivere. Il pubblico guarda gli sport che non hanno l’appeal del calcio solo se tu glie li offri bene. Altrimenti no». Qualche esempio? «Ce ne sono a tonnellate. Io penso che la Rai sulle Olimpiadi abbia sempre fatto un servizio straordinario. Ha curato il prodotto e promosso lo sport olimpico. Facendo anche ascolto. E penso, tra l’altro, alla pallavolo femminile…». La Rai ha delle colpe enormi. «Mah. Non lo so. Forse sì. Però vi faccio notare che questa frase l’abbiamo detta anche quando da viale Mazzini si rifiutarono di spendere follie per dei prodotti che poi si sono dimostrati decotti, come 90° minuto». E allora di chi è la colpa? «Secondo me il Ciò non ha fatto un servizio a nessuno. Non agli spettatori, non agli sport minori, e nemmeno a se stesso. Le Olimpiadi faranno le fine del tennis». Che fine ha fatto il tennis? «Lo danno solo a pagamento e non lo guarda più nessuno…». Belgrado la nuova gioventù

(Djoko: “non dobbiamo perdere il Kosovo”)

Renata Caprile, la repubblica del 25-02-08

Nella tragica notte dell’assalto alle ambasciate, Vladan Jankovic era in piazza come decine di migliaia di altri ragazzi. Per il Kosovo, certo, ma anche perché aveva voglia di fare un po’ di casino. Ma quando vide la pessima piega che stava prendendo la protesta, sconsolato disse agli amici: «Me ne tomo a casa». E poi aggiunse: «Narode, oe Evrosong». «Ragazzi ci siamo giocati l’Eurosong». Si riferiva alla kermesse canora europea che a maggio si dovrebbe tenere a Belgrado, un evento attesissimo, sempre ammesso che per motivi di sicurezza il Comitato organizzatore internazionale non decida altrimenti. La musica, insomma, ebbe il potere di fermare Vladan e chissà quanti altri come lui. Quella musica, rock o folk, che fa impazzire i giovani serbi addirittura più del calcio e del basket basti pensare che l’anno scorso in cinquantamila salutarono il ritorno da Helsinki di Marja Serifovic, la trionfatrice dell’edizione del 2007. La ragazza di Kraguejevac che era stata capace di un’impresa mai riuscita a nessun altro cantante serbo: vincere l’Eurofestìval. Per anni i serbi si erano dovuti accontentare solo di piazzamenti, secondo, quarto, decimo posto. A dirla tutta, una vittoria in passato c’era già stata, ma erano i tempi della Jugoslavia e a sbaragliare il campo era stato un gruppo, i Riva, per giunta croato. Non il massimo, dunque per i nazionalisti di qui. Bellissima voce, icona gay, dopo Helsinki Marja Serifovic da quasi sconosciuta fa presto a diventare una stella di prima grandezza. Se la contendono non solo i teatri e le arene di Belgrado, Novi Sad e Nis, i talk-show di tutte le emittenti televisive, ma anche i politici di prima grandezza. Come Tadic, Kostunica e Nikolic che si mettono in fila per farsi fotografare con lei. Una beniamina dei giovani può infatti spostare un consistente pacchetto di voti. Nikolic le affida addirittura la chiusura della sua campagna per le presidenziali, provando a sfruttare in chiave patriottica la bellissima canzone «preghiera» con la quale Marja aveva trionfato in Finlandia. Il successo di Marja non solo inorgoglisce vecchi e giovani ma per una nazione con un’economia in ginocchio come la Serbia, può diventare addirittura un grande business. Da paese vincitore tocca infatti a Belgrado organizzare “Eurosong2008″. L’Arena, la struttura polifunzionale di Novi Beograd che ha già ospitato i campionati mondiali di basket, ha già venduto gran parte dei ventimila biglietti disponibili. E dal 19 al 25 di maggio sarà un’impresa trovare una camera in un albergo della capitale. A due mesi dall’inizio della manifestazione siamo già al tutto esaurito. E gli organizzatori stanno provvedendo a mettere in piedi a tempo di record ostelli e “bed and breakfast” per accogliere la gran massa di ragazzi che soprattutto dai Balcani presumibilmente si riverserà a Belgrado. A condizione però che il Kosovo, il nervo scoperto della serbità, non mandi all’ultimo momento tutto all’aria e faccia perdere milioni di euro solo in diritti televisivi. In un paese, la cui storia g prevalentemente costellata di sconfitte, si capisce come i vincenti nella musica o nello sport facciano presto a diventare eroi nazionali. Dalla Serifovic a Novak Djokovic —il terzo, classifiche alla mano, più forte tennista del mondo—il passo è breve. Per la finale degli Australian open, vinta per l’appunto da Djokovic, tutto il paese si è fermato e per ore se n’è stato incollato davanti alla tv. E dire che il ventenne Djokovic in Serbia ormai non vive più da tempo. Ma siccome è un’icona di prima grandezza qualcuno deve averlo costretto, in occasione della grande manifestazione contro l’indipendenza del Kosovo, a dire la sua. Non se l’è sentita di venire, aveva impegni sportivi — si è scusato — ma in compenso ha inviato un breve video-clip. In cui con la faccia serissima sembrava dire cose in cui non credeva per nulla. Eppure è bastato il suo «Il Kosovo è la terra dei nostri padri ed io come voi non sono disposto a perderla» per scatenare molti più applausi di quanti fossero riusciti ad ottenere Kostunica o Nikolic. Eppure i giovani, certamente non quelli che hanno messo a ferro e fuoco il centro di Belgrado giovedì scorso sono la speranza di questa nazione che sembra fare di tutto per ancorarli al passato. «Si fa presto a criminalizzare la gioventù di un paese, presentandola come è successo in questi giorni come una banda di teppisti che assaltano edifici o svaligiano negozi—spiega Ivan Popovic, docente di sociologia dell’Università di Belgrado — perché si dimentica sempre che sono quasi vent’anni che questi ragazzi per una questione di visti non hanno potuto viaggiare, vedere altri paesi, confrontarsi con i loro coetanei, inglesi, francesi o italiani. Costretti a rimanere qui, a nutrirsi spesso solo di paccottiglia patriottica. Sono anche loro, quindi, da annoverare tra le vittime della guerra, della chiusura in cui la classe politica ha costretto il nostro paese».

Sharapova da libro Cuore Beneficenza in Vietnam

(Dopo aver visto giocare dei bambini senza palline “Masha” ha deciso di far costruire dei campi da tennis)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 24-02-08

Immaginatevi la scena. Immaginatevi la famosa Maria Sharapova in viaggio in Vietnam. Fuori caldo appiccicoso, dentro l’automobile aria condizionata che non allevia la siberiana dalla pelle bianchissima. Che è preoccupatissima di evitare il calore più pericoloso, quello degli ammiratori, che sono tanti, anche in quel paese asiatico. E immaginatevi che «Masha», come la chiamano parenti e amici, chieda all’autista di lasciare la strada maestra. E li, fra i frutteti per Lai Thieu, nel sud del Paese, all’improvviso, sulla stradina sterrata, polverosa, in un’atmosfera tanto diversa dalle linde florida e California dov’è cresciuta, l’algida biondina si blocchi stupita davanti a più bambini che scacciano l’aria con gli scaccia-mosche. Favola Immaginatevi che la famosa, altezzosa, viziata Sharapova, che fa sognare tutti gli uomini che assistono a una partita di tennis e fa indispettire tutte te donne, chieda all’autista di fermarsi un attimo. Perché quel miracolo, che sembra uscito dalle pagine del Cacciatore di Aquiloni di Hosseini Khaled, merita attenzione. Dov’è la palla? Non c’è palla. «Perché giocano senza palla?», chiede, curiosa, la divina Maria. E il pover uomo risponde, rosso di vergogna: «Amano il tennis ma sono poveri e non possono pagarsi le palle». La Sharapova dev’essere tornata bambina, quando inseguiva un sogno chiamato tennis, in Siberia, e si spostava prima sul mar Nero, poi in florida, ma solo a costo di abbandonare mamma in Russia (senza visto), e di sbarcare negli States con quel duro di papa Yuri e un capitale di 500 dollari. La Sharapova ha un cuore, sicuro, e un cuore grande, di quelli che non si sbandierano in giro ma che firmano assegni in silenzio, Se è vero come è vero che un mese dopo la Federtennis vietnamita ha ricevuto via internet un file con la dicitura: «Piani per la creazione del campo d’allenamento Sharapova di Bang Ey». EPILOGO Come finirà la favola? All’inizio dell’anno la Sharapova ha spedito un emissario in Vietnam per capire perché finora nessuno abbia risposto alla sua proposta. Una proposta che non si può rifiutare. Seppi, compleanno record primo italiano a battere Nadal

(Andrea: “ho dimostrato che il tennis italiano non è solo scommesse”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 22-02-08

“Ho battuto Nadal, il tennis italiano non è solo scommesse on-line e squalifiche ingiuste, possiamo parlare dì tennis giocato” Un attimo dopo l’impresa nel secondo turno di Rotterdam, Andreas Seppi scopre che ha fatto molto di più che eliminare il numero 2 del mondo, Rafael Nadal Al di là dei tre set «giocati molto bene, a parte una leggera flessione a metà primo set, dopo aver preso il break per primo, e un calo dì intensità sul 5-2 del terzo, quando ho avuto 2 match point; e ho spinto poco, ho arretrato, ho “remato” un po’ troppo. Errore che non ho fatto sul 5-4, quando ho chiuso».LUCIDITÀ «Avevo già prenotato il volo di ritorno, invece per i miei 24 anni mi sono regalato il primo successo di un italiano su Nadal, che onore, il miglior regalo che mi potessi fare». Mai, Andreas Seppi da Bolzano aveva messo insieme le idee con tanta freddezza e rapidità, mai era stato spiritoso col microfono. Eppure l’allievo di Massimo Sartori a Caldaro (a 15 chilometri da Bolzano), aveva avuto altri acuti (pur da appena numero 42 del mondo), battendo 3 «top 10», fra cui Hewitt (4 a Sydney 2006). TATTICA Mai Andreas, che, pian piano, negli anni, ha accoppiato ai 190 centimetri d’altezza 70 chili di muscoli, aveva gestito un match «molto delicato, giocando male e restando 3 ore in campo», come contro Hewitt mercoledì, e 24 ore dopo si è ritrovato ancor più forte di testa e di gambe contro Nadal. «Come match è stato più facile. Perché Rafa non fa tanto male col servizio, mentre il cemento indoor è la mia superficie ideale, e io giocavo proprio bene, aggressivo, attento ad affondare su ogni palla corta che lui mi rimandava di rovescio e a spingere di dritto, pronto a cercare io i punti. Ho anche servito molto bene. E ora riesco a tenere i piedi più vicini alla riga, e i miei colpi fanno più male». Tanto che Nadal mastica amaro: «Ho perso di concentrazione, ho avuto un calo dopo il primo set e non mi sono più ripreso». SVOLTA Alla video-chat in Gazzetta alla vigilia degli Open d’Australia, il suo allenatore di sempre, Sartori, scommetteva: «E’ pronto, manca solo il torneo in cui mette insieme 2-3 vittorie di fila, ma fisicamente è quasi sviluppato del tutto, mentalmente è maturato, sa cosa vuole e come ottenerlo. Si conosce meglio». Svolta tecnica con Massimo, svolta fisica con Lisa, la signora Sartori, il preparatore atletico. «Dopo 3 ore dure contro Hewitt, Andreas era subito dì nuovo pronto, e sul 5-2 40-40 del terzo set ha servito a 207 all’ora. Siamo arrivati a una qualità alta anche avanti, nel match. Infatti, sul 5-4 ha messo 3 prime, e ha vinto», gongola ancora il coach. Che, dopo aver imparato da Riccardo Piatti, sta facendo scuola a Marco Boesso, cui ha affidato Karin Knapp, non a caso l’altra italiana di grido iscritta al Tc Caldaro. RIVALITÀ Crescendo di tennis e d’italiano, Andreas non è più timido: «Io e Karin stiamo facendo la gara a chi è più avanti in classifica, chi vince si sceglie l’orario d’allenamento, a Caldaro, e finisce prima… Vincendo Bergamo ero andato avanti io, lei mi ha sorpassato con la finale di Anversa e adesso io, battendo Hewitt e Nadal, passo avanti ancora. Ehi, sia chiaro: siamo solo amici, niente di più». Buon compleanno. Magico Seppi Batte Nadal nel giorno del compleanno

(Sartori: “Andreas è maturato moltissimo ed è pronto per una grande stagione”)

Stefano Semeraro, la stampa del 22-02-08

L’ultimo italiano capace dì battere Rafael Nadal era stato F¬lippo Volandri, in un challenger, nel 2003, quando Nadal non era ancora Nadal, Andreas Seppi, n. 42 Atp, ci è invece riuscito ieri, nel giorno del suo compleanno a Rotterdam (3-6 6-3 6-4), uno dei grandi tornei indoor della stagione, dove nel ‘91 Camporese superò Lendl in finale. Una vittoria convincente, la sua, cui il pubblico alla fine ha cantato «Happy Birthday» e che arriva a un solo giorno di distanza dal successo sull’ex n. 1 Lleyton Hewitt. È un inverno felice per Andreas e per il Trentino, vista la finale raggiunta la settimana scorsa ad Anversa da Karin Knapp, sua compagna di allenamenti a Caldaro «Facciamo a gara a chi arriva più in alto in classifica». Già vincitore quest’anno del challenger di Bergamo, Seppi sta riemergendo alla grande da un 2007 fatto di pochi risultati, molti dubbi e tanto lavoro. «Tutte le tessere stanno andando a posto - dice Massimo Sartori, suo coach da sempre -. Due anni fa Andreas esplose ad Adelaide, scalando la classifica senza rendersi bene conto del suo valore. L’anno scorso ha avuto una flessione dovuta anche al lavoro fatto per migliorare i colpi». Un lavoro che sta pagando: «Ho un servizio efficace e un gioco più vario - dice Seppi - oltre ad un fisico fortissimo. Sono maturato, ho messo ordine nella sua vita e anche il tennis ne ha beneficiato». Oggi nei quarti, contro il vincente fra Soderling e Verdasco lo attende una Importante prova del nove. Monica Seles dalle volée al tango dopo il tennis, ballerà tra le stelle

(La nuova vista da star di Monica)

Roberto Zanni, il corriere dello sport del 21-01-08

MIAMI - Dalla volée al tango, dagli aces al cha cha cha. Ecco la nuova ‘carriera’ di Monica Seles che soltanto giovedì scorso ha annunciato il suo definitivo ritiro dai campi da tennis. Martedì la ABC ha reso note le dieci coppie che parteciperanno alla sesta edizione di ‘Dancing with thè Stars’, la seguitissima edizione americana di “Ballando con le stelle” e Monica, 34 anni, sarà sul nuovo, inedito, campo di gara da lunedì 17 marzo in coppia con Jonathan Roberts per una sfida che la vedrà di fronte, tra gli altri, a famosi personaggi dello spettacolo e dello sport come Priscilla Presley, le attrici Shannon Elizabeth e Marlee Matlin, l’attore Steve Guttenberg e poi ancora Jason Taylor, giocatore di football americano dei Miami Dolphins. Erede di Castroneves? - Ormai è diventata una consuetudine la partecipazione di atleti a “Dancing with thè Stars”, l’anno scorso ci furono l’imbattuto campione del mondo di boxe Floyd Mayweather (ma rende molto di più sul ring…) e Helio Castroneves, il pilota brasiliano della Indy Car che invece ha aggiunto alle sue due vittorie nella 500 Miglia di Indianapolis anche un successo come ballerino. L’edizione 2007 infatti l’ha vinta in coppia con la diciannovenne Julianne Hough (che questa volta ballerà con l’attore comico Adam Carolla) con la quale poi, una volta finito di danzare, è stato ‘pizzicato’ durante una romantica cena all’esclusivo Tao di New York……«Continuerò a giocare match di esibizione - ha detto la Seles da Miami la settimana scorsa -e a promuovere questo sport che è stato per tanto tempo una parte importante della mia vita. Ora avrò più tempo per le mie due grandi passioni, i bambini e gli animali, ma guarderò avanti alla ricerca di altre opportunità». Ma nessuno si aspettava che la prima sarebbe stata una gara di ballo.

Dalla Russia: «Il Kosovo a Pechino»

(E se un giorno incontrassimo il Kosovo di Djoko in Davis?)

Roberto Maida, il corriere dello sport del 21-02-08 Putin non vuole sentire parlare di Kosovo indipendente, ma lo sport russo gli va contro: è pronto ad accogliere alle Olimpiadi gli atleti del nuovo stato. Non è un’indiscrezione, ma una notizia ufficiale. Leonid Tiagaciov, presidente del “Coni” di Mosca e senatore della Repubblica, ieri ha annunciato: «Spetterà alla politica stabilire il futuro del Paese, ma sarebbe ingiusto se gli atleti kosovari non partecipassero ai Giochi di Pechino, dopo essersi allenati per quattro anni in vista di questo traguardo». Una frase importante, fragorosa, in un periodo nel quale molte nazioni sono indecise se riconoscere il Kosovo o meno. Soprattutto considerando che le Olimpiadi si faranno in uno stato, la Cina, che appoggia la battaglia dei serbi contro la secessione della regione. CALCIO E NON SOLO - Ma a prescindere da quello che succederà nel 2008, un fatto è certo: in Kosovo, o Kosova come si chiamerà in lingua albanese, stanno organizzando le loro nazionali per competere in tutti gli sport. Già da molti anni nella capitale Pristina esistono federazioni e campionati di calcio, basket, pallamano e tennis, quattro sport molto popolari nei Balcani. E una selezione di calciatori, simile a quella basca o catalana, ha giocato sette amichevoli internazionali dal 1993 a oggi: l’ultima nello scorso giugno, con una vittoria di prestigio (1-0) contro l’Arabia Saudita. Nel calcio, d’altra parte, sono molti i kosovari professionisti: il più famoso è il laziale Valon Behrami, che ha lasciato la sua terra da bambino e ha deciso di giocare per la Svizzera nonostante la possibilità di scegliere l’Albania, la madre terra della grandissima maggioranza della popolazione. In Italia, grazie al passaporto svizzero, sta emergendo anche Rijat Shala, 24 anni, interessante centrocampista del Cagliari: non ha ancora debuttato in A causa degli infortuni, ma presto dovrebbe essere lanciato. E poi c’è Samir Ujkani, che potete conoscere nell’intervista in questa pagina. Nell’Albania giocano anche Cana, centrocampista del Marsiglia, Berisha, attaccante del Burnley (serie B inglese), e altri calciatori di campionati minori. L’ACCORDO - Un giorno, magari nelle qualificazioni agli Europei del 2012, alcuni potrebbero rappresentare il Kosovo. Perché un accordo tra Fifa, Ue-fa, federazione di Pristina e federazione albanese lo prevede: se il Kosovo sarà affiliato alle confederazioni calcistiche, potrà convocare i giocatori nati nella sua regione. Derogando alla regola generale che impedisce a un professionista di giocare per due nazionali diverse. Naturalmente ci vorrà il consenso di chi sarà chiamato in causa. Da definire la posizione di Behrami: avendo accettato di rappresentare una nazione diversa dall’Albania, per andare a servire la patria dovrebbe probabilmente ottenere l’ok della Svizzera. Ammesso che lo desideri, se ne riparlerà. Ma il progetto, nel calcio e negli altri sport, sta nascendo: Kosovo e basta. E non è una novità da poco.

Knapp e Pennetta sono proprio brave le donne d’Italia

(Karin tutta sorrisi e serietà)

Massimo Rossi, libero del 20-02-08

L’avevo detto la scorsa settimana che dalle nostre ragazze c’era da aspettarsi qualcosa di buono fin da subito, e così -per fortuna - è successo. Brava la Pennetta a vincere il torneo di Vina del Mar portando a cinque i suoi successi WTA da Sopot 2004, ma ancor più brava la mia beniamina Knapp a cedere solo in finale ad Anversa contro la padrona di casa, e della classifica mondiale, Justine Henin. Karin sta raccogliendo tutti i frutti buoni della sua professionalità e della serietà del suo lavoro. Ha solo vent’anni ma sta già in campo come una veterana. In Belgio, prima di cedere con onore alla numero uno, ha messo in fila la svizzera Schnyder (14) e la cinese Li (32), scusate se è poco. La giovane altoatesina viene dalla stessa scuola di Andreas Seppi, e cioè da quel piccolo tennis sul lago di Caldaro dove Massimo Sartori insegna prima a essere persone (per bene) e poi giocatori di tennis. Marco Boesso, l’allenatore della nostra splendida biondina ha imparato alla lettera la lezione del maestro e l’ha fatta sua. Mi ricordo di Karin quando poco più che bambina è venuta al Simposio della Pro Patria, insieme a Max Sartori, a mostrare sul campo i “segreti” del suo allenamento. Umiltà, attenzione e dolcissimi sorrisi hanno conquistato il pubblico. Oggi è all’inizio di un percorso che certamente sarà fatto di grandi successi per lei, che se li merita tutti, e di grandi soddisfazioni per noi. Intanto che Galimberti si prende la squalifica per la farsa scommesse, Starace rientra alle gare a pena scontata e passa il turno a Buenos Ayres. Rientra anche Ancic, dopo un lungo stop per infortuni vari, e batte subito niente popo di meno che il moro di Francia Tsonga, fresco eroe australiano; arriva poi in finale a Marsiglia e perde solo dal ritrovato Andy Murray. Un bel ritorno quello di super Mario, anche se questo non aiuterà noi italiani nell’ormai prossimo match di Davis contro la Croazia. Pazienza, prevale il piacere di rivedere in piena e spettacolare efficienza uno dei pochi attaccanti puri rimasti nel circuito, degno erede del suo grande maestro Goran Ivanisevic. Amaro Almagro per i nostri in Brasile. Lo spagnolo batte sia Volandri - nonostante la terra - che il giovane Fognini, bravo però ad approdare fino alla semifinale. Chiudo con la bellezza del gesto della israeliana Peer, in campo a Doha (Qatar) contro l’embargo del suo paese agli Stati Arabi.

Pronta per la Fed Cup e una maglia a Pechino

(Karin, avanti con la consapevolezza dei propri limiti)

Andrea Facchinetti, E-Polis Roma del 19-02-‘8

Karin Knapp, nome nuovo del tennis femminile italiano. Dopo la finale raggiunta ad Anversa domenica scorsa è salita al n°36 della classifica mondiale, terza italiana dopo Francesca Schiavone e Flavia Pennetta. Nella Top 4O Wta solo sette giocatrici sono più giovani di Iei. Alla sua età Schiamone era n°80, Pennetta n°127, Farina n°66. Numeri che fanno ben sperare…Solitamente noi italiani arriviamo in alto più tardi rispetto agli stranieri, ma non guardo i numeri. Penso solo a lavorare sulla tecnica per affinare i particolari, è importante diventare professionisti dentro di sé. Ha cominciato tardi a giocare a tennis. Perché? Solo sette anni fa mi sono dedicata completamente al tennis. Sono cresciuta in Alto Adige dove lo sci impera, ma a Caldaro, dove mi alleno, ho pensato soprattutto a migliorare il mio tennis per poi giocare tornei internazionali. Rispetto a tante altre azzurre, lei sembra dotata di maggiore forza. Quali margini di miglioramento? La seconda di servizio è ancora attaccabile, così come il gioco di volo e il tocco in generale. La forza non manca, posso diventare più agile e veloce negli spostamenti in avanti. Tirando forte dal fondo è importante chiudere il punto a rete. Henin ha avuto parole di elogio nei suoi confronti. Soddisfatta o maggiormente responsabilizzata? Mi lusinga, prendo le parole della numero 1 al mondo come uno stimolo a crescere, se mi mettesse pressione cambierei sport. Finora non aveva mai giocato contro una n°1. Quali differenze? Justinec gioca in modo meravigliosa e nei momenti importanti sa alzare il ritmo, tipica qualità dei campioni. Nel secondo set ha sfruttato l’unica palla break, io invece ne ho costruite quattro senza strapparle una volta la battuta. È vero che con lei in campo le cose in Fed Cup con la Spagna sarebbero andate diversamente…Bisognava vedere come avrei reagito, la Medina Garrigues è difficile da affrontare; Schiavone e Pennetta sono ancora un passo avanti rispetto a me. È giusto che abbiano giocato loro. Dì sicuro voglio far parte in futuro del gruppo, sono stata la riserva nella finale di Fed Cup giocata l’anno passato in Russia ed è stata un’emozione indescrivibile. Punto a vestire la maglia azzurra alle Olimpiadi. In Italia sta prendendo piede la moda di trasferirsi all’estero per allenarsi. Che ne pensa? L’idea in linea di massima non è sbagliata. Ma una piccola realtà come il Tennis Club Caldaro ha sfornato giocatori importanti come Andreas Seppi e la sottoscritta. Ottima Struttura e tanta volontà, non c’è bisogno di andare all’estero

Mac, sospetto ideale interrogato da “Csi”

(CSI New York con un attore d’eccezione, in onda in Italia il 12 Marzo prossimo)

Stefano Semeraro, la stampa del 18-02-08

La notizia è che John McEnroe ha ucciso un suo fan troppo insistente. Per toglierselo di torno l’ex numero uno del mondo del tennis non ha usato un metodo qualunque. Lo ha impalato con una macchina che distribuisce preservativi, spezzandogli la colonna vertebrale. Credibile, no? Se state pensando che a, in effetti prima o poi una cosa così da quel pazzo scatenato di McEnroe ve l’aspettavate, allora non perdetevi la puntata di «Csi New York» in onda il prossimo 12 marzo su Italia 1. Il plot è quello che avete appena letto, Mac Jesus in persona recita un doppio ruolo nell’episodio che in originale sì intitola «Comes around» e che negli States è andato in onda il maggio scorso (fermi lì con You Tube, godetevi la storia in italiano). No, il finale non ve lo raccontiamo. Per i critici americani la performance attoriale dell’eterno moccioso non è esattamente da Academy Awards, ma che importa. Se Alberto Tomba ha recitato in un action-movie, se Serena Williams sogna di fare l’attrice, se sul piccolo e grande schermo si sono affacciati anche Coppi, Bartali, Carnera, Pelè, Maradona, Tottì e Gattuso; se Carlo Pedersoli si è trasformato in Bud Spencer e ora persine Jean Todt e Michael Schumacher si danno ai peplum, Jonny Mac merita quantomeno una chance. Quello che importa è l’idea geniale degli autori della serie televisiva. Perché se c’è una «celebrity», sportiva e no, che tutti sono disposti a vedere nel ruolo del folle omicida, bè, quello è John McEnroe. Nessuno, venti anni fa, avrebbe scommesso un centesimo su O. J. Simpson assassino. E infatti O. J. è stato assolto. In un processo reale, quale giuria non condannerebbe John McEnroe? Serial winner, serial killer. Nessuno come Mac ha incarnato l’anima profonda, scissa, paganiniana e per certi versi criminale dello sport individuale. McEnroe è il bambino che tutti abbiamo dentro. Quello che piange, disperato, perché ego e mondo non coincidono. Quello che straccia le regole. McEnroe è un pazzo che crede di essere John McEnroe. Ha sempre avuto molti talenti - volée perfette, servizio al curaro, dritti e rovesci che volavano leggeri come brigantini spinti dagli alisei - il più grande di tutti è la sua capacità usare la frustrazione, la sua rabbia congenita come una dinamo. Litigava e vinceva. Maltrattava arbitri, giudici di linea, oggetti e idee. Un «Sa dove le sa può infilare, quella racchetta?», sibilato alla moglie del Presidente del Queen’s Club che lo voleva sloggiare dal campo, gli fruttò l’odio dell’Inghilterra. Una nazione che sotto sotto amava la sua anima ribelle, la sua faccia tosta nel vomitare, come spiegò il sarto delle campionesse Ted Tinling, «le verità scomode che noi inglesi preferiamo tacere». È stato il modello dichiarato dell’«Amadeus» nevrotico di Milos Forman, addirittura del Coriolano shakespeariano di sir Ian McKellen. Il Johnny Rotten del tennis, infilato nel decennio ruvido del tatcherismo. Il supermoccioso che ha trasformato lo sport educato ed elitario dei gesti bianchi in quello maleducato ma popolare dei gesti osceni. Nell’81, quando vinse il primo dei suoi tre Wimbledon prendendosi la rivincita su Borg, l’Al England Club rompendo una tradizione ferrea si rifiutò di accoglierlo fra i soci: in semifinale aveva definito l’arbitro Ted James «la pattumiera del mondo». Un colpevole nato. E un alienato. Un giorno lo beccarono in ginocchio sull’erba, berciante contro il Ciclope, la scatola di ferro che gli aveva chiamato fuori un servizio. «Vi sembrerò paranoico - si giustificò -ma quella macchina sa chi sono». Un profilo mentale che farebbe mugolare di piacere un criminologo. È persino un ex cocainomane. Mac è nato a Wiesbaden, in Germania, dove John senior, figlio di un immigrato irlandese diventato avvocato con la scuola serale, era al seguito della Nato. È cresciuto a New York, fra Manhattan e il Queen’s, assorbendone lo spirito caustico, impietoso, nevrotico. Prima di bivaccare un paio di anni a Stanford ha frequentato la Trinity High School, la più antica della città, fondata nel 1709: era quarterback della squadra di football, playmaker di quella di basket, ala di quello di calcio. Segnava molto, distribuiva intelligenza, era un mostro in quasi tutto, calcoli matematici compresi. Si costruiva una psicosi. «Il nostro sogno era quello di crescere un piccolo Arthur Ashe - ha ammesso una volta mamma Kay - Ma in fondo siamo molto contenti anche così». Con i media da giocatore non ha mai legato, anzi. Alistair Campbell, il futuro portavoce di Tony Blair che lavorava al «Daily Mirror» un giorno gli chiese se fosse contento di fare da esempio di maleducazione per milioni di giovani. «Guarda il tuo Mirror», gli abbaiò dietro Mac. Pare - lo racconta Tim Adams in «Essere John McEnroe» - che abbia poi aggiunto: «II potere che avete è triste». Abbandonata, con vari ripensamenti, la racchetta, Johnny però ha dimostrato di saperlo usare con disinvoltura, il quarto potere. Marito glamour di Tatum O’Neal e poi della cantante Patty Smyth (la quasi omonima). Commentatore televisivo fra i più apprezzati, gallerista e uomo mediatico supremo, conduttore per un annetto di un quiz televisivo sulla Abc, «The Chair», la sedia. E quando hanno dovuto fare il re-styling del museo di Wimbledon, gli inglesi, i suoi ex-grandi nemici, hanno infilato dentro la replica degli spogliatoi il suo ologramma sguaiato. È cresciuto, Mac, non è invecchiato. Non è guarito. Neppure dopo dieci anni di analisi a cui si è sottoposto dopo il divorzio con la O’Neal, per non perdere la tutela sui figli «Certe volte», ha raccontato un assistente di scena della ABC per «The Chair», «Quando John era molto stanco dopo ore di registrazione, andava nel parcheggio, estraeva la racchetta da tennis e si metteva a colpire l’aria». Ai giudici di linea sussurrava: «Bella chiamata di merda. E se provi a farmi rapporto vedrai cosa ti succede…». Ha sempre avuto bisogno di un rivale, meglio: di una vittima. E di un pubblico, «degli spettatori che non si limitano a guardarti, ma vogliono possederti». Un attore nato. Colpevole o innocente, signori della giuria? Fine dell’incubo

(Monica si ritira, questa volta definitivamente, da grande campionessa)

Marco De Martino, il Messaggero del 16-02-08

ROMA - Una lama di coltello nel corpo liquido del tempo, una cicatrice ormai rimarginata ma una carriera mentalmente spezzata, 53 tornei vinti, 9 prove dello Slam, 187 settimane sul tetto del mondo da numero 1, per poi ritrovarsi distesa sul lettino di un bisnipote di Freud a parlare a qualcuno come a sé stessa. Non giocava più una partita ufficiale dal 2003 ma non si era mai ritirata del tutto, mentre stavolta si, e lo ha fatto di getto. La cittadina americana Monica Seles - o più propriamente la ex jugoslava Monika Szeles da Novi Sad si è finalmente liberata dal passato, distaccandosi da quel che resta del tennis in lei, a 34 anni, improvvisamente e mettendo fine alle mille voci di improbabili (impossibili) ritorni. Molto meglio così. Fine di una favola, di un tennis per certi versi inimitabile e di una felicità rubata da .un pazzo: «Sono cresciuta giocando contro il muro del parcheggio sotto casa, e nella mia nuova villa in Florida ho fatto costruire un altro muro dove magari tiro due palle, ogni tanto. Per me il muro è la mia rete di sicurezza. Ancora oggi i momenti migliori sono quelli che passo così, da sola con me stessa». Una carriera pazzesca e un tennis incredibile - dritto e rovescio bimane, servizio mancino, angolazioni mai viste, urla, gemiti, forcing e inesausta aggressività - ruota tutta attorno a una data, venerdì 30 aprile 1993, quando il destino la fece scendere sul centrale del Rothenbaum Tennis Club di Amburgo per affrontare nei quarti di finale Magdalena Maleeva. La Seles era ormai la riconosciuta numero uno del mondo, avendo buttatogli dalla cattedra l’ex regina Graf, seppellita negli ultimi nove Slam, sette per Monica e “appena” i due Wimbledon per la tedesca. Monica stava vincendo 6-4 e 4-3 quando al cambio di campo imo spettatore delle prime file di nome Gunther Parche tolse da un cartoccio marrone un coltello da cucina nero con una lama lunga quindici centimetri e colpì la schiena della Seles con la precisione di un killer. «Pochi millimetri più a destra e sarei rimasta paralizzata» disse dopo, più volte, la Seles, nei 28 mesi che rimase rapita dall’incubo, stravolta e senza tennis, ma con la colonna vertebrale salva. Parche subì due processi ma venne solo considerato “infermo di mente”. Del resto si giustificò: «Sono un tifoso innamorato di Steffi Graf e non potevo sopportare il fatto che la Seles le aveva rubato il titolo di numero uno del mondo». La Seles si chiuse in una clinica specializzata di Vail, Colorado, Usa, e cominciò la terapia per guarire la ferita e soprattutto il ricordo; la Graf invece con la strada libera tornò al primo posto. Quando anche la Seles tornò, due anni e quattro mesi dopo, non fu mai più la stessa. Vinse ancora uno Slam, riprese a tirare catenate da fondo campo, ma era come se le valvole di quel cervello perfetto avessero subito un danno irreversibile. La morte del padre-coach., un infortunio alla spalla, poi alla caviglia e infine uno da stress al piede, feroce e insistente, fecero il resto, fino all’ultima sconfitta del 2003 al primo turno del Roland Garros che fu in fondo la lapide che chiudeva tutto per sempre. Oggi la Seles non ha ancora dimenticato, e del resto il pubblico che l’ha sempre amata non può dimenticare lei, bimba prodìgio a 6 anni, a 11 traferita nel campus del taumaturgo Bollettieri in Florida, a 16 più giovane vincitrice dì sempre del Roland Garros. anche se rimane la beffa di non aver mai vinto Wimbledon, Sappiamo che la sua vita sarà felice, sicuramente, da adesso. Purtroppo nessuno potrà mai dirci come sarebbe stata la sua carriera senza Gunther Parche.

Stop scommesse c’è pure Galimberti

(Giorgio: “ho sbagliato ed è giusto che paghi”)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 16-02-08

E quattro. Dopo i già condannati Alessio Di Mauro (9 mesi e 60 mila dollari di multa), Potito Storace (6 settimane e 30 mila dollari) e Daniele Bracciali (3 mesi e 20 mila dollari), è stato colpito anche Giorgio Galimberti (110 giorni e 35 mila dollari). All’appello, nella lista dei 5 tennisti professionisti, tutti italiani, inquisiti per le scommesse on-line, manca solo Federico Luzzi. Eliminato ieri nei quarti del Challenger di Belgrado (Ser) e tuttora con la spada di Damocle di una proposta di stop di 18 mesi. Galimberti, come considera la squalifica? «Se ci sono delle regole vanno rispettate: io ho sbagliato e non vado nero di quello che ho fatto. Ma abbiamo rubato delle caramelle e siamo stati colpevolizzati come se avessimo commesso un assassinio. Ho fatto un errore, senza scopo di lucro, senza frode. Ho puntato circa 10 mila euro (in totale sarebbero 14mila, vittorie comprese, n.d.r,), facendo scommesse rischiosissime, proprio perché legate solo al puro sfizio, al divertimento, con 10 partite legate, e con una giocata persa perché 9 le avevo rese e quella persa, su di me, mi ha fatto saltare tutto». Ma allora lei ha puntato anche sulle sue partite. «L’ho fatto più per altro per la cabala, e comunque sempre a vincere, mai a perdere, e sempre legandole ad altre partite». Di Mauro paga molto di più, e per una colpa minore! «E’ assurdo e mi dispiace. Lui ama il tennis quanto lo amo io, non è giusto che stia fuori 9 mesi, spero proprio che il ricorso che ha fatto al Tas riduca drasticamente la sospensione. Non c’è paragone fra le nostre sanzioni e quelle antidoping, dove un positivo all’efedrina, che è uno stimolante, viene fermato per due mesi». Perché ha avuto lo sconto dalla richiesta Atp di 18 mesi e 75mila di multa? «Hanno concorso tanti fattori. Intanto, la reazione dell’opinione pubblica, anche grazie ai media, è stata contraria a pene tanto severe. Per violazioni che non hanno nulla a che vedere con le partite truccate. Di cui nessuno trova traccia. Inoltre io non ho voluto patteggiare: sarebbe stato come ammettere una colpa che non sento come tale. Era solo uno stupido gioco che non portava alcun vantaggio, ho smesso da solo». Bravi anche gli avvocati. Lei non era più Iscritto all’Atp dal 2002 e avrebbe avanzato dubbi sulla violazione della privacy: l’accordo dell’Atp con la Essa, che controlla le scommesse on-line e ha svelato tutte le puntate, è del gennaio 2007, mentre le informazioni riguardano epoche precedenti. «No comment». Ma perché alla fine pagano solo gli italiani? «Io so per certo che siamo stati in tanti, e di tante diverse nazionalità, a puntare sul tennis. Sbagliando, ma in buonafede, tanto che abbiamo utilizzato la nostra carta di eredito e su un conto a nostro nome. E non sta bene che l’Atp ci usi come capro espiatorio, e rovini per sempre la nostra immagine, e la nostra vita, con questo marchio — scommesse —, che significa tutto e niente». ei sta anche bene di famiglia, ha meno tentazioni. «Non sono ricco, sto bene, e forse ho un rapporto diverso con il denaro. Anche per questo non penserei mai di vendermi una partita. Figurati, io a 4 anni dormivo con la racchetta da tennis e sognavo di giocare al Roland Garros. Ce l’ho fatta, ho avuto la mia carrièra, mi sono ritagliato un mio spazio, soprattutto in doppio, in Davis, e ho vissuto la soddisfazione, unica, di vincere la partita… E nei Challenger non ho mai sentito di partite truccate».

II vero gentleman vive di bellezza

(Tutti i segreti del numero 1)

Vincenzo Martucci. La gazzetta dello sport del 16-02-08

Roger Federer è bello, di una bellezza naturale, unica, che parte dall’aspetto e dai modi eleganti, passa per i movimenti morbidi e sincronizzati, ed arriva alla distanza sempre perfetta che dev’esserci, nel tennis, fra occhio, braccio e corpo. Mai nessun numero uno del tennis è stato così straordinario, in campo, come fuori, cioè disponibile con il pubblico e con i media; mai nessun altro terrà conferenze stampa in inglese, francese, tedesco e svizzero-italiano, o ripeterà tutta l’intervista per salvare una giovane giornalista radiofonica, tradita dalla registrazione; mai nessuno è stato più apprezzato come atleta, e come uomo, dagli avversari. E questo a prescindere dai trionfi, che sono tanti e straordinari, dai 12 Slam (a 2 tacche dal record di 14 di Pete Sampras), ai 5 Wimbledon vinti di fila (primato eguagliato di Bjorn Borg) . E rapportano continuamente Federer coi i grandi del passato, protagonisti di un tennis più «noble art» e meno potenza….«Roger-Express» è un ragazzo di una semplicità, e dì una metodicità, disarmanti. La sua squadra è sempre la stessa, dal preparatore dei muscoli Pierre Paganini al fisioterapista Pavel Kovac, dalla fidanzata-manager ex collega Mirka Vavrinec all’amico e compagno di doppio Yvès Allegro, all’amico-tifoso-ex bancario Reto Staubli, al capitano di Davis, Severin Luthi: gente che lo segue nei tornei, ma anche nei momenti di relax, nella tranquilla Oberwill, in Svizzera (che è la tana del guerriero), come nella tranquillissima Dubai, negli Emirati Arabi Uniti (che è la base operativa degli allenamenti)….. Orari, esercizi, compagni di fatica, luoghi: la routine del re, durante e fuori i tornei, non cambia di una virgola, sotto la regia di Mirka, l’ex collega, nata slovacca e naturalizzata svizzera, che ha conosciuto all’Olimpiade di Sydney nel 2000. Anche se la donna più importante della vita di Roger Federer è mamme Lynette (sudafricana), e i punti di riferimento sono gli idoli Michael Jordan, Michael Shumacher, Tiger Woods, del quale il campione svizzero è diventato talmente intimo da invitarlo in tribuna a New York, nella finale degli U.S. Open 2006. ….. Grazie all’amicizia con Vittorio Selmi dell’Atp, il numero uno del tennis, tutte le settimane, dalli febbraio 2004, è invece in costante contatto, sms coi i calciatori preferiti, Totti, Buffon, Cannavaro, protagonisti di uno dei tanti sport che ama, insieme a sci, tennis-tavolo, cricket e football americano, come s’è visto al recente Superbowl a Phoenix, dove «Roger il magnifico» ha sfilato sul «red carpet» (il tappeto rosso) come le stelle alla cerimonia degli Oscar del cinema….. Mirka ha sicuramente stimolato Roger nella ricerca della perfezione anche nell’abbigliamento (Armani per lui, Prada per lei), e ha collaborato con il mega-sponsor Nike per la fattura della giacca bianca con le iniziali dorate RG, che Federer ha sfoggiato a Wimbledon 2006 con le 3 racchette a simboleggiare i 3 Championships, e che è stato poi replicato nel2007, con 4 racchette. Cosi come ha messo sicuramente lo zampino nella borsa da gioco, personalizzata, che accompagna il re sull’erba più famosa dello sport, e gli ha suggerito l’essenza del profumo che porta il suo nome…… Mirka ha stimolato Roger a interessarsi ad altri grandi protagonisti anche della musica, come Lenny Kravitz Mentre non ha influito sui passatempi preferiti del Fenomeno: «Star seduto in riva al mare, giocare a carte o ai video-games, anche di tennis, .contro Roddick o Nadal». E cèrtamente non ha fatto fatica ad interessarlo all’Italia, cui Federer è legato dal ricordo delle vacanze da bambino con la famiglia («Sulle Alpi come al mare, al Sud») e dall’amore per la cucina, tanto che subito dopo gli US Open dell’anno scorso sono fuggiti entrambi a Capri. L’Italia: contro di noi Federer ha fatto l’esordio in Davis (nel’99 a Neuchatel) e ha vinto il primo Atp Tour (a Milano 2001). L’Italia: la bellezza, come lui e il suo tennis.

“Pronto per il Grande Slam ma il Kosovo mi rattrista”

(Nole: “l’era di Roger è finita. Ora ci sono io. Quest’anno proverò a vincere tutti e 4 i tornei dello Slam. Forse imito anche Tsonga”)

Stefano Semeraro, la stampa del 15-02-08

Novak, stai pensando a come diventare n. 1 del mondo? «Certo. Sono vicino al traguardo, ma non voglio mettermi pressione da solo. Per il 2008 l’obiettivo era vincere uno Slam, e ci sono riuscito subito. Ora penso di avere buone chance di diventare n. 2». E’ vero che fu Jelena Gancic, la tua prima allenatrice, a dirti che saresti diventato il più forte di tutti? «Sì, mi ha dato le basi per tutta la mia vita. Avevo 7 anni, mi ha insegnato come pensare e giocare sul campo, come comportarmi fuori. Una seconda madre. Mi ha trasmesso il senso del perfezionismo. Ed è così che sono io oggi: ho bisogno che tutto sia chiaro». Dicono che hai una mente da scacchista… «E’ vero. Sono abituato a pensare sempre alla mossa successiva. A volte mi faccio prendere dall’ansia perché vorrei che tutto fosse perfetto, ma non sempre è possibile». Cosa ti ha portato a scegliere il tennis? «La voglia di vincere. Ho amato il tennis fin dal primo momento, ho sempre saputo cosa volevo dalla vita. Erano tempi difficili. Avevo 12 anni e viaggiavo con mio zio Goran, a Genova, ad Arezzo, lottando nei piccoli tornei juniores. Non era facile trovare i soldi per le spese, la Serbia era in crisi. Ma alla fine questo mi ha reso più forte». Sei l’unico che può puntare al Grande Slam nel 2008. Credi di potercela fare? «Sì, perché ho un gioco adatto a tutte le superfici, anche alla terra battuta. A Parigi dovrò essere super-preparato fisicamente per lottare con Nadal. Ma anche lì penso di poter battere sia lui sia Federer. Vincere Wimbledon poi è sempre stato il mio sogno, fin da quando vidi Sampras sollevare il trofeo». Qual è il segreto per battere Federer? «Guarda, si è creata una leggenda attorno a lui, ma nessuno è imbattibile. Roger è uno dei più grandi tennisti della storia, solo che ogni volta che perde sembra un terremoto, ma non è così. Qualcosa sta cambiando. Io ho vinto uno Slam, Nadal ha una gran voglia di essere n. 1 e non è mai stato così vicino a diventarlo. Sarà un anno interessante. Per battere Federer devi essere convinto di poterlo fare. Io ho già dimostrato di avere i colpi per riuscirci». Matchpoint contro Federer nella finale di Wimbledon. Cosa fai? “Lo attacco, ma senza fretta”. Dopo il tuo primo Slam sarai sempre Nole l’imitatore o diventerai serio? “Sarò sempre quello che sono. Mi piace godermi la vita, divertire la gente, anche se vincerò altri venti tornei dello Slam». Dopo Federer, Nadal, la Sharapova, Roddick stai studiando qualche nuova imitazione? «Forse Tsonga. Ma non voglio dire di più, sarà una sorpresa». Cosa ne pensi del caso-scommesse? «E’ stato amaro capire che nel tennis stava accadendo una cosa del genere. E’ triste scoprire che qualcuno vuole vincere nella maniera sbagliata. Non voglio accusare nessuno, ma vedo che il tennis è cambiato, ci sono molti sospetti, fra coach e giocatori ci si guarda in maniera diversa. E questo è male». Hai detto più volte che la Serbia ha bisogno di investimenti nel tennis. Con il nuovo presidente Boris Tadic qualcosa cambierà? «Spero che i nuovi tempi porteranno una spinta verso l’Europa. Quella è la strada giusta per il mio Paese». Cosa pensi del Kosovo indipendente? «Mi tocca molto da vicino. Mio padre è nato li, come gran parte della mia famiglia. Siamo tutti molto tristi, perché il Kosovo è il cuore della Serbia. Stiamo lottando per impedire che accada, ma temo sia troppo tardi». Hai 20 anni ma parli da premier. Vedi una carriera politica nel tuo futuro? «Mi piace seguire la politica, ma non voglio farmi coinvolgere. Forse potrei venire a fare il Premier in Italia: avete bisogno di qualcuno che combatta Berlusconi, no? (ride, ndr)». E’ vero che vuoi incontrare Maradona? «Sì, Benito Perez Barbadillo, il mio pr manager, conosce molte persone che gli sono vicine, sarei contento di averlo ospite al Roland Garros». E’ lo sportivo che ammiri di più? «Insieme a Michael Jordan, Pete Sampras e Alberto Tomba. Quando ero piccolo vedevo tutte le gare di Tomba, a costo di alzarmi la notte. Sarei dovuto diventare uno sciatore, mi è sempre piaciuto il suo stile potente, aggressivo». Con la Sharapova cosa sta succedendo? «Niente di quello che pensate! (ride, ndr). E’ stato bello averla nel mio box agli Us Open. Anche lei ha solo 21 anni e ha già vinto tre Slam, sa cosa si prova in campo». Però ha detto che l’imitazione che fai di lei è noiosa…«Questa me la pagherà! (ride, ndr)». Hai un obiettivo, fuori dal tennis? «Vorrei laurearmi in economia, magari alla Bocconi di Milano, dove studia anche la mia ragazza Jelena. Ma ora non ne ho il tempo. Se studiassi in Serbia probabilmente mi agevolerebbero, ma non mi Va».

Si, è tutto vero. La Spagna riapre l’Operacion Puerto

(Anche alcuni tennisti rischiano grosso)

Filippo Maria Ricci-Ciro Scognamiglio, la gazzetta dello sport del 15-02-08

Clamoroso: l’Operacion Puerto sì riapre. La quinta sezione dell’Audiencia Provincial di Calle Ferraz a Madrid (tribunale di ambito provinciale composto da tre giudici, paragonabile a una corte d’appello italiana) si è riunita lunedì, dopo il rinvio di venerdì scorso per l’indisposizione di uno dei componenti, e ha respinta la richiesta di archiviazione dell’inchiesta spagnola avanzata l’8 marzo 2007 dal giudice dello Juzgado 31 di Madrid, Antonio Serrano. E se il mondo del ciclismo riprende ancora una volta a tremare, anche altri sport, dal calcio al tennis all’atletica leggera, potrebbero finire sotto accusa…… L’inchiesta, sulla spinta della positività all’Epo di Roberto Heras alla Vuelta nel settembre 2005, era cominciata in segreto a febbraio 2006, ma era deflagrata il 23 maggio: il giorno dell’arresto a Madrid di 5 persone tra cui il ginecologo Eufemìano Fuentes, l’ematologo Merino Barese il team manager dell’allora Liberty Seguros Manolo Saiz. SOLO 4 Sul ciclismo ha avuto l’effetto di una tangentopoli, anche se a pagare sono stati solo Ivan Basso (2 anni), Michele Scarponi (18 mesi) e Jorg Jaksche (un anno), più Jan Ullrich che si è ritirato. Ma Fuentes aveva ammesso, prima di essere minacciato: «Ho lavorato anche per atletica, tennis, calcio. Mancano molti nomi, c’è stato un filtro». E anche nel ciclismo di dubbi ne erano rimasti tanti: da Alejandro Valverde, che sarebbe «Valv-Piti» nel famoso «sanscrito di Eufemiano», a Alberto Contador, il re del Tour 2007 citato nel dossier iniziale. Contador correva nella Liberty di Saiz, ma il 26 luglio 2006 aveva ricevuto dal giudice istruttore di Madrid un documento di estraneità….. In Spagna il giudice aveva archiviato perché all’epoca dei fatti non esisteva la legge antidoping (entrava in vigore a inizio 2007), pur ammettendo che «lo sport aveva perso la sua funzione di gioco pulito». Ma le pressioni, soprattutto negli ultimi tempi si erano moltiplicate. Basti pensare a quelle della Wada e del Cio, sottolineate anche dal presidente Jacques Rogge nella conferenza mondiale di Madrid e novembre. E quelle della Procura antidoping del Coni retta da Ettore Torri, che ha mostrato l’intenzione dì convocare in Italia i coinvolti (oltre ad aver trasmesso gli incartamenti alla Procura della Repubblica dì Roma): per gli atleti che rifiutassero c’è il rischio di non correre in Italia. E quest’anno proprio in Italia c’è un arrivo di tappa del Tour, oltre al Mondiale di Varese…Ci fosse stata l’archi-viazione (alla quale si opponevano l’avvocatura dello Stato, l’Uci, la federazione spagnola, la Wada), il materiale, comprese le sacche di sangue, sarebbe tornato a Fuentes&C. Ora il giudice Serrano dovrà riprendere le indagini. In Spagna non rischiano gli atleti, mai medici: in discussione non c’è infatti il doping, ma l’attentato alla salute pubblica». Le ipotesi dì reato riguardano l’ottenimento, il trasporto, l’identificazione, la conservazione e la somministrazione delle sacche di sangue…… Potrebbe essere esaminato, però, il disco rigido del computer dell’ematologo Merino Batres, cosi da rivelare altri segreti, E soprattutto dall’estero si potrebbero richiedere le sacche per confronti del Dna. Come: dire che di Operacion Puerto sì parlerà ancora. E che il mancato invito dell’Astana di Contador, diretta da Johan Bruyneel, a Giro d’Italia e Tour de France, potrebbe essere figlio (anche) di questa riapertura, già nell’aria. La Brianti «romana» Cinema, Trastevere e la scuola Pistoiesi

(Alberta pronta a rientrare tra le prime cento)

Francesca Paoletti, la gazzetta dello sport del 14-02-08

La nuova vita di Alberta si chiama Forum Sport Center. Ha le sembianze di Claudio Pistolesi e Michele Tellini. L’aria e il sole di Roma. Alberta Brianti è nata alle porte di Parma 27 anni fa, e ha scelto Roma quale nuova base di lavoro per tentare la risalita nel tennis delle «grandi». Dopo un 2007 fatto di mille luci (best ranking della carriera, numero 79, e, per la prima volta, partecipazione diretta a tutti i main draw dei tornei Slam) e delle ombre che cela qualsiasi successo, si è trasferita nel circolo della Via Aurelia sede dell’Accademia dell’ex Davisman romano…… “Dopo 12 anni a Milano — spiega la n. 168 della classifica mondiale e 9 d’Italia — avevo voglia di cambiare aria. Ero arrivata al punto in cui senti fortissimo il bisogno di trovare nuovi stimoli. Così lo scorso settembre, durante gli Us Open di New York, ho parlato con Claudio Pistole-si e di questa sua accademia. Ho fatto una settimana di prova, mi sono trovata bene e così è cominciato tutto”. La Brianti alloggia nella foresteria del circolo e ha nel tecnico Michele Tellini il suo punto fermo….. Ama giocare sui terreni veloci, il cemento è il suo preferito: «Mi piace variare molto il gioco — spiega — non disdegno andare a rete e gioco il rovescio in back. Ma la partita della vita la giocherei sui prati di Wimbledon. Sarebbe un sogno». Ma prima del fortnight londinese le azzurre sono convocate sui campi più difficili: «Ho giocato al Foro Italico solo lo scorso anno, sul campo; della Pallacorda. All’una, sotto un gran sole e con quei riflessi bianchi delle tribune che ti nascondono la pallina. E’ stata una emozione fortissima e ho capito sulla mia pene perché per le italiane sia considerato il torneo più duro»…… Iniziata al tennis dal fratello maggiore, Alberta ha lasciato casa a 13 anni per amore della racchetta: «Prima della lunga esperienza milanese sono stata al cèntro tecnico di Latina. L’obiettivo? Tornare nelle top 100 e puntare le 50. Credo di averne i mezzi». La Brianti romana? «Ancora non ho raccolto l’accento, questo è certo, ma mi sto ambientando molto bene. Andiamo al centro, nei centro commerciali e molto spesso al cinema. E poi i ristorantini a Trastevere». Le manca solo di tifar Totti ed è fatta: «Lo ammiro, ma io sono e rimango milanista. Anzi, quand’è Roma-Milàn?».

Becker rilancia a poker per sfidare se stesso

(Bum Bum, mi piacerebbe sfidare Agassi, McEnroe e Connors sul tavolo verde)

Fabio Bianchi, la gazzetta dello sport del 14-02-08

Il colore del campo dì battaglia preferito è lo stesso. Come le doti per primeggiare: tecnica, istinto, aggressività, coraggio di rischiare. E in ballo ci sono sempre un sacco di soldi. Vista così, il suo passaggio al tavolo verde sembra un’evoluzione naturale. Boris Becker è diventato testimonial e giocatore di poker sportivo per il team più grande del circuito, Poker-stars. E si diverte un mondo. «Mi affascina la psicologia: cosa pensa di me il mio rivale, cosa io di lui? Alla fine diventa un match a due, come nel tennis. Credo che il mio problema, in torneo, sarà la pazienza. Io giocherei tutte le mani». Ha imparato quando aveva la residenza a Montecarlo? «No. Con altri tennisti, tra un incontro e l’altro. Soprattutto a Wimbledon quando pioveva. Un modo per allenare la niente e mantenere la concentrazione. Ora che si può giocare anche on-line, sono certo che i giocatori negli spogliatoi portano il computer». Quale dei suoi ex grandi rivali le piacerebbe sfidare? «Sarebbe interessante vedere se tipi come Agassi, McEnroe, e Connors riuscirebbero a mantenere il controllo delle proprie emozioni. Forse Lendl sarebbe un buon pokerista». A proposito, ha visto gli Australian Open? 8 finalisti europei. Wilander dice che, a parità di forma fisica, gli europei prevalgono perché hanno imparato sulla terra rossa e sono più tecnici. D’accordo?«Non molto. Ora da noi il tennis è più popolare. E le motivazioni dei giovani sono più alte. L’America ama i numeri 1, dato che non ne ha il movimento è in calo». Sono in molti a chiamare Tsonga il «nuovo Becker». «Non amo i paragoni, Tsonga è unico come lo ero io. Ma è vero che il suo gioco, potente e molto fisico, somiglia al mio. Può soltanto crescere adesso che ha preso convinzione dei suoi mezzi». Lei nell’85 ha aperto, appunto, una nuova fase nel tennis. Le piace essere ricordate come un pioniere? «Lo dicono i critici. Ma io ho solo giocato nel modo più naturale per me a quel tempo». Pensa che Novak Djokovic ora possa sfidare sempre ad armi pare Nadal e Federer e magari diventare il numero uno al mondo? «Djokovic avrebbe già potuto battere Federer nella finale degli Us Open, ha perso perché non aveva abbastanza esperienza. A Melbourne è questo che è cambiato: ora è più esperto. E le doti da numero 1 le ha». La top five di tutti i tempi? «Impossibile, il tennis è cambiato di continuo, negli ultimi anni in modo tremendo. Per dire, per vincere prima si doveva andare a rete, ora con queste racchette si può non farlo più». Va bene il poker, ma perché non ha deciso di restare nel mondo del tennis? «In verità io collaboro tuttora con la federazione tedesca come osservatore e sono commentatore di tennis. Ma viaggiare come allenatore o manager come ho fatto per 20 anni da giocatore, non è così affascinante. Non mi fraintendete, amo ancora il tennis, ma me lo guardo alla tv».

Davis e Olimpiadi come un torneo Master Series

(Una modifica regolamentare per far avvicinare i campioni alla Davis)

Piero Valesio, tuttosport del 13-02-08

Mentre Ion Tiriac guarda soddisfatto all’eco seguente dalla sua idea di inserire in calendario un quinto torneo dello Slam, ovviamente da disputarsi a Madrid, l’associazioni dei tennisti professionisti (l’Atp) e la Federazione internazionale (l’ITF hanno raggiunto un accordo di un certo peso. Dal 2009 infatti anche gli incontri di Coppa Davis assegneranno punti per la classifica Atp. Quanti è ancora da decidere ma presumibilmente saranno tanti quanti attualmente ne assegna un torneo Master Series: categoria che, sempre dall’anno prossimo, andrà in pensione per lasciar spazio agli otto tornei«1000» (fra i quali Roma che manterrà la forma attuale almeno fino al 2010 per poi trasformarsi in un «combined») e ai dieci tornei «500» che saranno qualche gradino sotto nella scala d’importanza. La decisione sulla Davis non è da poco perché renderà la corsa all’insalatiera appetibile anche dai top ten non solo in caso di semifinali e finali ma anche prima: con grande giubilo della stessa federazione internazionale, degli organizzatori locali e di quei giocatori che dovessero aver bisogno di punti pesanti. Tra l’altro che i tornei olimpici di Pechino (sia il maschile sia il femminile) assegneranno punti par le rispettive classifiche: un giusto tributo all’evento che molti tennisti giudicano il più importante della stagione. Bentornato Starace, anche se la vergogna del tennis-scommesse prosegue

(Ci aspetta un 2008 ricco di novità)

Massimo Rossi, Libero del 13-02-08

La bella notizia, se così vogliamo chiamarla, è il rientro alle gare di Potito Starace dopo la vergognosa squalifica inflittagli dall’ATP per il “caso” (ma quando mai!) scommesse. Vergogna che peraltro prosegue, considerato che ora nel mirino dell’ATP ci sono anche Federico Luzzi e Giorgio Galimbertì. Per loro un rischio squalifica di 18 mesi che di fatto li accompagnerebbe quasi alla pensione, oltre a una multa salata. Ma è mai possibile che solo gli italiani giocassero con il loro nome sulle partite degli altri e per giunta perdendoci soldi loro? Non sarà che c’è qualcuno non italiano che gioca sulle partite proprie e sotto falso nome? Speriamo che il ridicolo si chiuda qui. Intanto Potito torna da numero uno degli italiani (35), inseguito dal giovane altoatesino Seppi (40) che ha a sua volta scavalcato Filippo Vòlandri (41). L’ex numero uno ormai punta sulla imminente stagione terraiola per cercare di riprendersi la corona. Per il resto notizie buone per il nostro tennis continuano ad arrivarne poche, soprattutto per quei trofei a squadre i cui risultati tante volte hanno sor-retto il cattivo andamento individuale dei nostri. Dopo la brutta sconfitta in Fed Cup contro le spagnole, le nostre dovranno vedersela a fine aprile con le sorelle Bondarenko nello spareggio per restare ne primo gruppo mondiale. Sembra assurdo che la stessa squadra che in due anni ha giocato due finali vincendone una rischi la retrocessione, ma purtroppo il tennis è così. Le sorelle ucraine non scherzano, sia come classifica (22 e 43 nel mondo) che, soprattutto, come esperienza. In più avranno il contributo della numero 36 Julia Vakulenko. Insomma, un match duro dall’esito incerto. I maschi, a loro volta, dovranno giocare a metà aprile un primo turno proibitivo in casa della Croazia contro giocatori del calibro di Ljubo, Karlovic e Cilic. Chissà che la durezza dell’ostacolo non faccia il miracolo di una super prestazione. A volte in Davis succede ed è giusto sperarci. Intanto nel tennis che conta la nuova classifica mondiale maschile vede decisamente al comando un trio di giocatori e tutti gli altri a distanza siderale. Federer, Nadal e Djokovic racchiusi in un migliaio di punti e il quarto (Davidenko) a quattromila punti di distanza dal numero uno. II serbo ha iniziato la rivoluzione contro i due dittatori ma non basta, ne devono arrivare altri se vogliamo rendere sempre più bello e incerto il nostro sport preferito. Non so quanto azzurro riusciremo a vedere in campo maschile nel gruppo degli inseguitori, ma fra le ragazze qualche bella novità nei prossimi tornei non dovrebbe mancare. Tennis: punti Atp anche in Coppa Davis

http://www.gazzetta.it/ultimora/agrnews.jsp?

Notizia segnalata dall’attento Enzo Cherici

MILANO - La Federazione internazionale tennis e la Atp, il sindacato dei giocatori, avrebbero raggiunto un accordo per rinnovare il circuito internazionale. Oltre a un nuovo schema di tornei l’intesa, anticipata dal quotidiano spagnolo La Nacion, prevederebbe l’assegnazione di punti validi per il ranking Atp anche agli incontri di Coppa Davis a partire dal 2009. L’accordo, raggiunto dopo due anni di studi e incontri, dovra’ ora essere ratificato da entrambe le istituzioni e l’annuncio ufficiale dovrebbe giungere in occasione del Masters Series di Miami. Ancora non e’ chiaro quanti punti saranno assegnati, ma dalle ipotesi che circolano sembra che vincere due singolari di una sfida del gruppo mondiale equivarra’ a raggiungere gli ottavi di finale di un Masters Series. (Agr)

Torna Potito Starace «Squalifica ingiusta ora voglio vincere»

(Tanta voglia di tornare subito competitivo)

Il mattino del 8-02-08

Da 106 giorni non gioca un incontro ufficiale nel circuito mondiale. Potito Starace torna nel grande circo del tennis internazionale dopo aver scontato la squalifica di sei settimane, impostagli dall’Atp per aver scommesso via internet su partite di tennis. L’ultima gara disputata risale al 28 ottobre scorso, al Masters Series .di Parigi, poi la pausa natalizia, infine la tegola del forzato stop ordinato dall’organo internazionale, per le prime sei settimane di tornei del 2008. Il tennista campano riparte dal Brasile: da lunedì sarà in gara al torneo Atp Tour di Costa de Soupe, vicino Bahia (quasi 500 mila dollari di montepremi). Ritroverà la sua amata terra rossa, la superficie che lo ha lanciato nel grande tennis. In questo periodo di inattività Starace è comunque riuscito a rimanere n.l d’Italia e al torneo brasiliano festeggerà la 21esima settimana consecutiva di leadership nazionale nel ranking mondiale. «Ho una grande voglia di giocare tornei e di tornare a vincere per riscattare questa ingiusta e assurda squalifica che mi hanno inflitto». Starace agguerrito e volitivo. Si è allenato a lungo in inverno, sta bene fisicamente ed è pronto: gli manca solo l’abitudine alle gare. «Il tennis mondiale non ti aspetta e quindi so che non sarà facile tornare subito al top, ma ho grandi motivazioni: nonostante la stagione sia iniziata con lo stop dell’Atp, questo mio 2008 dovrà essere l’anno delle conferme ad alto livello. Non sono arrivato nei primi 30 del mondo per caso». A Costa de Soupe Starace troverà subito grandi avversari. In gara ci saranno l’azzurro Volandri, gli spagnoli Almagro (n.28 del mondo) e Moya (17), il russo Andreev (33), per citare alcuni dei favoriti. «Potito ha lavorato molto questo inverno ad Arezzo, puntando su una preparazione più lunga, visto la squalifica - ha spiegato Umberto Rianria, il suo coach, che lo accompagna anche in Brasile -; gli manca il ritmo delle partite e non dovrà farsi trasportare dalla voglia di rivincita che è tanta. Ripartiamo tranquilli. La stagione è lunga e Potito sarà comunque al top per i grandi appuntamenti europei di primavera».

Il tornado Tsonga trascina la Francia in Romania

(Una giovane Francia va alla ricerca della Davis)

An.Fa., E-Polis Roma del 8-02-08

L’effetto Tsonga si ripercuote sulla Coppa Davis: il recente finalista degli Australian Open, in coppia col gemello Richard Gasquet, ha portato la Francia sul 2-0 esterno nei con- fronti della Romania dopo i primi due singolari del primo turno del World Group. Tsonga ha superato 6-7 6-4 6-4 6-4 Andrei Pavel, mentre Gasquet ha impiegato tre set (7-6 6-4 7-5) per liquidare Victor Hanescu. La Russia finalista 2007 ha approfittato del forfait di Novak Djokovic (influenza) per andare 2-0 sulla Serbia: Mikhail Youzhny ha sofferto nel primo set, ma poi ha domato Nenad Zimonjic per 2-6 6-2 6-3 6-4, subito dopo un Nikolay Davydenko a corrente alternata ha lottato cinque lunghi set (6-1 1-6 6-3 1-6 6-2) prima di piegare Victor Troicki. Israele e Svezia sono sull’l-1. Dudi Sela ha sorpreso Jonas Bjorkman per 7-6 6-3 6-1, Thomas Johansson ha ristabilito la parità col facile 6-1 6-1 6-3 su Harel Levy. Risultato inaspettato fra Germania e Corea del Sud: Philipp Kohlschreiber ha impiegato meno di 2 ore per liberarsi di An con un periodico 6-2, mentre Hyung Taik Lee ha sorpreso Florian Mayer per 7-5 6-3 1-6 7-6 6-3. Andy Roddick ha portato in vantaggio gli Stati Uniti, detentori del titolo, sull’Austria dopo una lunga battaglia con Jurgen Melzer (6-4 4-6 6-3 6-7 6-3 in 4h06′), mentre l’Argentina guida 1-0 sulla Gran Bretagna e la Repubblica Ceca è 2-0 sul Belgio con Stepanek e Berdich

«Sfidavo le Williams, ma Julio è la mia vittoria più bella»

(“A tennis mio marito da me le prende sempre”)

Mirko Graziano, la gazzetta dello sport del 8-02-08

Fino a 18 anni, Lorena Martinez è stata una delle promesse migliori del tennis argentino. Faceva parte di un gruppo parecchio interessante di talenti in gonnella, Con lei, stava per esplodere anche Paola Suarez, classe 1976, capace poi in carriera di scalare il numero 9 mondiale in singolo (nel 2004, quando raggiunse i quarti a Wimbledon e le semifinali al Roland Garros) e il numero uno in doppio. Si dice che la grintosa Lorena (di due anni più giovane) non fosse inferiore a Paola, ma nella sua vita era appena entrato un ragazzone di Santiago del Estero: prima come amico, poi come uomo del cuore. E la prospettiva di una famiglia con lui, cancellò in un attimo ogni sogno di carriera, di gloria. Lui è Julio Ricardo Cruz, ieri giovane speranza del Banfield, oggi titolare indiscusso nell’Inter dei record. «Lorena è il grande secreto del mio successo—ci confessò un paio di mesi fa —, preferì scommettere su di noi, sulla nostra famiglia, Tutto ciò che sono oggi è merito anche suo». Lorena Cruz, ne è valsa veramente la pena? «Assolutamente sì». Paola Suarez ha guadagnato oltre 5 milioni di dollari in carriera…«Non rimpiango nulla, giocavo con le sorelle Williams, avrei potuto probabilmente sfondare, ma sono felice, ho due figli bellissimi e un marito meraviglioso. Ho tutto quelli che mi serve, e oggi più che mai benedico la mia scelta». Julio dice che il suo segreto è lei…«E ha ragione (ride ndr)…». Come vi siete conosciuti? «Facevamo parte entrambi del gruppo sportivo Banfield. Passavo anche sette ore al giorno ad allenarmi e in mensa fra atleti era facile incontrarsi». Amore a prima vista?«No, l’amore è arrivato dopo un anno di amicizia». Cosa l’ha colpita di Julio? «A parte l’aspetto fisico, la sua serenità, la calma con la quale affronta la vita. Così come lo vedete in campo è, in famigllia: un uomo affidabile». Ma è davvero così perfetto? «Basta chiedere a giocatori, tecnici, dirigenti e tifosi con i quali ha avuto a che fare… Ovunque, ha lasciato buoni ricordi, ho visto anche gente che piangeva al momento dei saluti». E’ appassionata di calcio? «No, a casa non si parla mai di calcio. Sfruttiamo i momenti liberi per fare spesa, per i figli, per noi e per divertirci. In tv, per esempio, non guardo nemmeno il tennis. Seguo l’Inter solo a Milano, perché con due figli è praticamente impossibile andare in trasferta». E suo marito gioca a tennis?«Sì, ed è piuttosto bravo. Corre molto, le piglia tutte… Ma naturalmente non mi batte mai». Che tipo di tennista era lei? «Amavo giocare a fondo campo, ma preferivo il cemento alla terra battuta». I suoi modelli? «In Argentina la Sabatini naturalmente, ma in assoluto mi piaceva la mentalità di Steffi Graf: straordinaria. Tra gli uomini, Sampras e Federer un gradino sopra tutti». Piatto preferito? «Pasta di tutti i tipi, l’adoro. Julio invece cucina e divora l’asado, spesso in compagnia della famiglia Figo: ci troviamo proprio bene con loro e anche i bimbi legano parecchio». Dodici anni lontano da casa, prima in Olanda, poi in Italia, tra Bologna e Milano…«E’ stata dura solo in Olanda, dove ci sono abitudini molto diverse dalle nostre. Da Bologna in poi, invece, è stato tutto bellissimo. Italiani e argentini sono fratelli. Anzi, probabilmente ci stabiliremo definitivamente a Milano quando Julio chiuderà la carriera…». Quando? «Julio è un professionista esemplare, sta attento a tutto anche in vacanza. Durerà fino a 37… 40 anni». E’ dura avere II marito sempre in giro? «Sì, molto dura. Quando è in ritiro lo chiamo anche dieci volte al giorno…».

Binaghi spiega la nuova fit

(Nell’anno dell’elezioni, il Presidente della Fit descrive minuziosamente tutto quello che è stato fatto e quello che ancora c’è da fare)

Enzo Anderloni, il Tennis Italiano, febbraio 2008

La nuova era del Tennis Italiano ricomincia da qui: da una porta che si apre. Sopra c’è scritto “Presidenza”. Dietro si apre uno studio ampio ma per niente pomposo. Essenziale. Non ci sono grandi poltrone e anche il decoro è semplice: alle pareti fotografie ingrandite a poster ma non incorniciate. Ritraggono i due personaggi del cuore tennistico di Angelo Binaghi, 47 anni, da sette presidente della Federazione Italiana Tennis: Nicola Pietrangeli e Francesca Schiavone. C’è un Nic in bianco e nero che va a giocarsi un punto sottorete, sullo sfondo un piccolo raccattapalle con la frangia, la mano sul paletto della rete. “Vede, quello sono io…”. Poi c’è Nicola capitano, sempre in bianco e nero, portato in trionfo con quella nostra unica Coppa Davis del 1976. Per passare al colore c’è solo una chance: Francesca. Che si allunga con la solita grinta su un campo rosso. E poi il poster di lei con tutta la squadra che vince la Fed Cup nel 2006. Pietrangeli e Schiavone: due con la maglia azzurra disegnata sulla pelle. Due che per l’Italia…Questo è il tennis che piace ad Angelo Binaghi e non ne fa mistero. Una volte che apre la porta del suo officio allo Stadio Olimpico di Roma, proprio sotto la curva nord, si capisce subito come la pensa. Il tennis per lui è infilarsi una maglia azzurra, o una giacca da presidente, entrare in campo per imporre il proprio gioco e non mollare di un centimetro fino a che la partita è vinta. Per chi gioca in squadra con lui il suo picchiare colpo dopo colpo è una sinfonia. Per gli avversari l’incubo martellante di un disco “house” a tutto volume. Difficile resistere. In sette anni questo “bum bum bum bum” ha buttato giù le ultime rovine di un’epoca, come un martello pneumatico. Caschetto giallo anti-infortunio in testa, cuffia isolante dai rumori, occhiali protettivi, l’ingegnere di Cagliari ha poi continuato il suo lavoro, passando alla costruzione. Fino a che le nuove fondamenta non sono state pronte, la porta della presidenza è rimasta chiusa: lavori in corso. Ma ora ci si può anche togliere ogni tanto il casco, la cuffia e gli occhiali. Aprire la porta e cominciare a parlare della casa che sta sorgendo. Spiegarne il disegno, confrontarsi, delinearne i pregi, ascoltarne i difetti, discutere. Aprire quella porta è il nuovo salto di qualità: dopo la ristrutturazione, la nuova sfida. L’impresa più ardua: la costruzione del veramente nuovo. E proprio intento a quella costruzione, ecco il primo nodo da sciogliere, quello del settore tecnico, che all’improvviso si ingarbuglia, con l’uscita dal board di Riccardo Piatti, il tecnico più stimato, quello sulla cui esperienza si era puntato tutto e che oggi fa un passo indietro criticando la lentezza federale nell’andare nella direzione che lui indica. Il tennis italiano è ripartito. Ma dove va? La porta è aperta. Chiediamo permesso, entriamo e chiediamo. Da dove ricominciamo? Direi dalla fine, cioè dal presente e dal futuro. Com’è il tennis italiano oggi rispetto alla situazione in cui si trovava sette anni fa, all’inizio della presidenza Binaghi? “Credo che siano soprattutto gli altri a dover esprimere un giudizio. Io cerco sempre di dare più valore ai dati che alle parole, e paragonando quelli di oggi a quelli del 2001, quando questo gruppo dirigente ha cominciato la sua opera, credo sia facile accorgersi che il tennis italiano, in misura maggiore o addirittura in controtendenza rispetto ad altri paesi del nostro stesso livello, sta crescendo. Cresce in modo forte e cresce in modo costante da quattro-cinque anni. E’ qualcosa di inconfutabile, che oramai è facile avvertire semplicemente annusando l’aria. E siccome ci sono sempre i soliti noti che appena i nostri giocatori di vertice perdono qualche partita ne approfittano per fare i paladini anti-Federazione, rivolgo a tutti l’invito di andarsi a rileggere le cifre di sette anni fa. Li aiuterà a ricostruire in che stato era il nostro movimento. Non mancavano soltanto i giocatori di vertice, ma da più di un decennio l’intero ambiente si trovava nel pieno di una crisi di sistema, una crisi che era prima di tutto di vocazione: meno agonisti, meno bambini, meno tornei, campi da tennis trasformati in campi da calcetto. Sembrava una situazione irreversibile. Persino l’unica cosa che fino a quel momento era sembrata funzionare, la squadra di Coppa Davis, era appena retrocessa in ‘serie B’. Andatevi a rileggere quel che si diceva e scriveva a quei tempi e paragonatelo alla realtà odierna, classifiche WTA e ATP comprese…”.Quali sono state le chiavi di volta di questa inversione di tendenza? “Sono state due. La prima, la più necessaria perché presupposto del cambiamento che bisognava avviare, è stata la moralizzazione dell’ambiente. Intesa non soltanto come allontanamento di chi usava la FIT a fini personali ma anche, più in generale, come sottrazione del tennis ai soliti clan e sua restituzione a tutte le persone mosse dalla passione. La seconda è stata l’adozione a ogni livello, classifiche nazionali comprese, di sistemi oggettivi per stimolare il nostro mondo a competere, per valorizzare i migliori, per premiare chi lo merita davvero anziché chi ha gli amici giusti. Un processo, quest’ultimo, che si è rivelato il miglior investimento, sia perché ha pungolato l’attività di base dal punto di vista quantitativo senza far ricorso a strumenti populisti, tipo la Coppa Italia o la moltiplicazione dei piccoli trofei e dei piccoli eventi, sia dal punto di vista qualitativo, visti i riflessi che sta avendo in campo tecnico. I giocatori vivono infatti la propria attività e i rapporti con le istituzioni in modo più sano e professionale. E’ un processo che di generazione in generazione vediamo svilupparsi sotto i nostri occhi. L’obiettivo è quello di creare campioni che siano sempre più tali in campo e fuori dal campo, che trasmettano messaggi positivi, proprio come a livello internazionale oggi fanno i Federer, i Nadal e i Djokovic. Ne abbiamo bisogno. Troppo spesso, in passato, le cosiddette ‘stelle’ del tennis italiano tutto sono state tranne che esempi da imitare per la società civile: persino un evento storico come la prima e unica finale casalinga di Coppa Davis, nel ’98, finì per diventare occasione di polemiche e liti pubbliche, contribuendo dunque a peggiorare l’immagine del tennis italiano e, ce lo dicono i dati, ad accelerare il degrado anziché arrestarlo. Moralizzazione e ricerca della qualità hanno inoltre avuto una terza ricaduta positiva: il risanamento finanziario della FIT. Ero presidente da pochi giorni quando su di noi si abbatterono contemporaneamente il fallimento dell’ISL, che ogni anno versava alla Federazione 12 miliardi delle vecchie lire in cambio dei diritti promopubblicitari degli Internazionali, e la crisi del Totocalcio, che di punto in bianco costrinse il Coni a dimezzare i contributi. Allo stesso tempo, ci ritrovammo a fronteggiare una decina di cause di lavoro, alcune delle quali miliardarie, e scoprimmo che di potenziali fonti di ulteriore contenzioso ne avevamo ben 110!…Il compito di risanare un’azienda in queste condizioni ha assorbito per anni gran parte delle nostre energie e limitato a lungo la possibilità di destinare risorse agli investimenti nel Settore Tecnico, che non sta sulla luna e vive di vita sua e la cui azione deve rapportarsi alla realtà amministrativa ed economica dell’intera Federazione. Lavorando e ristrutturando, però, ce l’abbiamo fatta. Oggi la FIT è sana e dipende sempre meno dall’esterno. L’autofinanziamento ci consente sia di migliorare la nostra organizzazione sia di investire per generare sviluppo. Gli Internazionali BNL d’Italia non sono più soltanto uno strumento di promozione del tennis ma, grazie anche al cambio di management operato dopo l’edizione 2002, producono redditi anziché perdite. Il marketing funziona finalmente a pieno regime. Il problema delle cause di lavoro è sostanzialmente avviato a soluzione (molte le abbiamo già vinte…) ed è in corso una ristrutturazione aziendale che ci metterà in grado di operare in maniera più snella ed efficiente”. Pulizia e rinnovamento sono stati i tratti distintivi della sua presidenza. Alla fine del 2008 ci saranno nuove elezioni. Oggi lei non ha opposizione: come mai? “Beh… Prima di tutto diciamo che il valore che l’opposizione dovrebbe esprimere, cioè il confronto dialettico, il dibattito, ce l’abbiamo a tutti i livelli all’interno del nostro mondo, e spesso anche in modo acceso. Ce l’abbiamo in Consiglio Federale, in periferia, all’interno del Board del Settore Tecnico. Sebbene oggi manchi una seria contrapposizione in senso elettorale, dunque, il confronto è ben vivo in seno alle nostre strutture anche se poi le decisioni sono sempre collegiali. In secondo luogo non dimentichiamo che ad evitare i conflitti contribuisce il positivo andamento generale delle cose. E infine, cosa ancora più importante, teniamo presente che in un mondo composito e articolato come il nostro, il gruppo dirigente che io presiedo si è dimostrato capace di trovare un punto di sintesi che ha caratterizzato in senso sportivo l’equilibrio fra le varie componenti: giocatori, coach, dirigenti dilettanti, circoli, insegnanti, ufficiali di gara, aziende, giovani…Ciò è frutto anche del fatto che nel Consiglio Direttivo della FIT ci sono ben otto ex giocatori di prima categoria, il che lo rende unico non solo nella storia della nostra federazione ma anche rispetto a quelle di molte altre discipline sportive. I risultati ottenuti, il miglioramento dell’immagine generale del tennis italiano hanno poi contribuito in misura decisiva a coagulare ulteriore consenso attorno ai nostri programmi e hanno motivato i dirigenti di qualsiasi estrazione, restituendo a tutti il piacere e l’orgoglio di lavorare per il progresso del tennis italiano. La vera rivoluzione copernicana è stata questa e ha dato all’azione della FIT un valore aggiunto che i professionisti del Settore Tecnico dovrebbero tener presente e apprezzare non solo perché potrebbe rivelarsi irripetibile ma perché crea le condizioni per aiutarli a risolvere i problemi che ancora abbiamo nell’attività di massimo livello ”. - Però il capofila di tutto è lei. Dipende dal suo attivismo, dal tempo che dedica alla risoluzione dei problemi e al fatto che gli altri sono ben felici di lasciare a lei tutte queste grane? “Anch’io ho sentito che qualcuno dice: ‘Binaghi lavora molto e almeno non ruba’. Però credo che sia un’analisi superficiale. In realtà, c’è piena sintonia nel nostro gruppo dirigente e io sono soltanto il terminale delle decisioni prese in comune. Binaghi o non Binaghi, il nostro è ormai un gruppo dirigente stabile, che ha dimostrato di essere capace di affrontare qualunque tipo di situazione”. - Quali sono le cose da fare, gli obbiettivi per il prossimo quadriennio? Che cosa manca ancora al tennis italiano o non funziona come vorrebbe lei? “Guardi, mi creda: le cose che dobbiamo fare fino alla fine di questo quadriennio sono talmente tante e importanti che non abbiamo ancora avuto il tempo di pensare in dettaglio ai programmi futuri. Stiamo costruendo una nuova FIT. In particolare, vogliamo dare al Settore Tecnico un’operatività che non ha mai avuto in passato. Ma si tratta di un progetto complesso, che prevede di creare nuove strutture, di regolamentarne il funzionamento e di riconvertire gli attuali rapporti di lavoro. C’è bisogno di tempo e occorrono molte energie. Chi verrà dopo di noi deve trovare una Federazione sana, trasparente come ogni ente che ha caratteristiche pubbliche ma al tempo stesso efficiente quasi come un’organizzazione privata. Però questo processo non può avvenire che nell’assoluto rispetto di tutte le regole e degli obblighi di legge. Le cose che succedono nell’ambito di certe piccole organizzazioni private noi non possiamo né vogliamo farle. Noi dobbiamo rispondere del nostro operato alle 3.000 società sportive che ci hanno dato un mandato e i cui contributi gestiamo. E siamo soggetti al controllo dello Stato tramite il Coni. Certo, pur essendo tutto ciò imprescindibile, è evidente che dobbiamo cercare di essere molto agili, creativi e aggressivi nel reperimento di nuove risorse”.- I dati di questi ultimi anni fanno segnare una crescita del tennis italiano in tutti i settori. Siamo ancora deboli solo sul piano dei risultati in campo maschile (modesti piazzamenti negli Slam, fuori dal World Group in Davis). Sul settore tecnico nazionale ancora si discute, sembra un progetto in divenire. Qual è l’indirizzo della Federazione nel settore tecnico e chi detta la linea? “Per far capire bene la sostanza del discorso sul Settore Tecnico vorrei premettere due cose. Primo: ogni decisione che viene presa dal Settore Tecnico deve rispettare le stesse procedure - anche di praticabilità e di legittimità amministrativa - che la FIT è obbligata a rispettare in ogni altro settore della sua attività. Secondo: il tennis non è come altri sport, in cui la Federazione ha un controllo diretto e ravvicinato dell’attività agonistica di vertice dei propri atleti e, di conseguenza, è artefice in modo diretto di successi e insuccessi. Nel tennis la Federazione deve soprattutto puntare a una sana crescita strutturale del sistema per renderlo sempre più competitivo, in modo tale che altri, i privati, possano dedicarsi al lavoro di alto livello nel miglior contesto possibile. Ciò premesso, nel parlare dell’azione del Settore Tecnico dobbiamo distinguere fra l’indirizzo strategico generale dettato dalla FIT e le decisioni tecniche in senso stretto.Nel primo campo è chiarissimo che noi siamo stati i primi a incentivare e stimolare l’iniziativa privata sia dei Circoli (ed ecco quindi i PIA, che sostengono l’impegno delle società che più investono sui giovani) sia dei coach (ed ecco i contributi all’alto livello e il Club Italia, che sostengono chi investe nella ‘creazione’ del campione). Mai, in passato, i privati erano stati valorizzati, sia in termini di appoggio finanziario sia in termini di autonomia gestionale, come ha fatto questo Consiglio Federale. Nel secondo campo, quello degli interventi strettamente tecnici - il tipo di supporto da fornire a questo giocatore piuttosto che a quell’altro, l’elaborazione dei programmi di attività, ecc. - , abbiamo sempre chiesto spiegazioni e dibattuto ma mai, in sette anni, abbiamo preso decisioni difformi da quelle indicate dai professionisti del settore. Il nostro compito è stato soprattutto quello di rendere tali decisioni praticabili, perché le cose vanno fatte nel modo più veloce possibile ma rispettando regole e procedure. Un tecnico professionista che volesse agire senza le competenze e l’aiuto delle strutture federali accumulerebbe in poco tempo tante di quelle violazioni amministrative da far fallire i suoi stessi programmi e da mandare in galera tutti noi che, sebbene dirigenti dilettanti, siamo legalmente responsabili dell’operato della FIT”. Qual è il ruolo di Tirrenia? “Il Centro Federale di Tirrenia è nato per offrire servizi di tipo tecnico al movimento e, sotto la direzione di Renzo Furlan, è a disposizione di tutti gli atleti di interesse nazionale. Non prefigura certo un ritorno al centralismo federale dei vecchi tempi, quando la FIT si sostituiva ai privati e chi voleva far da sé era considerato un nemico”. Come mai Riccardo Piatti, il tecnico più stimato in Italia, dopo aver fatto parte per anni del Board tecnico della FIT ha fatto oggi un passo indietro? “Piatti, di cui io sono sempre stato, e rimango, il primo sostenitore, ha elaborato il programma di Preparazione Olimpica per Pechino 2008 e poi ha deciso di dedicarsi di nuovo al 100 per 100 alla sua attività di coach. Visto che assisterà anche alcuni fra i migliori giocatori italiani, come Fognini, il dispiacere umano per non averlo più fra i nostri consulenti è controbilanciato dalla convinzione che per il tennis azzurro, almeno in termini di risultati immediati, ciò è sicuramente un bene. Anche in questo caso, dunque, non tutti i mali vengono per nuocere. Mi sembra fra l’altro del tutto naturale che eventi come questo possano accadere, visto che i professionisti che oggi lavorano per la FIT sono di qualità talmente elevata che hanno molte valide alternative di lavoro nel mondo del superredditizio tennis giocato. E poi, se mi stracciassi le vesti perché Piatti non lavora più per il Settore Tecnico vorrebbe dire che rimpiango il vecchio centralismo federale. La migliore dote di Riccardo è la passione, che però lo porta a volere tutto subito. Durante gli anni in cui, a più riprese, è stato con noi ho speso tantissime energie per far sì che lui riuscisse ad inserirsi nella logica di funzionamento di una struttura pubblica delle dimensioni della FIT, che ciò che riteneva necessario venisse condiviso da tutti e che fosse tradotto in azione dalla nostra organizzazione nelle forme e nei tempi che ci sono consentiti. E’ stato molto difficile ma sono felice di esserci riuscito. I buoni risultati raggiunti sono perciò anche frutto delle sue idee, del consenso che hanno trovato nel Board del Settore Tecnico e del mio sforzo per concretizzarle. Nel Settore Tecnico abbiamo alcuni validi professionisti che hanno condiviso con Riccardo lunghe esperienze private e la linea resta quella tracciata dal Board quando anche lui ne faceva parte. Palmieri ha soltanto l’incarico di portarla a realizzazione. “Certo, adesso si vedrà se abbiamo davvero fatto dei passi avanti rispetto a vent’anni fa anche dal punto di vista culturale. Se tornassimo alle diatribe del passato, infatti, vorrebbe dire che abbiamo sprecato tanti anni di lavoro. Invece dobbiamo dimostrare che abbiamo costruito un sistema che è in grado di valorizzare anche chi è fuori dalla FIT. E poi non c’è reale differenza di vedute fra noi e Piatti. Noi dobbiamo cercare di massimizzare la nostra velocità di azione e ci stiamo dotando degli strumenti per farlo. E lui deve capire che è soltanto con la pazienza che si possono coniugare i risultati e il rispetto degli obblighi che ci derivano dalla nostra natura. Già altre volte la collaborazione fra Piatti e la FIT non si poté realizzare o si interruppe per motivi analoghi. Ma poi riprese…”- Ma perché il settore pubblico non riesce a essere competitivo con il privato quando si tratta di operare certe scelte e metterle in atto in tempo reale? “Come ho già detto, i due settori devono avere ruoli diversi all’interno di un medesimo percorso di sviluppo generale. La Federazione deve far crescere il sistema dal punto di vista strutturale. I privati devono funzionare come unità agili e super specializzate nella ricerca delle massime performance. E’ ovvio aggiungere che la Federazione non può né agire come un privato né tantomeno ricadere negli errori del passato, quando nel nome della ricerca di una malintesa “qualità” si facevano magari assunzioni a casaccio, innescando conflitti e provocando danni. Nel tennis ci sono ancora troppi guru e troppi santoni senza alcun titolo legale. Per noi, che privati non siamo, la qualità deve obbligatoriamente coniugarsi con la legalità”.- La FIT oggi ha anche un ruolo manageriale. Come lo interpreta e come si rapporta con i manager dei giocatori? “Proprio pochi giorni fa il Coni ha approvato anche per il tennis un Regolamento dei Procuratori, un codice che legittima il ruolo dell’agente e mette ordine nell’attività di coloro che vogliono svolgerlo. Il nostro intento è di tutelare i giocatori e di valorizzare questo mestiere, a patto che sia fatto in modo corretto, trasparente e senza interferire con gli aspetti tecnici dell’attività sportiva. A chi, in modo strumentale, dice che la FIT intende esercitare un controllo ‘politico’ su tutto, come ha detto sullo scorso numero del suo giornale Andrea Gaudenzi, rispondo che è vero che fra i vari servizi che la FIT, su richiesta dei loro coach, offre a giocatrici e giocatori di alto livello c’è l’assistenza del nostro rinnovato Ufficio Marketing, che sta lavorando benissimo. Ma è assolutamente evidente non solo che tutti sono liberi di fare quel che vogliono ma anche che la FIT non intende muovere concorrenza a nessuno. Devono però essere ben chiare due cose. Primo: massimo rispetto per personaggi che in campo hanno dato tanto al tennis italiano, come Andrea Gaudenzi, quando trattano pubblicamente certi argomenti credo che abbiano l’obbligo di chiarire - per onestà e trasparenza - quali interessi privati nutrono nella materia di cui parlano. A chi legge un’intervista dovrebbe essere permesso di capire se chi sostiene certe tesi lo fa per un legittimo interesse privato (che in alcuni casi può anche essere contrapposto agli interessi generali che la FIT rappresenta) o per fare pura accademia. Secondo: se qualcuno pensa di poter un giorno ricreare una situazione simile a quella dei giorni in cui Gaudenzi giocava, strumentalizzando i giocatori contro la Federazione su temi quali la maglia azzurra o la solidarietà fra campioni e giovani espletata tramite i prestiti d’onore, sappia che difenderemo i nostri principi senza esclusione di colpi”.Faccia un sogno ad occhi aperti: finalmente sente di aver sistemato tutti i tasselli e il tennis in Italia è proprio come aveva in mente lei. Ci racconti che cosa vede…“Guardi: prima di mettermi a sognare, insieme agli amici del Consiglio Direttivo ho davvero un sacco di cose da fare e da migliorare. E oltretutto ci sono le nostre fantastiche ragazze che molti dei miei sogni li hanno già realizzati in Fed Cup e nei tornei WTA. Però, per stare al gioco, le dirò che i sogni, per la verità, sono due. Sebbene sarebbe più facilmente riconducibile al buon operato di una Federazione l’avere dieci giocatori e dieci giocatrici fra i primi 100, io sogno di averne almeno uno e una fra i primissimi del mondo. E poi sogno di poter regalare al tennis italiano quel grande tassello che ancora manca alla nostra struttura per far crescere tutto il movimento e la cultura tennistica nel nostro Paese. A che cosa mi riferisco? Ancora non posso dirvelo. Spero possiate scoprirlo presto…”.

La sconfitta in Fed Cup non deve diventare la Caporetto del tennis

(Nonostante tutto il futuro è roseo)

Massimo Rossi, libero del 6-02-08

Quello che è avvenuto a Napoli nello scorso fine settimana ha veramente dell’incredibile. Le nostre ragazze in Federation Cup avevano raggiunto la finale l’anno passato e addirittura vinto il titolo nell’edizione precedente. Sempre con risultati straordinari come la doppia vittoria contro la fortissima Francia della Mauresmo e il Belgio di Bustine Henin. Segno che le nostre nello spirito di squadra trovavano quelle energie in più per imporsi anche contro classifica. A Napoli è successo l’esatto contrario. Certo, ci può stare, soprattutto nei match a squadre, che il pronostico venga invertito, è proprio quello che è successo negli ultimi due anni a nostro vantaggio. Ci può stare anche che la Schiavone (n. 25 del mondo) perda un match dalla Medina Garrigues (34), non però da una giocatrice fuori dalle prime cento come la Llagostena Vives. Così come non ci sta che la Pennetta perda nettamente in due set con la stessa Medina andando in campo per seconda dopo la sconfitta della nostra leonessa e quindi in una situazione dove bisognava dare tutto e di più. Viene allora da pensare che non sono state le individualità a mancare bensì proprio quello spirito di squadra che aveva spinto in passato le nostre anche oltre i loro limiti. Speriamo che non si sia rotto qualcosa con capitan Barazzutti o con la Federazione, altrimenti dovremmo prendere atto dell’ennesimo passo falso dei nostri dirigenti dopo le passate esperienze negative con i maschi in Coppa Davis. Anche Napoli non ha aiutato con la figuraccia di un tetto che lascia piovere sul campo mentre fuori impazza la spazzatura. Dopo la sospensione dei match della finale del campionato di serie A per le misure sbagliate dei campi nello scorso dicembre, anche questa non ci voleva. Urge voltare pagina e in questo ci aiuta la Errani, la nostra grandissima piccoletta che negli ultimi mesi non sbaglia un colpo progredendo sicura anche in classifica mondiale. A Napoli, seppur schierata a risultato purtroppo segnato, ha portato a casa due punti, singolo e doppio in coppia con la Garbin. E’ importante dare segni di continuità anche oltre le nostre migliori e lei, insieme a Karin Knapp, ci garantiscono un futuro di grandi soddisfazioni. Tra i maschi ci pensa invece il nostro giovane Bolelli a tirarci un po’ su di spirito guadagnando in classifica mondiale posti su posti sfiorando ormai il traguardo dei primi cinquanta.

(Chi sono le due sorelle ucraine e dove vogliono arrivare)

Piero Valesio, tuttosport del 6-02-08

E meno male che la terza sorella, Valeria, è tennisticamente desaparecida. Perchè avere di fronte un vero, proprio e compatto esercito familiare, ancorché sul nostro territorio patrio, avrebbe rappresentato un elemento in più contro combattere Comunque, anche se Valeria non ci sarà, l’ostacolo Ucraina, la formazione che l’Italia di Fed Cup dovrà affrontare il 26 e il 27 aprile, così su due piedi appare piuttosto, come dire, consistente…… Non ci è andata benissimo, nel sorteggio londinese, ma del resto, dopo l’inatteso e brutto scivolone di Napoli contro la Spagna era giusto attendersi che la sorte ci facesse pagare pegno. E tutto sommato non si è comportata malissimo dato che si giocherà in Italia. Ma il match contro le due sorelle Bondarenko restanti, Alona e Kateryna, appare comunque durissimo. Attualmente Alona (la bionda platino) è la numero 22 al mondo; Kateryna, (capelli più scuri) è la 43. Ma tanto per gradire hanno appena vinto, in coppia, il doppio dell’Australian Open, seconda coppia di sorelle a vincere un titolo dello Slam dopo, ovviamente, le Williams sisters….Prepariamoci dunque al Bondarenko sister show che comunque sarà un bel vedere. Alona e Kateryna fanno parte a pieno titolo di quel gruppo di tenniste donne che i maschietti apprezzano più per le loro doti estetiche che tennistiche. Si sono, tanto per dire, già cimentate con le passerelle di moda e pure con risultati confortanti. Il loro è un management familiare ove ognuno ha il suo ruolo; fino dalle prime racchetta-te alla pallina, 4 e 5 anni, delle sorelle si sono occupati papà Vladimir e mamma Natalia che tutta seguono e pianificano la loro stagione. Alona è la più giovane ma anche l’intellettuale del gruppo dato che non è insolito trovarla in una players lounge impegnata in una partita di scacchi oppure a leggere un libro mentre Kataryna è più zuzzerellona. …. Nella partita di gruppo 2 che l’Ucraina ha vinto nello scorso weekend contro il Belgio non è che le Bondarenko si siano coperte di gloria dato che entrambe hanno perso il loro singolare contro la sorprendete Wickmayer per poi imporsi facilmente nel doppio decisivo Ma il problema è che non ci sono solo loro nel novero delle convocabili per la Fed: ad esempio sono a disposizione anche Julia Vakulenko e Yuliana Fedak che giusto ieri ha superato al terzo set, nel Gaz del France a Parigi, la nostra Karin Knapp. Una specie di armata insomma….. La scelta del fondo non potrà che essere obbligata: terra, terra e ancora terra al fine di diminuire l’efficacia dei colpi bimani delle sisters e permettere alle nostre, quelle che saranno, di non fare solo a pallate ma impostare un gioco un po’ più variegato. Augurandoci con tutto il cuore che le azzurre, a loro volta quelle che saranno, si presentino al playoff con un po’ di convinzione e furore agonistico in più di quello messo in mostra a Napoli. Già a 4 anni nel tennis sotto pressione

(La saga infinita dei nuovi baby campioni….o presunti tali)

Stefano Semeraro, auto sprint del 5-02-08

Già qualche anno fa Fabio della Vida, il talent scout tennistico che scoprì Martina Hingis, scuoteva la testa: «Ormai frequento i tornei delle mamme incinte». Una battuta estrema, ma che rende l’idea di come nel tennis il fenomeno del baby boom sia radicato. Soprattutto per quanto riguarda le donne. Senza voler scomodare l’antenata Lottie Dod, che vinse Wimbledon a 15 anni nel 1887 e ‘88, gli esempi delle fanciulline meraviglie più famose può partire da Tracy Austin, che a 5 anni era già sulla copertina di “World Tennis” e che nel 79 diventò, a 16 anni e 9 mesi, La più giovane vincitrice degli US Open, per continuare con Steffi Gral, Monica Selee, Jennitef Capriati (top-ten a 14 anni), Mary Pierce, Martina Hingis. E poi in ordine sparso Anna Kournikova, che a 9 anni era già un delizioso oggettino di marketing, Jelena Dokic, Alexandra Stevenson, le Williams sisters, Maria Sharapova di cui 10 anni fa —oggi ne ha 21 — si diceva che sarebbe diventata una numero uno del mondo. In campo maschile basterà citare Andre Agassi — che papà Mike allenava già netta culla - Michael Chang, Tommy Haas, più recentemente Richard Gasquet, che la rivista francese Tennis Magazine andò a scoprire nella provincia francese quando aveva solo 9 anni, o Donald Young. L’ultima si chiama Mika Stojanovic. Quattro anni. inglese, un sorriso luminoso disegnato dentro un visetto da bambolina. A novembre i genitori. Simone, 26 anni, e Igor, 40enne businessman montenegrin0, l’hanno iscritta ad un torneo under 10 a Londra. Mika ha vinto due incontri su quattro, battendo due ragazzine di otto anni, il doppio della sua età. All’accademia tennistica Mourataglou, in Francia, del resto si allena Jan Silva, 5 anni il “Tiger Woods” del tennis, già seguito da uno staff di professionisti e su cui l’accademia ha già previsto di investire dai 2 ai 3 milioni di dollari. MA C’È ANCHE IL CASO FEDERER. Nella famosissima scuola di Nick Bollettieri, in Florida, a Greer Grodjo, 7 anni, vengono riservate le stesse attenzioni di una star, compreso un corso di yoga tre volte alle settimana con la stessa istruttrice che seguì la Sharapova. C’è chi sostiene che nel tennis di oggi questo sia l’unico modo di sfondare. Si cresce il pupo, e lo si “vende” appena possibile ai grandi sponsor, alle grandi agenzie di management. Il motore di tutto sono quasi sempre i genitori, entusiasti quando va bene, invasati e fanatici quando va peggio. Ma spesso ci si dimentica di considerare — accanto ai piccoli prodigi che negli anni si trasformano effettivamente in campioni— anche i tanti che smettono dopo anni di sofferenze nascoste, investimenti sfumati e sacrifici inutili. Ci si dimentica, soprattutto. di riflettere sul caso di Roger Federer, da quattro anni numero uno del mondo, forse il più grande tennista di sempre, cresciuto da una famiglia normale, con una educazione relativamente normale. E diventato oggi, oltre che un fuoriclasse assoluto, una persona gradevolissima, occupata. Certo, Roger il primo dei suoi 12 tornei dello Slam lo ha vinto “solo” a 22 anni e 11 mesi. Ma qualche volta vale la pena di aspettare no?

Minacce e processi la Mirza ripudia l’India

(Non finiscono mai i problemi per la giocatrice indiana)

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 5-02-08

Non sarà profetessa in patria, Sania Mirza. Poco importa che sia diventata un’icona non solo sportiva dell’India, il simbolo dell’emancipazione femminile e della lotta agli infanticidi delle bambine in un Paese che cresce vertiginosamente in economia ma è legato ancora a fortissime tradizioni culturali e religiose: le minacce che ormai ne accompagnano quasi quotidianamente le esibizioni pubbliche l’hanno convinta a disertare il torneo di Bangalore del 3 marzo e a non giocare più nel proprio Paese per tutto il 2008 e forse per sempre….. «Tutte le volte che gioco in India ci sono problemi, perciò mi ha consigliato così il mio manager, Mahes Bhupathi (che è anche suo compagno in doppio misto, ndr) e credo che per adesso sia giusto, anche se spero non diventi una decisione definitiva», ha spiegato contrita la Mirza. E pensare che proprio in patria, a Hyderabad nel 2005, l’allora 19enne Sania balzo agli onori della cronaca diventando la prima donna indiana a vincere un torneo Wta. Adesso è numero 29 del mondo, ha in dote un gioco brillante ed è sicuramente tra le stelle emergenti del circuito, seppur la su camera sia stata sotto la lente di ingrandimento fin dai primi successi. Quanti problemi così, è stata accusata dai fondamentalisti islamici, lei che si professa musulmana fervente, per l’abbigliamento troppo discinto sui campi da gioco o, ancora, ha dovuto inviare una lettera di pubbliche scuse all’Imam della Mecca dopo aver girato uno spot nei pressi di una moschea nello Saharanpur, in un’area sacra. Senza considerare il putiferio scatenatosi in seguito alle sue dichiarazioni favorevoli al sesso prima del matrimonio («Purché sia sicuro»), poi smentite per evitare una sollevazione popolare nell’Andhra Pradesh, il suo stato natale, dove già erano state bruciate centinaia di magliette con la sua effigie. Poi, c’è l’ultimo episodio, quello che probabilmente ha surriscaldato il clima in modo irrimediabile : una foto da Hobart, nelle more della Hopman Cup di inizio anno, in cui la Mirza ha i piedi nudi molto vicini alla bandiera indiana. Una posizione casuale che però le è costata una denuncia per vilipendio alla bandiera presso un tribunale di Bophal: se il giudice decidesse di procedere, la Mirza rischierebbe fino a tre anni di carcere. Una dolorosa ragione in più per evitare i campi di casa.

Pioggia nel Palavesuvio il Comune accusa la Fidal

(Il tetto bucato? Già si sapeva da marzo 07)

Gianluca Agata, il mattino del 5-02-08

Sulle pozzanghere del Palavesuvio ora si sfideranno gli avvocati. Tutti contro tutti: il Comune di Napoli proprietario dell’impianto, il Coni che lo ha in concessione, la Fidal, che lo gestisce e il Garden Club Vesuvio ‘72 che ha organizzato il match di Fed Cup Italia-Spagna interrotto per 56 minuti a causa di un’infiltrazione dal tetto. Gocce d’acqua su una manifestazione che doveva essere un vanto per Napoli ma che è diventata l’ennesima figuraccia internazionale. L’assessore allo sport, Alfredo Ponticelli, attacca: «L’amministrazione comunale non può accettare che Napoli sia al centro dell’attenzione in modo negativo per un episodio che non rientra nelle proprie competenze, ma forse in qualche assurdo modo di operare di soggetti che non lavorano a favore della città». Sotto accusa la Federatletica regionale alla quale il Comune sta valutando la possibilità di chiedere i danni di immagine. «Nell’aprile del 2007 - prosegue Ponticelli - un sopralluogo effettuato da tecnici comunali e del Coni ha stabilito che i lavori da fare non rientravano nella manutenzione straordinaria ed erano di competenza esclusiva della società che gestisce l’impianto. Noi siamo a posto. In pochi giorni abbiamo rimesso a posto i bagni, lucidato i pavimenti, sistemato l’impianto di climatizzazione, riattivato la fontana all’esterno e allestito la sala stampa. Nessuno mi ha avvisato dei problemi del tetto, altrimenti li avremmo risolti». Accuse rispedite al mittente da parte del presidente della Fidal regionale Bruno Benedetti che aggiunge il danno alla beffa: non voleva la manifestazione e ora è chiamato in causa. «Che il tetto perdesse, il Comune lo sa dal marzo del 2007 con una lettera inviata all’ufficio competente nella quale si evidenziava che i lavori erano stati fatti male e le infiltrazioni continuavano. Non ci hanno mai risposto. Del resto quando ci sono problemi al tetto di una casa, chi se ne deve occupare: il proprietario o l’inquilino? Al Palavesuvio l’attività è andata avanti per anni con lavori da noi effettuati che non ci competevano». Un balletto di responsabilità dal quale il Comune si tira fuori, in contrapposizione con la Fidal, assicurando che i loro tecnici avevano nuovamente visionato l’impianto. «Che parlino tra di loro - sottolinea Cannine Palumbo, presidente del Garden Club Vesuvio 72 - noi siamo parte lesa. Abbiamo firmato un contratto nel quale di questi problemi non se ne parlava. Abbiamo subito danni d’immagine pesantissimi». Per Benedetti, però, il 18 gennaio fu effettuato un sopralluogo con un rappresentante degli organizzatori durante il quale la questione infiltrazioni emerse. «E cosa c’entra questo - ribatte Palumbo - Io ho preso un palazzetto per giocarci, la gestione non compete a me». Per una querelle destinata ad offrire nuove puntate, un’altra che si dovrebbe chiudere in tempi brevi, quella legata agli allagamenti del San Paolo. Sono partiti i lavori al sistema fognario che dovrà ovviare al problema. Dureranno quindici mesi per una spesa di 700mila euro. «Un impegno mantenuto» sottolinea l’assessore al sottosuolo Giorgio Nugnes. Intanto il Comune ha anche destinato 1.400.000 euro per la revisione strutturale dell’impianto di Fuorigrotta.

Fed Cup, parla la Santangelo Pianeta Tennis http://www.pianetatennis.it/index.php?

A Napoli lei non c’era, ma con il cuore e’ stata vicina alle sue compagne, protagoniste negli ultimi due anni in Fed Cup. Mara Santangelo si sta riprendendo dall’infortunio che la sta tenendo lontana dai campi di gioco, ma domenica alla televisione ha visto la sfida tra Francesca Schiavone e Anabel Medina Garrigues, quella che ha dato il punto qualificazione alla Spagna, relegando l’Italia alla lotteria dei playoff di aprile, per evitare le retrocessione nel secondo gruppo. “Non sono potuta andare a Napoli perche’ mi sto curando per il mio infortunio- ha detto la laziale- Sono dispiaciuta per come e’ andata, anche perche’ non sara’ facile ritornare in alto subito. Nessuno si aspettava questo risultato, ho visto una Medina in grandissima forma, che ha dato il meglio di se’ e Francesca, pur non giocando male, non e’ riuscita a metterla in difficolta’”. La Santangelo non crede affatto a una sfida presa un po’ sotto gamba dalle azzurre. “Le ragazze erano preparate e concentrate al massimo- sottolinea- In un match di Fed Cup puo’ succedere di tutto. La squadra forse ha subito la pressione derivante dal giocare davanti al proprio pubblico, dopo due anni fantastici. Un passo falso come quello di Napoli ci puo’ stare, ora bisogna rimettersi sotto per ritornare ai livelli che ci competono”. Intanto domani a Londra ci sara’ il sorteggio per gli abbinamenti dei playoff, in programma il 26 e il 27 aprile. Nell’urna, oltre all’Italia, la Francia, Israele, la perdente tra Usa e Germania, e le vincenti del gruppo II, Argentina, Repubblica Ceca, Giappone e Ucraina. E sara’ una di queste quattro squadre l’avversaria delle azzurre: con le ceche giocheremmo in casa, con le ucraine fuori, da stabilire la sede con argentine e giapponesi. “Credo che sulla carta quello con l’Argentina potrebbe essere l’accoppiamento migliore- prosegue la Santangelo- ma tutto e’ relativo. A settembre quando abbiamo pescato la Spagna eravamo contente perche’ la consideravamo l’avversaria piu’ abbordabile. Poi e’ andata come sapete. In Fed Cup contano tanti fattori, tutti importanti”. La speranza e’ di rivedere ad aprile Mara con la maglia azzurra. Ma a quando il rientro? “Di preciso non so, conto di tornare presto e piu’ forte di prima. Pero’ non voglio affrettare i tempi- conclude- valutero’ con il mio staff il momento migliore

Questo (non) è il tennis vero Blog di Federico Ferrero http://federico-ferrero.blogspot.com/

Parecchi anni fa un capitano della squadra azzurra, esaltato per un’incredibile impresa dell’Italia contro la Spagna, sintetizzò in diretta tv il suo pensiero: “Questa è la Coppa Davis, questo è il tennis vero”. Era successo, non si sa come, che al nostro numero due - con una classifica mondiale imbarazzante - fosse riuscita l’impresa contro un giovanissimo top ten, tale Carlos Moya; il nostro numero uno, poi, ebbe la meglio su un altro futuro campione da Slam, Albert Costa. Non è vero che la Davis rappresenta la forza di una nazione e questa idea, negli anni, si è finalmente radicata anche in Italia, Paese che per lungo tempo ha ottenuto risultati notevolmente superiori al valore del movimento tennistico nazionale e che da qualche stagione ne ottiene, tutto sommato, di inferiori. Ciò che è successo a Napoli alle ragazze di Fed Cup (vendetta trasversale?) fa parte dello stesso gioco. Pensa male chi ritiene che la Spagna in gonnella - team più debole del nostro, d’accordo - sia una squadra materasso: Anabel Medina Garrigues era una ragazza destinata alla top ten o comunque a una carriera nelle prime quindici e se permane in seconda fila, comunque sempre tra le migliori trenta giocatrici del mondo, probabilmente accade perché la sua carriera è stata spezzata in Australia nel 2002 da un terribile infortunio (lesione del legamento crociato anteriore del ginocchio destro). Ha perso senza colpe un treno, Anabel, e forse non ripasserà. La nostra Francesca Schiavone, peraltro, aveva perso entrambi i precedenti contro la Medina, che a differenza della gran parte delle iberiche gioca molto bene sui terreni veloci. Il punto che non si doveva perdere è stato quello ceduto dalla Leonessa a Nuria Llagostera Vives, fuori dalle prime cento ma, per intenderci, una falsa scarsa (due anni e mezzo fa è stata trentacinquesima nel ranking e aveva già battuto Francesca). La disfatta di Fed Cup sarà presto dimenticata: capita. Del resto è illogico attendersi che l’Italia possa ogni anno fare il miracolo e trovarsi in finale di Fed Cup anche perché, se in grado di schierare tutte le migliori, esistono più di due team mondiali superiori al nostro. Le nostre ragazze ci hanno regalato risultati insperati nel tennis a squadre e le loro imprese resteranno. Ciò che conta veramente è che le nostre atlete di punta, Schiavone e Pennetta, riescano quest’anno a centrare risultati nei tornei che contano e che l’Italia per la prima volta riesca a piazzare la sua bandierina lassù, nel circolo delle dieci grandi. In cambio di questo, o di una finale nello Slam, o di un trionfo in un Tier I che la Spagna si tenga tutti i quarti di finale di Fed Cup che desidera!

Fed Cup, Barazzutti: “Ora pensiamo allo spareggio” Alice Sport http://sport.alice.it/it/cmc/tennis/20086/cmc_118883.html

C’è grande delusione in casa Italia dopo la cocente eliminazione patita a Napoli dalla Spagna nel primo turno della Federation Cup 2007. Un po’ per l’ottimismo che circondava le Azzurre, favorite alla vigilia, e un po’ per il secco 3-0 subìto prima di recuperare due punti a punteggio ormai deciso, la sconfitta ha decisamente lasciato l’amaro in bocca al gruppo della Nazionale. Così, dopo una vittoria nel 2006 e una finale nel 2007, abbiamo dovuto dire addio anzitempo ai sogni di gloria nella “Davis al femminile”: per Corrado Barazzutti, tuttavia, non si può parlare di fine di un ciclo o anche solo di perdita di quello spirito di gruppo che ci aveva portato così lontano nelle precedenti edizioni della manifestazione. “Non credo sia stato smarrito lo spirito di squadra<: si tratta semplicemente una sconfitta, magari pesante e certamente dolorosa ma sono cose che possono capitare nella storia di un atleta o di una squadra - ha spiegato il capitano delle Azzurre - Adesso l’importante è accettare questo passo falso in modo positivo per diventare più forti. Io ho sempre fiducia in queste ragazze che ci hanno dato tante soddisfazioni”. “Senza contare che bisogna anche riconoscere i meriti delle nostre avversarie, che hanno giocato meglio di noi, in particolare l’ottima Medina Garrigues - ha aggiunto Barazzutti - Ora dobbiamo pensare al prossimo incontro per cercare di restare nel gruppo mondiale e poi a ripartire. Lo spareggio per restare nel Gruppo I di Federation Cup è in programma il prossimo 26 e 27 aprile e domani si effettuerà il sorteggio che ci rivelerà le nostre prossime avversarie. L’Italia, nell’urna con le altre sconfitte al primo turno del tabellone principale - Francia, Israele e una tra Stati Uniti e Germania, con la pioggia ha fermato questa sfida sull’1-1 -, potrà sfidare una tra Giappone, Argentina (in entrambi da affrontare in sede da sorteggiare), Repubblica Ceca (in casa) e Ucraina (in trasferta). Un confronto con nipponiche o sudamericane tra le mura amiche sarebbe più che gradito.

Sanguinetti, è la fine? Tennis Ace http://tennis.sport-blog.it Davide Sanguinetti è ad un passo dal ritiro ufficiale.

La nuova classifica è impietosa, Davide Sanguinetti è il numero 460 del mondo. Questa settimana ha perso ben 116 posizioni. E adesso? L’azzurro ci è probabilmente rimasto male di non aver ricevuto la wild card a Bergamo e per orgoglio non si è iscritto alle qualificazioni del Challenger lombardo. Ma ora la situazione è grave. Numero 460 del mondo Sanguinetti difficilmente riuscirà ad entrare in un Challenger. Doveva iniziare in Australia la stagione di Davide, che poi decise di rinunciare per partire da Miami. Altro forfait con la promessa però di giocare Heilbronn. Altro ritiro. Poi spunta la Wild Card a Wroclaw, revocata all’ultimo per darla a Stepanek. A Bergamo molti, anche io, pensavo ci fosse un invito per lui, invece niente. Adesso è dura riprendere. Soprattutto perchè vista la classifica bisognerebbe partire dai Futures. A 36 anni Davide non si merita di ripartire dal livello più basso, lui che può vantare un quarto a Wimbledon. Per questo credo che Sanguinetti non giocherà più, forse qualche torneo dove riceverà una wild card per chiudere in bellezza.

(La Spagna dopo 11 anni ci restituisce il regalo)

Dario Torromeo, il corriere dello sport del 4-02-08

NAPOLI - Nel 1997 il regalino glielo aveva fatto l’Italia. Gli azzurri di Adriano Panatta (Camporese, Furlan e Nargiso i protagonisti) avevano rifilato un incredibile 3-0 alla Spagna di Carlos Moya e Albert Costa in Coppa Davis. Loro, gli Iberici erano nettamente favoriti. Noi scegliemmo dì giocare sul veloce di Pesaro. La Spagna ha aspettato undici anni e ci ha restituito il regalo, stavolta in Federation Cup, ; Adesso dobbiamo lottare per rimanere nel Gruppo Mondiale. L’Italia trionfatrice nel 2006, finalista nel 2007, è uscita ieri al primo turno. E lo ha fatto nella maniera peggiore, rimediando in tre partite un solo set e rari sprazzi di bel gioco. Ma una sconfitta non può cancellare le conquiste del passato. L’Italia in rosa non esce certo di scena per sempre. Diciamo che si è presa una pausa e che ora dovrà risalire in fretta la china….. Francesca Schiavone, contro Anabel Medina Garrigues, è stata assai poco in partita, anche ieri. Ha giocato bene dallo 0-1 al 4-4 del primo set Ma non ha approfittato di quell’occasione per prendersi tutta la partita. Con onestà, l’azzurra ha raccontato (quasi) tutta la verità ad eliminazione avvenuta. «Non ero nelle condizioni migliori, diciamo che ho giocato al 20%. Ma è vero che le tenniste forti vincono anche partite così. Prima di entrare in campo ho pensato che la cosa principale fosse creare un clima di lotta metterle pressione. Ci ho provato, non ci sono riuscita. Ho sentito le tensioni di questa sfida che dovevamo vincere per forza. Ho fatto tanti errori in entrambe le mie partite. Ho cercato sempre di dare il massimo, il risultato è stato schifoso. Lei è stata umile, concentrata, ordinata. E’ stata brava, ed ha vinto mentalmente. Lo so, quello che mi manca per fare il grande salto in avanti è la capacità di uscire bene anche da queste situazioni. Avrei dovuto essere più positiva, avere più fiducia. Ho sentito più che in altre occasioni il peso della responsabilità. Debbo lavorare anche sull’approccio mentale alla partita e sulla gestione della stessa». Francesca, quando alla vigilia hai chiesto “E se perdessimo?”, nascondevi strane sensazioni? «Certo. Non sentivo il giusto rapporto con l’evento. Ma non posso proprio dirvi tutto». Fuori dalla lotta per la Coppa. Una sconfitta che nasce da un approccio psicologico sbagliato a questo incontro. Qualcosa che probabilmente non è andato per il giusto verso ed ha creato problemi nella gestione delle tensioni. In sofferenza nei momenti di difficoltà. Cosi abbiamo visto Francesca, lei che più volte ha saputo lottare anche quando era sul baratro della disperazione……….Una batosta che fa male. Soprattutto perché pesa sulle spalle della Schiavone che in passato aveva preso per mano la squadra portandola al successo. Fuori fase lei, male anche Flavia Pennetta. Il movimento femminile azzurro resta comunque il punto di riferimento del tennis italiano. Due anni su fino ai massimi livelli, ieri giù nel burrone. Ma tutta la squadra ha le armi per riprendersi velocemente quello che è già stato suo. Non si è certo chiuso un ciclo, l’Italia ha semplicemente pagato (giustamente) due giorni disastrosi. E proprio da Schiavone e Pennetta dovrà ricominciare per dimenticare in fretta la botta napoletana.

Binaghi: Avrei scelto la terra

(Il Presidente della Fit: “La sconfitta c’è prepariamoci”)

D.T., il corriere dello sport del 4-02-08

NAPOLI - Presidente Angelo Binaghi, come va? «Mi sento sotto un treno». Come giudica la doppia sconfitta della Schiavone? «Non è stata capace di gestire gli stati d’animo in una partita che doveva vincere. Le era già accaduto a Saragozza contro la stessa Medina Garrigues. E’ entrata in confusione sbagliando tempi e strategie. E’ questo che ancora le manca per fare il salto che potrebbe portarla tra le grandi. La Kutznetsova, quando vede che va male, soffre, mantiene la calma, fa passare il brutto momento e quando l’altra molla un momento le salta alla gola e chiude. Non è certo un problema di mancanza di esperienza, ma di incapacità a gestire le situazioni. Le è successo altre volte, deve la-vorarci su». Avrebbe potuto recuperare e battere la Medina Garrìgues? «Penso di sì. Doveva giocare più semplice, ordinata, aggrapparsi al servizio ed aspettare che il brutto momento passasse in fretta». Un giudizio globale sulle azzurre? «Negli ultimi quattro anni queste ragazze hanno fatto scoprire il tennis femminile all’Italia intera. E’ un grande merito. Bisogna solo ringraziarle. Come non bisogna dimenticare cosa sia stata capace di fare la Schìavone nelle precedenti partite di Federatìon Cup. La sconfitta ci sta, prepariamoci a ripartire». Abbiamo sbagliato la scelta della superficie? «Fosse dipeso da me, avrei scelto la terra battuta».

Che scoppola però il ciclo non è chiuso

(Con la speranza di non affrontare la Repubblica Ceca negli spareggi di Aprile)

Piero Valesio, tuttosport del 4-02-08

Non è finita un’epoca ma abbiamo subito una scoppola memorabile. Si renderà ora necessaria una riflessione di squadra e individuale per capire i perché profondi di una sconfitta tanto netta quanto strana. Si è giocato su una superficie finto-veloce: detto a posteriori forse avrebbe favorito pia le nostre un suolo «vero», terra o veloce che fosse. La Schiavo si domanderà perché ha giocato peggio in questo weekend di quanto succedeva l’anno scorso quando per mesi non ha passato il primo turno di un torneo: la Pennetta forse s’interrogherà sul perché, pur avendo la sensazione di essere sufficientemente in palla, è stata battuta dalla Medina e il perfido fato ha voluto che tutto ciò avvenisse proprio all’indomani della pubblicazione delle prime foto para-desnude della sua esistenza. Corrado Barazzutti già si sta domandando per quanto resisterà alla tensione pesante cui è sottoposto come capitano non giocatore. I maschietti attendono ora il difficilissimo primo turno di Davis contro la Croazia forse con qualche spinta emotiva in più: potrebbe anche essere che, sentendosi ora liberi dal peso di doversi confrontare con una squadra femminile vincente, Seppi, Bolelli e soci non vadano a Rijeka (dove forse si giocherà) a fare da vittime sacrificali. Noi, ci domanderemo fino a domani (sorteggio a Londra: incubo la Repubblica Ceca dì Nicole Vaidisova) contro chi disputeremo lo spareggio di aprile. Non è finita un’epoca: auguriamoci che l’Italia dei miracoli si sia solo presa una pausa. Forse per avere il tempo di ritrovare se stessa.

Intervista a Francesca Schiavone. I giocattolo azzurro si è rotto

(E’ forse successo qualcosa negli spogliatoi?)

Egizio Trombetta, l’unità del 4-02-08

Piove a Napoli, ha piovuto all’interno del Palavesuvio di Ponticelli e piovono anche le sconfitte per la nazionale azzurra di tennis femminile. L’Italia è stata sconfitta a sorpresa dalla Spagna per 3 a 2 nel confronto di Fed Cup, ma la differenza è stata netta, i due punti le azzurre li hanno conquistati a risultato acquisito. Francesca Schiavone non riesce a far valere il suo enorme potenziale e porta al “Club Italia” un’altra prestazione mediocre. Barazzutti, così come nella finale dello scorso settembre a Mosca puntava soprattutto su di lei, ma è apparso evidente che nel gruppo azzurro sia mancata un po’ di quell’energia positiva che ha fatto di questo gruppo azzurro un’armata quasi invincibile.Francesca quanto ha inciso secondo, a livello inconscio, essere sazie dal momento che venivate dalla vittoria del 2006 e la finale di Mosca del 2007? Mah sazie non penso, ma se parli a livello inconscio ti dico che può essere. Secondo me una situazione del genere ci può stare dopo una vittoria e una finale. Parlando di questo confronto con le spagnole ti dico che in questi giorni le mie condizioni non erano ottimali e non potevo ambire certamente ad emulare le grandi vittorie del passato. Rimane dell’amaro in bocca ma questo non significa che è finita qua…Ripeto, ci può stare questa sconfitta. Abbiamo fatto negli ultimi due anni grandi cose e negli altri due anni precedenti avevamo lavorato molto bene per arrivare a buoni livelli. Un passo indietro è accettabile, per lo meno, io lo accetto! Puoi farci un’analisi di questa sconfitta per il tennis azzurro? Prima di entrare ho pensato che la cosa principale poteva fare sentire alle mie avversarie la lotta e quindi la pressione. Ho provato in tutti i modi a fare questo. L’analisi è che loro hanno giocato un ottimo tennis e io, ad esempio, ho espresso un livello di gioco molto scarso. Nonostante questo ero convinta che potevamo portare a casa la vittoria… Mi è arrivata voce di quello che hai detto (”che cazzo fai?, ndr) al giudice di linea dopo aver giudicato in campo una palla nettamente fuori della tua avversaria. Ti è mancato “l’occhio di falco che c’era a Mosca? Io non ho detto niente! Sono innocente, non ho detto niente - scherza Francesca - ma no, credo che ci sia stata compensazione sugli errori arbitrali in fin dei conti. Ma su quell’episodio che fai riferimento tu, con una palla che è fuori più di dieci centimetri, ho perso proprio le staffe. Ma credo che ci possa stare, no? Quella palla è andata fuori di tantissimo!” Fino al quattro pari del primo avevi giocato bene tutto sommato, dopo però hai sbagliato troppo, cosa è successo? Io penso di aver espresso al 20% delle mia potenzialità. Vorrei spiegarmi meglio. E’ come se tu hai una fame pazzesca e hai una torta davanti. Quindi hai tanta fame ma riesci a mangiare solo due pezzetti di torta. Non so spiegare perché, ma è così. Un giocatore di buon livello però sa vincere anche se gioca male. Per questa cosa la mia testa la vorrei picchiare contro il muro. Ho da lavorare molto su questo, lo ammetto. Questo esempio della torta mi fa pensare che dovresti quindi lavorare molto sotto l’aspetto mentale. Sono d’accordo. Dovrei progredire ancora parecchio anche sugli altri aspetti, ma sono pienamente d’accordo sul fatto che devo lavorare e migliorare sull’aspetto mentale. Secondo te, a “frittata” fatta, avete sbagliato a scegliere di giocare sul RukKort, una superficie così dura? No la superficie era buona, erano le palle che non centravano niente (scelte da Barazzutti). Ma non voglio prendermela con queste cose. Sentivi che in questi giorni c’era qualcosa che non girava a livello di sensazioni? Ma certo, sapevo che livello di attivazione e di feeling avevo. Infatti nei giorni precedenti volevo farvi capire che una sconfitta poteva anche venir fuori, ecco. Come poi è accaduto purtroppo. Penso che avevo bisogno di più positività, io invece tendo ad essere un po’ troppo pessimista. Cosa salvi di questa esperienza? Questa sala con voi giornalisti. Sento che voi capite questa sconfitta e domani me lo dimostrerete. Abbiamo costruito tanto e questo non si brucia solo con una sconfitta. Chi ha scritto dopo la sconfitta di Federer in Australia che si è chiusa un era ha sbagliato secondo me. Lui ha ancora la possibilità di essere il numero uno. Mi piace stare qui con voi comunque. E’ venuto a mancare un pochino il senso di squadra? Quello che conta ti ricordo che è quello che riesci a dare in campo, tutto il resto conta poco, credimi. Come conta quello che scrivi tu! Puoi essere l’uomo più bello e simpatico del mondo ma quando se scrivi fai ridere…non conta nulla no? Per quanto riguarda la tua domanda ti dico che è una domanda intelligente, ma preferisco parlare di me. Ti sto dicendo quello che ti posso dire…Ti ho risposto…La milanese abbia detto tutto quello che poteva dire servendosi delle parole e il resto ce lo ha comunicato servendosi della comunicazione non verbale e con del linguaggio del corpo. Qualcosa è probabilmente successo a livello di spogliatoio. Capitan Barazzutti avrà sicuramente il suo da fare per raccogliere i “cocci” e mettere in piedi per il prossimo aprile (ora ci sono i play out ad attendere le azzurre) una formazione all’altezza delle grandi e recenti vittorie.

Piove sull’Italia. Un 2 a 0 da incubo

(Con le spalle al muro…..ma non sono fenomeni le spagnole)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 3-02-08

Uno-due al mento: dopo i primi due singolari, l’Italia di Fed Cup è tramortita ed attonita dalla Spagna in questa Napoli ancora rossa di vergogna. Stavolta per la pioggia, che è caduta in campo dal tetto del PalaVesuvio di Ponticelli, e ha fermato tutto per 50 minuti, finché i buchi, lassù, non sono stati rattoppati….. Possibile che la perentoria regina del 2006, l’orgogliosa finalista del 2007, sia sotto 2-0? Possibile che tutto ciò sia successo, in casa, sul campo indoor medio veloce che abbiamo scelto, e con le nostre più forti, Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, atlete in forma e sulla rampa di lancio di un nuovo salto di qualità: che sia lo storico ingresso fra le prime 10 del mondo o una zampata in un grande torneo, magari dello Slam? Possibile che le azzurre si trovino adesso con le spalle al muro, alla disperata ricerca della storica rimonta, riuscita due sole volte ai cugini azzurri di Davis e tre sole volte nella storia mondiale di tutta la Fed Cup? Possibile. Anche se i più ignorano storia e caratteristiche di Nuria Llagostera Vives e Anabel Medina Garrigues. E chi le ha visto ha capito che non stiamo parlando di due fenomeni, ma di due oneste comprimarie, capaci di buona regolarità da fondocampo e poco più……. «Come nei tornei, anche in Coppa, è sempre più difficile vincere match che sulla carta sono da vincere piuttosto che quelli dove non si ha nulla da perdere. Succede che gli avversari adesso ci prendano con le pinze. E succede che più cresci più ti vogliono battere», suggerisce capitan Corrado Barazzutti dall’alto della sua esperienza. Che capta i limiti di personalità delle ragazze, almeno in questo sabato nero, entrambe incapaci di reagire alla propria giornata no e alla super-prestazione delle avversarie. Ma confida, come tutti, nella loro reazione nei tre match che mancano oggi: due singolari e l’eventuale doppio di spareggio…… Sia Francesca che Flavia, infatti, non perdono senza giocare, ma perdono senza trovare il bandolo della matassa. Oppresse più dalla tensione, cioè da essere per la prima volta favorite, che dalla super-bravura nemica. Anche se tutt’e due, a caldo, si sentono sopraffatte più dal tennis che da se stesse. «Ma sul 4-3 iniziale ho avuto l’occasione del 5-3, e anche nel tie-break ho sbagliato. Ho sbagliato troppo», si desta dall’oblìo la Schiavone, davvero irriconoscibile, lei numero 23 del mondo, contro la 136, Llagostera. «Ho vinto il secondo set e nel terzo pensavo che il break tornasse a mio favore, dovevo fare io la differenza, per il livello che ho come giocatrice. Mi dicevo: “Piove, buon segno”. Ma, anche quando siamo tornate in campo, facevo fatica a muovermi, ed ero disordinata nel gioco, non stavo lì, non la facevo giocare, non le facevo sentire la mia palla pesante… Mi è andata via e non l’ho presa più, anche se lei ha giocato bene. La tensione, certo, ci sta: eppoi in Fed cup i valori si eguagliano». E perciò: «C’è un’altra giornata che comincia, siamo in svantaggio, ma questo è il tennis e se giochiamo a tennis, vinciamo ancora noi»….. «Io avevo la tensione addosso, certo, entrare in campo 1-0 sotto lo senti. Ma sono anche convinta che non ho perso per quello, ma perché loro hanno giocato al 100%. La Medina aveva tutte le risposte, era sempre lì pronta ad aspettarmi», racconta la Pennetta che s’infila nell’imbuto del monocorde palleggio da fondo nemico, e crolla in due set. E non pensa, non capta, nemmeno quando strappa due servizi di fila, ma subito li restituisce. Meglio aggrapparsi alla sua promessa: «Non è ancora persa, altri hanno rimontato da 0-2, perché non lo possiamo fare noi?». O a Barazzutti, che sembra Eduardo De Filippo: «E’ stata una giornata di pioggia».

Napoli vive l’ultima vergogna

(Chi ha dato l’agibilità al Palavesuvio?)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 3-02-03 Non è la prima volta che un campo indoor è impraticabile per l’acqua. E’ successo nella scherma: agli Europei 2007 di Gand, durante la semifinale Baldini-Le Pechoux (Fra) si interruppe sull’8-7 per Baldini, che poi vinse 15-12. Succede spesso nel basket: non solo al palasport di Cantù, ma anche al famoso Staples Center di Los Angeles dove, il 28 gennaio, Lakers-Cavs è stata ritardata di 12 minuti perché la pioggia che si era fermata sul tetto è caduta sul campo. Succede anche nel tennis: magari per l’impianto di irrigazione delle fioriere a bordo-campo, come l’anno scorso al Masters Series di Madrid. O addirittura perché saltano le tubature e l’acqua inonda tutto il campo, come alla Rod Laver Arena, addirittura in un torneo dello Slam. Ma se succede a Napoli, maglia nerissima dopo l’ultimo scandalo delle immondizie agli angoli delle strade, la pioggia che ferma la partita di tennis è tragica. L’ennesimo buco nella groviera, l’ennesima pubblicità negativa. Ma chi ha dato l’agibilità al PalaVesuvio quando i segni della pioggia dal tetto erano visibili anche sulla pista d’atletica? Chi e come ha fatto i sopralluoghi? Napoli non è un’isola lontana, è la punta dei problemi d’Italia. Piove sull’Italia del Tennis

(Baccini: “Il Palavesuvio ci sembrava all’altezza”)

Egizio Trombetta, l’unità del 3-02-08

TENNIS- E’ in difficoltà, a sorpresa, l’italdonne di Barazzutti impegnata nel primo turno del World Group di Fed Cup 2008 contro la Spagna. La prima giornata vede in vantaggio la formazione iberica per 2 a 0. Dapprima Francesca Schiavone (n. 23 WTA) si fa mettere sotto dalla Nuria Llagostera Vives, numero 136 del mondo e perde il suo incontro al terzo col risultato di 76 36 62, nel successivo incontro Flavia Pennetta (n.34 WTA) non fa di meglio perdendo 62 63 contro la numero uno iberica iberica Anabel Medina Garrigues(n. 30 WTA). La situazione è chiaramente disperata e oggi servirà un miracolo. La notizia di attualità è che si è rischiato di rinviare per pioggia la prima giornata di gare, in un impianto “indoor”! Ci sono voluti ben 54 minuti agli addetti alla manutenzione per “stendere” un telo impermeabile a mo di “copertina” sopra un tetto “ferito” dall’improvvisa pioggia che si è abbattuta sull’impianto del Palavesuvio di Ponticelli. La figuraccia in eurovisione viene minimizza dal direttore della comunicazione della Federtennis Giancarlo Baccini: “D’altronde noi che potevamo fare? – puntualizza Baccini - Fin ora lo stesso impianto e gli stessi organizzatori avevano ospitato egregiamente anche altri incontri di Davis. Noi affidiamo gli eventi per mezzo di una gara valutando nel complesso anche le garanzie che può offrire un determinato impianto. Il Palavesuvio di Ponticelli ci sembrava francamente all’altezza”. L’interruzione avvenuta sul 2 a 1 nel terzo set per la giocatrice spagnola poteva certamente favorire la nostra giocatrice in difficoltà:”Si è vero, ci ho pensato anche io! – scherza con noi la Schiavone come suo solito – ho pensato che poteva essere un segno da cielo che mi suggeriva: Francesca, te devi svejà, te devi svejà… Ma così non è stato e mi dispiace proprio, ho dato tutto quello che avevo dentro oggi”. E se gli chiediamo se andrà a mangiare una bella pizza a Napoli insieme alle sue compagne lei accetta l’invito e ci regala un’altra delle sue battute”No no che scherzi. La pizza a Napoli con le mie compagne no se no me menano di brutto dopo sta partita – insiste Francesca a servirsi del dialetto romanesco – No, a parte agli scherzi, ci ritroveremo come al solito tutte insieme e cercheremo di capire come raddrizzare lo svantaggio acquisito in questo confronto. Domani è un altro giorno, si vedrà!”

Dal Web Napoli, il tetto fa acqua la Fed cup si allaga La Stampa.it http://www.lastampa.it/sport/cmsSezioni/tennis/ Sospeso il match tra Italia e Spagna poi si copre la falla

Non c’è nemmeno la consueta consolazione di prendersela con l’Autorità. «Piove, governo ladro»? Ma se con la crisi non c’è più neppure quello… E poi se è normale che piova fuori, perché questo non è sempre «’o paese d’o sole», un po’ meno normale è che piova dentro al PalaVesuvio di Ponticelli, e meno ancora che succeda durante la Fed Cup di tennis, quarti di finale con la Spagna, con conseguente figuraccia internazionale. Certo: per Napoli non sono mai momenti facili. Ma questo è particolarmente difficile. Cumuli di monnezza che hanno ormai l’altezza della Tour Eiffel, guerriglia per le strade, puntate di Porta a porta, la Ue che mette becco sulla ricetta della pizza, Bassolino sempre lì, la Russo Iervolino anche e Pecoraro Scanio pure: nulla viene risparmiato alla più martoriata delle città italiane. Ma, dopo quel che è successo ieri, l’impressione è che ci voglia un miracolo fuori stagione di San Gennaro. La scena sarebbe forse divertente se non fosse certamente umiliante. Terzo set, Nuria Llagostena Vives conduce 2 a 1 su Francesca Schiavone e sta per battere quando si accorge che dietro la linea di fondo si sta formando una piccola laguna. Perché il tetto del PalaVesuvio non «tiene» l’acqua. Come, raccontano gli sportivi napoletani, la copertura del San Paolo e quella della piscina Scandone, dove giocano i pallanuotisti del Posillipo. Interruzione, andirivieni di giudici arbitri e allenatori, asciugamani per tamponare le pozze poi, dopo 54 minuti di stop, qualcuno che sale sul tetto del Palallagato con un provvido telone. Inutile ricordare che anche a Madrid è successo lo stesso incidente, alla Madrid Arena, peraltro descritta come modernissima. A Napoli, i più eruditi si sono consolati con le comuni memorie del leggendario malgoverno spagnolo che faceva analoghi disastri sulle due sponde del Mediterraneo. I più e basta hanno sopportato filosoficamente l’attesa con la consueta sorridente ironia partenopea. Ma, insomma, per la città bagnata e sfortunata si tratta dell’ennesima «magra». E dire che, presentando la partita, la sindachessa aveva garantito che ci sarebbe stato il sole (un consiglio alla signora: soprattutto, non parli del Vesuvio. Non si sa mai…). Invece niente «’o sole mio» e molta acqua anche dove non dovrebbe entrare. Ma a Napoli, di questi tempi, piove davvero sul bagnato…

Trofeo “Baci & Abbracci”: E’ subito Santoro – Luzzi Tennis teen.it http://www.tennisteen.it/notizie/challenger-tournaments

E’ stato sorteggiato il tabellone principale dell’ATP Challenger Baci & Abbracci (125.000$, Play-It), scattato sabato con i primi incontri delle qualificazioni.

E’ stato sorteggiato il tabellone principale dell’ATP Challenger Baci & Abbracci (125.000$, Play-It), scattato sabato con i primi incontri delle qualificazioni. Il campo di partecipazione è degno di un torneo di categoria superiore, potendo contare di 12 giocatori compresi tra i primi 100 del mondo e tre top 50 come Fabrice Santoro (campione in carica), Nicolas Mahut e il nostro Andreas Seppi. Tra gli incontri di primo turno, spicca il match tra Santoro (testa di serie numero 1) e Federico Luzzi, giocatori dotati di un grande talento. Meno severi i sorteggi per gli altri italiani in gara. Andreas Seppi, terza testa di serie, esordirà contro lo spagnolo Ivan Navarro per trovare al secondo turno il vincente di uno dei match più interessanti in programma, quello tra lo slovacco Lukas Lacko e il russo Teimuraz Gabashvili. L’urna ha regalato anche un derby: incroceranno le racchetta già al primo turno Simone Bolelli (n.68 ATP), reduce dalla semifinale al torneo di Wroclaw, e Flavio Cipolla (n 117 ATP), al rientro dopo qualche giorno di stop a causa dei problemi ad un tendine rotuleo. Cipolla, non dimentichiamo, ha iniziato alla grande la stagione, vincendo il 75.000$ di Noumea, in Nuova Caledonia. L’ultimo azzurro in gara è il giovane Thomas Fabbiano, che ha usufruito di una wild card. Il giovane pugliese, neo allievo di Christian Brandi, se la vedrà con lo spagnolo Fernando Vicente, giocatore dal passato illustre ma in declino e mai troppo a suo agio sulle superfici veloci. Per Fabbiano si tratta del miglior sorteggio possibile, essendo Vicente il giocatore di più bassa classifica ammesso direttamente nel main draw. Tra i protagonisti più attesi dal pubblico segnaliamo i francesi Nicolas Mahut (n. 45 ATP e autore di un ottimo 2007), Julien Benneteau e Marc Gicquel, mentre desta sempre curiosità la presenza di Rainer Schuettler, ex numero 5 ATP ed ex finalista all’Australian Open. Sono presenti anche due giovani dal sicuro avvenire come il tedesco Mischa Zverev e l’olandese Robin Haase, recente protagonista all’Australian Open, in cui ha eliminato al primo turno Ivan Ljubicic. Nel frattempo si sta giocando a pieno ritmo il primo turno della qualificazioni, con metà degli incontri al Palanorda e metà presso il palazzetto di Gorle. Tra i primi risultati, va segnalata la bella vittoria del giovane bergamasco Ancrea Falgheri, capace di eliminare in tre set Jesse Huta Galung, numero 195 ATP. Notizie aggiornate si possono trovare sul sito ufficiale del torneo all’indirizzo www.olmesport.it. TV: il torneo godrà di una copertura televisiva senza precedenti per un evento del circuito challenger. Sport Channel (canale 955 di Sky) garantirà la diretta di due match al giorno, uno pomeridiano ed uno serale. Si parte lunedì con i primi match del tabellone principale. I risultati saranno reperibili sul sito www.olmesport.it

Il luogo comune! (I Puntata) SpazioTennis http://tennis.sport-blog.it

I luoghi comuni nel tennis regnano sovrani da sempre e l’unica certezza è che continueranno a farlo nei secoli dei secoli..Un luogo comune su cui vorrei soffermarmi è: “Un giocatore che vince un torneo, nella stramaggioranza dei casi perde al primo turno in quello successivo”. Quante ho sentito questa frase pronunciata da presunti opinionisti illustri, da presunti grandi santoni del tennis..Numeri alla mano, vi dico che non è così..Ho preso in esame i primi tornei di questo 2008, analizzando, per ogni giocatore, il torneo subito successivo a quello vinto. Le statistiche prendono in considerazione i tornei Atp, Challenger e Future. La statistica ovviamente verrà portata avanti nel corso di tutta la stagione. Probabilmente nei tornei Atp, con l’andare dei mesi, la statistica si assesterà intorno al 50%, ma questo perché il livello è talmente alto che è normale poter perdere al primo turno del torneo successivo a quello vinto, non per mancanza di motivazioni o calo di tensione mentale, ma semplicemente perché l’altro gioca meglio. In particolare poi, ci sarà una sezione dedicata agli italiani, per i quali questo luogo comune regna indiscusso nelle menti di tutti gli appassionati..Ecco i dati di questo primo mese di gennaio: Future: 17W - 1S (solo un giocatore ha perso al primo turno nel torneo s€uccessivo a quello vinto) Challenger: 2W - 2S Atp: 3W- 0S Totale: 22W - 3S Statistiche Italiani:3W - 0S (Flavio Cipolla W Noumea + 1t Aus Open; Leonardo Azzaro W El Salvador F1 + 1t Guatemala F1; Massimo Dell’Acqua W Austria F1 + 1t Austria F2)

La nuova Capriati è un’italiana ma gioca per gli Usa Il Giornale.it http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=238402

Beatrice Capra è un nome che non dirà nulla anche ai grandi appassionati di tennis italiani. In America invece la 15enne, nata il 6 aprile del 1992 a Maryland da papà Giovanni, di nazionalità italiana, e mamma Lauriel, americana, è considerata una delle più grandi promesse del tennis a stelle e strisce. La mamma, Laurie Macgill, ex tennista di buon livello all’università, l’ha spinta, le ha messo in mano la prima racchetta e le ha fatto da allenatrice nei suoi primi anni. E molti già adesso la paragonano a Jennifer Capriati non solo per il cognome italiano che la ricorda, ma anche per il suo gioco e la sua potenza da fondo campo, molto simili a quelli della ex numero 1 del mondo. Insomma, l’Italia potrebbe avere una giocatrice dal grande potenziale, però la Capra - che a soli 15 anni ha già raccolto i primi punti nel circuito dei grandi, chiudendo il 2007 al numero 965 delle classifiche mondiali femminili con 5 punti Wta disputando però appena 8 tornei - è già finita sotto la protezione della federazione americana, nonostante il desiderio del nonno Angelo - che abita a Monza - di vederla un giorno lottare per la nostra bandiera. Beatrice, che a novembre a Lima (un torneo Itf da 10000 dollari) è approdata fino ai quarti di finale - ha infatti un doppio passaporto: la Usta, la federazione tennis americana, la segue da tempo e da due anni la convoca regolarmente nel centro tecnico federale di Boca Raton. Mentre il nonno, in Italia, ha scritto alla Federazione, ma dopo un primo contatto non ha più avuto notizie. «La prima lettera è del 2006, quando Beatrice vinse il torneo under 14 dell’Easter Bowl, uno dei tornei junior più importanti in America - spiega -. Hanno risposto segnalandomi soltanto che mia nipote aveva partecipato a tornei juniores per gli Stati Uniti. È vero: è stata anche convocata per la Fed Cup juniores, ma questo non pregiudica un suo futuro italiano». Beatrice appunto come Jennifer Capriati, italiana di origine ma americana per il mondo del tennis. Nel 2007 intanto ha raggiunto la finale dell’Easter Bowl nella categoria under 16, senza essere testa di serie, mentre quest’anno - complice un infortunio - ha avuto problemi ad inizio stagione. «Mi piacerebbe vedere mia nipote giocare per l’Italia: la Federtennis è stata molto gentile nel rispondermi ma non mi sembra intenzionata a muoversi al riguardo. Beatrice viene spesso in Italia, quest’anno dovrebbe venire per giocare un paio di tornei Itf e quasi sicuramente il torneo dell’Avvenire. Così magari se giocasse bene potrebbe attirare questa volta l’attenzione della Fit». La Capra nel 2006 è stata la numero 1 americana delle classifiche Under 14 e attualmente è numero 4 a livello under 16 nonostante abbia giocato pochi tornei juniores. Infatti il suo allenatore, Frank Salazar (ex buon tennista junior americano), sta puntando molto sui tornei Itf, il livello che sta subito sotto al circuito professionistico Wta, perché ritiene che Beatrice sia già pronta al grande salto. E giocare per l’Italia - così come vorrebbe nonno Angelo - sarebbe fattibile perché la Capra non ha ancora deciso quale sarà la propria nazionalità tennistica anche se, per come la sta coccolando la federazione statunitense, al momento la cosa sembra veramente difficile: «Adesso Beatrice vuole allenarsi al meglio e salire rapidamente le classifiche mondiali. Lei vuole pensare solamente a vincere in campo. Poi, a quel punto, sceglierà cosa fare: mi piacerebbe che la nostra federazione ci pensasse». Joachim Johansson annuncia il ritiro Matchpoint

http://www.mpmtennis.com/index.php?pag=articolo&id=1345

La spalla continuava a non dargli tregua ormai da tre anni ed oggi è arrivato il triste, ma in fondo prevedibile, annuncio: Pim Pim ha detto stop. All’età di appena 25 anni, Joachim Johansson ha annunciato ufficialmente il proprio ritiro dalle competizioni professionistiche, a causa del persistente malanno fisico, che l’ha costretto a lunghe pause dall’attività ed a tre interventi chirurgici. “Posso allenarmi per qualche settimana e giocare un torneo individuale”, ha spiegato il gigante svedese (198 cm per 90 kg) “ma poi la spalla si sovraccarica e mi costringe a riposare per un periodo di tempo più lungo. In questo modo è difficile raggiungere gli obiettivi che ho per cui è impossibile continuare la mia sfida. È una decisione che ho sviluppato il mese scorso. Ora mi porrò nuovi traguardi ma, qualunque cosa accada, continuerò a giocare a tennis”. Subito dopo l’ingresso fra i top ten, ad inizio 2005 (con best ranking al numero 9, il 14 febbraio), sulla scia di tre titoli Atp (Memphis 2004; Adelaide e Marsiglia 2005) e della semifinale agli US Open 2004 (dove batté nei quarti il campione uscente Andy Roddick prima di cedere a Lleyton Hewitt), per Joachim sono cominciati i guai. Il problema alla spalla l’ha costretto a fermarsi a lungo, prima di rientrare sul finire del 2006 con qualche buon risultato (su tutti, la semifinale raggiunta a Stoccolma, con un bel successo su Rafa Nadal). Purtroppo, il ritorno è stato di breve durata: lo scandinavo è stato nuovamente obbligato a saltare quasi tutta la stagione 2007. Gli ultimi due incontri li ha disputati fra settembre ed ottobre scorsi, dopo altri otto mesi di pausa: una sconfitta con Roddick in Coppa Davis ed una vittoria sull’argentino Berlocq a Stoccolma, seguita dall’ennesimo forfait per il match di secondo turno con Ivo Karlovic. Una carriera breve e sfortunata, nel corso della quale Pim Pim non ha potuto cogliere, se non in minima parte, i frutti del suo devastante servizio, paragonabile a quello dei migliori specialisti.

Tra le donne siamo più forti

(Affrontiamo la Spagna con discreto ottimismo)

Rino Tommasi, la gazzetta dello sport del 2-2-08

Per il nostro povero tennis è motivo di soddisfazione affrontare con i legittimi favori del pronostico un avversario come la Spagna, negli ultimi anni una delle maggiori potenze tennistiche del mondo. Mentre il tennis spagnolo ha prodotto campioni che nell’arco di 15 stagioni hanno conquistato 8 titoli del Grande Slam (Bruguera, Moya, Costa, Ferrero e Nadal) nel settore femminile, dopo aver vissuto per anni sulle imprese di due giocatrici (Arancia Sanchez e Conchita Martinez)non è più riuscito a creare una tennista competitiva. Nei limiti di una situazione generale piuttosto mediocre vantiamo un maggiore equilibrio tra i due settori, maschile e femminile. Anzi da qualche anno le nostre giocatrici stanno facendo meglio contraddicendo la storia, prevalentemente maschilista, del nostro tennis. La nostra squadra di Fed Cup, forte di una vittoria e una finale nelle ultime due edizioni, può guardare con ottimismo al 1°turno. Schiavone e Pennetta hanno dimostrato, in Australia, una condizione sufficiente per garantire loro discreti margini di vantaggio. Ridotti, nel caso della Schiavone, dall’esame dei precedenti che la ricordano sconfitta due volte dalla Medina. Schiavone leonessa dell’Italia che vince

(L’Italtennis femminile parla sempre più spagnolo)

Vincenzo Martucci, la gazzetta dello sport del 2-2-08

Udite, udite: «Sono orgoglioso dì sventolare in alto la bandiera di uno dei gruppi più importanti al mondo, grande nei risultati ma soprattutto nello spirito e nello spessore morale, che da una bellissima immagine dell’Italia». Sembra un paradosso o una provocazione, a Napoli, città assediata dall’immondizia e punta d’iceberg dei problemi nazionali. E’ la parola di Barazzutti, capitano di Fed Cup, l’oasi più positiva del nostro tennis, sotto i riflettori oggi e domani al Pala Vesuvio di Ponticelli contro la cugina Spagna nel primo turno del tabellone d’elite.…..Alla Spagna invidiamo gli uomini con la racchetta, ma non le donne (almeno non degli anni d’oro di Arancia Sanchez & Conchita Martinez), anche se ne subiamo il fascino. O meglio: l’ambiente e i sistemi di lavoro. Tanto che Francesca Schiavone, la leader azzurra, sembra una di loro. «Tutta top spin carico e tanta corsa, senza mai mollare un punto, ancor di più in Fed Cup dove da sempre il massimo», come suggerisce Anabel Medina Garrigues, talento stoppato dal crac al ginocchio destro nel 2002, che si prepara a Valencia. Cioè all’Alvarino/Altur Academy dov’è approdata anche Sara Errani; neo-azzurra (con coach iberici Paolo Lozano e David Andres). Flavia Pennetta si allena da tre anni in Spagna con l’ex pro di casa, Gabriel Urpi: da Barcellona a Maiorca e ritorno in terra catalana. E Tathiana Garbin è sbarcata a novembre a Marbella. «Per i 6 mesi invernali, e qualche richiamo», come sottolinea coach Francesco Restelli…… Tornata dopo 4 mesi dal coach argentino Daniel Panajotti, «la leonessa» Schiavone ha ritrovato gioco e fiducia: «La Fed Cup è stata molto importante, mi ha riportata a quel che sono, mi ha fatto esprimere il miglior tennis, mi ha insegnato a reagire quando ho avuto le spalle al muro. E mi ha fatto capire, dopo anni pensando solo a me, in uno sport individuale, che mi piace giocare per la squadra». Perciò, al di là del salto di qualità sul circuito Wta, promesso con il numero 11 del mondo del 30 gennaio 2006, e appena rilanciato in Australia, Francesca specifica: «Le possibilità ci sono, ora mi metto a disposizione della squadra, poi penserò al 2008»….. Italia-Spagna sembra una formalità. La singolarista numero2, Flavia Pennetta, rilanciata dopo un anno di problemi fisici (polso sinistro operato) e amorosi (il flirt fallito con Moya), frena: «Siamo favorite, ma nel tennis tutto può succedere». «La Schiavo» è diretta: «Dopo due anni siamo favorite, ma la realtà di Fed Cup — proprio le nostre vittorie contro-pronostico —, ci ha insegnato che le possibilità di vittoria sono sempre al 50%. Sulla carta, come tennis, dovremmo avere qualità maggiore, ma dobbiamo stare super attente. Cosa scriverebbe la stampa se perdessimo?».

Flavia Pennetta: “sono un uomo dentro”

(Flavia: “voglio essere una via di mezzo tra la Kournikova e la Henin”)

Lorenzo Cazzaniga, sport week del 2-02-08

Stavamo già recitando il De profundis. Lo scorso giugno, Flavia Pennetta era pronta ad abbandonare la vita da tennista, incapace com’era di battere anche le avversarie più brocche. Lei giurava che era colpa del polso, malandato al punto da richiedere un intervento alla fine del 2006. Altri erano certi che la vera ragione fosse aver scoperto l’allora fidanzato Carlos Moya in compagnia di Carolina Cerezuela, una soubrette spagnola che spopolerebbe anche al Circolo Arcigay. E invece, cinque mesi dopo è rinata: batte Venus Wìlliams e vince il torneo di Bangkok, risale in classifica e torna a godersi la vita. Come ha fatto? «E perché assomiglio a un uomo». Guardando queste foto, l’avreste mai creduto? Potremmo parlare di resurrezione: pensava al ritiro, ora. sta tornando al top. Che cosa, è successo? «Dopo il Roland Garros ho toccato il fondo. In campo mi veniva da piangere. Avevo grandi aspettative e invece non funzionava nulla. Poi improvvisamente le cose sono cambiate. Così, un po’ per caso». Ha sempre mostrato una personalità molto forte: questi momenti difficili l’hanno cambiata? «Non è stata la prima volta che ho dovuto affrontare un periodo complicato. Nel 2001 sono rimasta fuori sei mesi perché avevo preso il tifo. Però è passando attraverso queste situazioni che si diventa più folti. E lo sto dimostrando». Non è la più forte giocatrice italiana, ma è certamente la più famosa: che effetto fa? «Mi fa molto piacere, devo ammetterlo. È bello quando la gente comincia a riconoscerti e ti ferma per strada. Anche se per adesso faccio breccia solo su chi è appassionato di sport. Ci tengo alla mia immagine». Come certe giocatrici che prima di scendere in campo passano un’ora a truccarsi? «Ma che, scherzate? Al massimo una sistematina ai capelli, ma non scenderei mai in campo truccata. Anche perché sono un po’ un disastro con i cosmetici e passerei la partita a preoccuparmi del mascara che cola». guanto è disposta a sacrificare per la sua immagine? La. Kournikova per esempio si è rovinata, la carriera..«Beh, forse si è rovinata la carriera ma si è sistemata la vita! Anche se poteva tranquillamente gestire entrambe le cose». Meglio essere bella come la Kournilyyva o brava, come la Henin? «Troppo difficile. Una via di mezzo non vale? Mi posso accontentare anche di una piccola parte dei trofei della Henin». Quindi preferirebbe un grande colpo a una carriera costante? «Datemi una finale al Roland Garros e poi posso stare n. 50 del Mondo il resto della mia vita. Prendete la Koumikova: è stata numero 8 del ranking ma tutti si ricordano che non ha mai vinto un torneo». Ma una giocatrice azzurra è finalmente pronta a entrare per la prima volta tra le top io? «Madonna! Certo che sì. La Schiavone è stata numero 11 e il livello medio è alto. Qualcuno ci arriverà presto: sarà una bella lotta». Nel tennis maschile impazza il caos scommesse con diversi giocatori italiani implicati: e tra le donne? «Mai avuto il minimo sentore. Punendo Di Mauro e Starace hanno trovato dei capri espiatori ma non hanno il coraggio di punire i veri colpevoli, perché magari sono personaggi più in vista e meglio protetti». Nel calcio si parla di sudditanza degli arbitri nei confronti delle squadre più forti: succede anche nel tennis? «Penso di sì.Le più forti scelgono quando giocare, su quale campo, a che ora. Ma è normale: certe attenzioni se le sono meritate vincendo i titoli più importanti». Ha. mai notato dell’invidia nei suoi confronti per la sua. bellezza e popolarità! «Mai. O forse non la voglio vedere. Invece rivalità tanta, soprattutto con la Schiavone. Lei non vuole che io la superi in classifica e io sono stanca di averla davanti!». Mai tifato contro la Schiavone. per poterla, superare! «Ma che dici? Voglio superarla perché faccio un passo avanti io, non perché succede qualcosa a lei. Non vado mica a bordo campo a gufare». Una. volta Goran Ivanisevic ha. detto: “Ho visto più giocatori distrutti da una donna che da qualsiasi infortunio”. Succede anche tra. le donne? «Non c’è paragone. Un amore finito ti fa male al momento; un brutto infortunio invece ti può segnare a lungo. Io sono scesa in classifica perché l’operazione al polso non è stata facile da superare». E non per la rottura del fidanzamento con Moya? «Quando un fidanzamento finisce è triste. Ma questo vale per tutti». Quanti pretendenti ha avuto da quel momento? «Nessuno». Impossibile crederci. «Beh, diciamo nessuno perché non sono alla ricerca di una nuova storia. Arriverà quando meno me lo aspetto». Quindi solo tennis, tennis e ancora, tennis? «Macché: si esce, si balla. Casa e tennis non lo sopporterei. La vita non finisce perché si conclude una storia. Ho soltanto 25 anni, mica 40». Ma, una storia d’amore può influenzare una carriera, professionistica? «Se ti fai prendere tanto, rischi di non fare le scelte giuste. Per gli uomini è molto più facile perché hanno la testa fatta a cassetti: ne aprono uno e ne chiudono un altro. Noi donne siamo più sensibili. Quando ci innamoriamo diamo il 100% e una rottura ci condiziona molto di più». È quello che è successo a lei con Moya? «Io sembro una ragazza molto femminile anche quando sono in campo e non sono tante le tenniste a esserlo. Però, in realtà, il mio comportamento è molto simile a quello di uri uomo. Chiaro, no?».

(Francesca: “favorite ma…..dobbiamo stare attente”)

Tiziana Tricarico, il Mattino del 1-02-08

Per Francesca Schiavone Napoli vuol dire scudetto. Quello vinto con la maglia del Tennis Club nel campionato nazionale a squadre del 2002 insieme a RitaGrande, Tathiana Garbìn ed all’israeliana Anna Smashnova. Da allora l’indiscussa numero uno del tennis azzurro non era più venuta a giocare all’ombra del Vesuvio. Ed è per questo che la 27enne milanese è tra le protagoniste più attese della sfida con la Spagna valida come primo turno della Fed Cup 2008 (che per le donne vuol già dire quarti di finale), in programma domani e domenica al Palavesuvio di Ponticelli. Intanto stamane alle 12, nella Sala Giunta di Palazzo San Giacomo, primo atto ufficiale dell’evento con la cerimonia del sorteggio dei match alla presenza del sindaco Rosa-Russo Jervolino, dell’assessore allo Sport del Comune Alfredo Ponticelli, di quello ai Grandi eventi Valeria Valente, dei rappresentanti delle due federazioni e delle due squadre con i rispettivi capitani. «Il campo è davvero buono e mi piace molto – sottolinea la Schiavone - sono contenta di tornare di nuovo a giocare a Napoli. Quante possibilità abbiamo contro le spagnole? Faccio la scaraman-tica e dico il 55%. La loro numero uno, Anabel Medina Garrigues, al di là della classifica (è numero 30 Wta, ndr) è un’ottima giocatrice e può essere molto pericolosa, indipendentemente dalla superficie». Francesca parla con cognizione di causa, visto che contro la spagnola ha perso tutti e due i confronti diretti disputati in carriera. E non vuole nemmeno sbilanciarsi su un’ipotetica semifinale: «Prima pensiamo a vincere questa sfida - aggiunge - poi si vedrà. Ma mi sa tanto che ci toccherebbe la Cina…». Atmosfera distesa e clima goliardico, intanto, in casa spagnola, nonostante il forfait improvviso – per motivi familiari recita la laconica motivazione - di Virginia Ruano Pascual, giocatrice esperta e doppista di assoluto valore, semifinalista agli ultimi Australian Open in coppia con la Medina Garrigues. Al suo posto arriverà a Napoli una giocatrice compresa nel terzetto Maria-Josè Martinez-Sanchez, Marta Màrrero e Carla Suarez-Navarro, in gara nel 25mila dollari francese di Belfort. Le iberiche si sono dette soddisfatte del campo allestito nel Palavesuvio («La superficie, pur essendo rapida, non è troppo veloce») e delle palle, mentre per il loro capitano Miguel Margets «l’Italia è favorita ma in Fed Cup non si può mai dire: ci batteremo fino all’ultimo punto». Si sente poco obiettiva e molto tifosa, invece, Lea Pericoli, arrivata a Napoli per sostenere là squadra: «Sulla carta siamo più forti visto anche il forfait della Ruano Pascual - dice l’ambasciatrice del tennis azzurro –e soprattutto per merito di Barazzutti si è creata una squadra con grande spirito di coesione. E poi le nostre ragazze sono davvero forti»

[…]Jankovic asked for treatment several times and took painkillers. She recovered and made a decisive break in the eighth game against Dushevina who later said Jankovic could not have served so well with a sore back.[…]

Per quanto riguarda l’articolo “Federer, pausa o declino” la citazione su vincenzo franchitti è errata…..si trattava del 1974 e l’incontro fu di 6-3 - 6-4 a favore d frachitti…..

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